Capitolo 18

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-Ermal

Google.
Email.
Accedi.
Scrivi.
Cosa?
"Buong..."
No.
"Hey"
Per carità.
Picchietto sui tasti.
"Scusami per il disturbo Sofia, lo so che è passato tanto tempo, sono Ermal. Come stai?"
Inspiro.
Tentenno.
Espiro.
Invio.
Ma che cosa stupida ho appena scritto?
Getto la testa indietro sulla poltrona, lasciando che il portatile sulle mie ginocchia esca dal mio campo visivo, girandomi tra le dita il biglietto da visita con la sua mail che ho fatto sparire dalla sua scatola in treno.
Le guarderà le mail ogni tanto?
Lo sguardo mi ricade sulla cornice gialla e vuota che ancora sbuca dalla valigia aperta sul pavimento.
Dopotutto la foto ormai ha preso fissa dimora nelle mie tasche.
Quel giallo così allegro sembra fuori posto nella stanza di casa mia, a Bari.
Sono passate quasi due settimane, e le probabilità che lei si stia chiedendo che fine io abbia fatto sono molto scarse rispetto a quelle che la vedono darmi dello stronzo.
Tra non molto sarà Natale, il tour è finito, ed io non vedo l'ora di passare del tempo qui a casa, a rilassarmi con le persone che amo.
Certo, a casa ci sono già, ma mia madre, mio fratello e mia sorella arriveranno solo tra qualche giorno, quindi al momento sono qua da solo, i ragazzi stanno tornando verso casa e la solitudine si fa sentire.
Mi alzo abbandonando il computer sul copriletto blu. Il mare fuori dalla finestra è un richiamo che non posso far a meno di ascoltare.
Mi affretto verso l'atrio, infilandomi al volo la giacca ed uscendo senza nemmeno chiuderla.
Faccio il giro attorno alla casa, sbucando sul prato sul retro, dove l'erba un po' incolta inizia a diventare sabbia.
Mi tolgo le scarpe e i calzini, come sempre facevo da ragazzino, e mi incammino sulla sabbia fredda.
Il mare ed il cielo a dicembre sembrano confondersi in una cosa sola, anche se distanti miglia e miglia.
Anche Sofia è distante miglia e miglia.
Ritrovo la nostra foto nella tasca del giubbotto, spiegazzata e un po' rovinata. Il suo sorriso è qualcosa di dolcissimo.
Mi ritrovo a immaginare, come è già capitato in questi giorni, di trovarmela seduta qua di fianco, a parlare del più e del meno.
E la cosa mi fa paura.
Non in senso negativo, ma mi spaventa.
Non capisco se ciò che sento sia solitudine oppure mancanza.
C'è una bella differenza.
Mentre rimetto a posto la foto, il cellulare nella mia tasca vibra per una notifica.
Lo tiro fuori, rimanendo a guardare per più di un istante quel simbolino a forma di lettera.
Una nuova mail.
Con uno strano formicolio alle mani sblocco il telefono e clicco sull'icona.

"Due settimane sono poco tempo se hai tanto da fare. Due settimane sono tanto tempo se forse invece stai aspettando che qualcosa accada.
Si può sapere dove hai trovato la mia mail?"
Sofia.

Ho una strana sensazione alla bocca dello stomaco, una sensazione che mi fa sorridere e tremare al tempo stesso.
Mi affretto a rispondere.

"E le tue settimane come sono state? Ho appena finito il tour, finalmente un po' di pace.
Ermal."

La risposta arriva dopo un bel po', mettendomi sempre più di buonumore. Sempre più terrorizzato da questo calore che sto iniziando a sentire in petto.
Apro la mail e capisco perché ci abbia pensato così tanto, prima di inviarla.

"Sono state eterne."

Parliamo del più e del meno, mi scuso per non aver mai scritto prima di adesso, anche se avrei potuto, la conversazione va avanti tutto il pomeriggio, e la sera mi ritrovo a preparare la cena a momenti alterni, preso come sono dal risponderle il prima possibile, così che il prima possibile lei possa rispondere a me.
Forse sto impazzendo.
Le spiego come si preparano dei perfetti manicaretti baresi, lei mi istruisce su come prepararne di veronesi e di senesi. Le racconto del tour, lei del suo lavoro e del suo gatto, poi le chiedo come passerà il natale, se magari tornerà a casa per le feste.
E lei non risponde più.
E lo schermo dopo un'ora si spegne.
E io rimango seduto a tavola, a mangiare un piatto di pasta che ormai si è raffreddato.

Il mattino seguente trovo una nuova mail.

"Non ho la più pallida idea se raccontare queste cose a una persona che si conosce a malapena sia una buona idea, ma in questo momento non mi importa. Ho ricevuto una chiamata ieri sera, la mia migliore amica è rimasta ferita in una sparatoria mentre girava delle scene con la sua troupe. È un po' una giornalista d'assalto, dovrei supporre che sia incluso nel contratto lavorativo?
Mi hanno detto che adesso le sue condizioni sono stabili, l'hanno trasportata all'ospedale immediatamente.
Vado da lei, sto aspettando il primo volo da Milano per Cuba, sono partita in treno stanotte.
Il mio regalo di Natale sarà riportarla a casa.
Non so quando tornerò.
Arrivederci Ermal.
Sofia."

Romeo e Giulietta non sono mai esistiti.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora