-SofiaI nostri sguardi si sono incrociati, e il mio stomaco si é ritorto un po' a quella sensazione.
Per tutta quell'ora che rimane, lo osservo mentre con gli occhi vaga per la sala, saltando qua e là tra anneddoti e storie appassionanti. Spesso però, mi accorgo, la sua attenzione cede lievemente, cadendo qui, in quella che vista dal palco è la zona sinistra della platea.
Non posso fare a meno di sentirmi strana, quando mi rendo conto é me che va cercando con gli occhi, ma allo stesso tempo mi fa morire dal ridere, poiché sembra che posarmi lo sguardo addosso quasi lo scotti, come lo farebbe il toccare una pentola sul fuoco, e come di sfuggita mi guarda, ancor più velocemente distrae gli occhi, guardando altrove.
Alla fine del pomeriggio, sono quasi sicura di non essere l'unica ad averlo notato, parecchi volti si girano in questa direzione già da alcuni minuti facendomi venire voglia di sparire. Rimango comunque nel tepore del dubbio, fin quando una voce dall'altra parte della stanza non parla.
-Ermal! Posso chiederti cos'è che stai guardando da almeno venti minuti?-
La domanda lo spiazza, si vede palesemente.
Intuisco un lievissimo movimento, e per un secondo sono sicura stia per girarsi a chiedermi che cosa dovrebbe rispondere, ma fortunatamente, si guarda bene dal fare una mossa così stupida.
Inclina un po' la testa, ridendo, i ricci gli ricadono sulla fronte in modo scomposto, lasciando intravedere il collo che diventando schiena sparisce sotto la sua camicia.
É davvero carina, penso.
Ermal cerca di guadagnare tempo, poi, con assoluta nonchalance inizia a raccontare.
-oh- comincia tirandosi su le maniche -questa vi farà ridere- continua lanciando un'altra occhiata sulla sinistra della platea -é un anneddoto dell'inverno scorso, stavo guardando la platea perché mi ha fatto venire in mente una situazione che subito non riuscivo a ricollegare, quindi scusatemi, é stato per quello, non volevo essere inquietante-
Tiro un sospiro di sollievo.
Ermal riprende.
-allora, praticamente c'era questa serata magnifica a teatro, e non chiedetemi per quale motivo, ma in sala distribuivano delle bandierine colorate, tipo quelle da mettere sui panini alle feste di compleanno, avete presente no?- tutti già iniziano a ridere sommessamente -beh, arriva quest'uomo, tutto ben vestito, e mi consegna una di ste cose- gesticola imitando la scena.
Poi si ferma.
-per farvi capire, davanti a me stava seduto mio fratello, e dopo un po' visto che mi ero rotto...i cosiddetti, la bandierina gliel'ho infilata nei capelli. Sapete no, che anche lui c'ha i ricci...si, ecco-
Le risate in sala iniziano a farsi più forti.
-il problema...-inizia -...era che quello non era mio fratello. Ma io mica me ne sono accorto subito, no signore, io me ne sono accorto quando mi hanno chiamato sul palco, e la donna che consegnava i premi, ahimè, possedeva quei capelli-
La sala scoppia di risa ed applausi per la sua interpretazione concitata mentre raccontava la storia, ancora una volta ha fatto ridere tutti, e grazie al cielo, a non parlare di cosa stava guardando in realtà.La gente inizia a disperdersi quando Ermal e i ragazzi fanno l'ultimo saluto e spariscono dietro le quinte. Mi dirigo anch'io verso le porte aperte, forse un po' lentamente, forse aspettando appositamente che escano prima tutti gli altri, ma, dopotutto io non ho nulla in più di nessuno.
Una volta fuori, mi incammino verso il parcheggio, ché é alcune vie più in là.
La città é già immersa nel buio e i lampioni illuminano il marmo rosa dei marciapiedi di una luce tenue e gialla. Il cielo é stranamente poco coperto, e mi viene da pensare che forse la luna sarà ancora più bella stanotte.Arrivo al parcheggio, pago il ticket litigando un po' con la cassa automatica e poi vado a prendere l'auto.
Mi accomodo sul sedile e quando appoggio malamente la borsa aperta su quello del passeggero il mio portafoglio scivola fuori. Lo lascerei anche lì per poi riprenderlo a casa, ma nel caso mi fermassero e volessero vedere la patente non vorrei dovermi ritrovare a fare le capriole per recuperarla, così anticipo le mie acrobazie e mi piego per riuscire ad afferrarlo. Prima del portafoglio le mie dita incontrano quello che a primo avviso mi sembra un cartoncino spiegazzato, ma che una volta davanti agli occhi mi lascia con la bocca semiaperta.
Osservo quella foto, quel sorriso e quel braccio intorno alle mie spalle.
Mi rigiro tra le dita la foto che ha scattato Ermal, sorridendo stupidamente.
La teneva in tasca?
Il pensiero mi fa fremere lo stomaco, un piccolo ma non insignificante brivido mi attraversa la schiena scaldandomi.
Forse potrebbe rivolerla?
É un pensiero che mi suona quasi stupido, come stupido sembra quasi pensare che lui potesse averne una copia nella giacca. Ma se é finita qui, ragion vuole che sia così.Di sicuro Ermal é ancora là, ma c'è la possibilità che riesca ad incontrarlo di nuovo?
Mi rendo conto di star sperando di si, poiché mi accorgo, di aver girato sovrappensiero a destra all'incrocio, verso il teatro, invece che a sinistra.
Svolto a malapena nella via del Corso, quando una camicia a fiori attira la mia attenzione. Ermal se ne sta sul ciglio della strada e si guarda intorno con espressione perplessa.
Accosto appena riesco, scendendo senza chiudere l'auto a chiave e lasciandola con le quattro frecce accese, la foto ancora in mano.
Cerco di farmi notare e nel frattempo mi chiedo come sia possibile che nessuno si sia accorto di lui. Poi l'occhio mi cade sulle due guardie del corpo poco distanti. Le stesse che ci hanno fatto entrare e uscire dal teatro.
Addirittura?
Un attimo prima di lui, di me si accorge uno dei due uomini, rimesso però subito tranquillo da Ermal, che gli fa segno di non preoccuparsi.
Sorride quando gli vado incontro, e sorrido anche io, fino a quando non realizzo che siamo all'aperto e c'è un sacco di gente, almeno un quarto delle persone sono rimaste ad aspettare che lui e i ragazzi uscissero per salutarli e fare delle foto.
Rallento a metà strada, realizzando quanto non sia una buona idea.
Saranno anche dietro l'angolo, ma potrebbero vederci da un momento all'altro.
Ermal mi fissa confuso, così accelero il passo nuovamente e lo raggiungo.
Frettolosamente e cercando di dare le spalle al nostro "pubblico" gli metto in mano la fotografia.
-forse c'è un po' troppa gente qui dietro, Ermal- sorrido timidamente -e direi che hai già attirato abbastanza l'attenzione su di te e...anche me-
-hai ragione...però io volevo...-
-questa devi averla persa- lo interrompo attirando la sua attenzione su ciò che gli ho messo in mano. Potrei giurare di vederlo arrossire.
O forse é il freddo?
-io devo andare, ho le lezioni dell'accademia e devo prendere il treno tra meno di due ore-
-il treno? Per dov...-
-... Vicenza- rispondo tentennando.
-hey, ma anche noi andiamo a Vicenza stasera!-esclama sorridendo.
-meglio di no, e se ci rivedremo... Sarà stato il caso- sorrido di rimando.Non volevo salutarti così, perdonami.
Più tardi, scendo dall'auto e prendo la mia borsa con il materiale per la lezione, poi mi incammino dentro la stazione.
Arrivo al binario quattro e mi fermo ad aspettare, sistemandomi la tracolla sopra la giacca verde scuro.
Lancio un'occhiata al tabellone, il treno é in ritardo di un po', dicono le lampeggianti scritte arancioni.
Così, da dieci, i minuti diventando sedici.
Mi sistemo i capelli dietro le spalle. Mi sento un po' strana, ma va bene così.
Il mio fiato esce a nuvolette nell'aria gelida, lento e regolare.
Le persone vanno e vengono, c'è chi sa sempre quale treno prendere, chi si guarda intorno confuso e chi semplicemente attende. Per andare dove, non é dato saperlo.
Non riesco a contare i passi che davanti e dietro di me risuonano sul cemento della banchina, ma posso sentire quelli che dopo essere passati si fermano.-il viaggio in teoria é breve, posso farti compagnia?-
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Romeo e Giulietta non sono mai esistiti.
RomanceQuando una domanda sembra fuori luogo basta alzare lo sguardo.