Capitolo 5

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-Sofia

La luce fuori è già andata via, e l'unico puntino luminoso di cui mi importa veramente in questo momento, è la spia rossa del mio lettore cd, che segnala che il tutto funziona. Non voglio perdermi neanche un minuto di questa intervista.
La canzone l'hanno già fatta sentire, è una meraviglia, dannatamente dolce.
È già diventata la mia seconda canzone preferita.
I ragazzi della radio scherzano con lui, fanno battute, ogni tanto viene fatta qualche domanda dal pubblico. Mi piacerebbe moltissimo essere là.
Poi il mio senso dell'udito sembra triplicarsi, quando il cantante si mette a parlare, non esplicitamente, della mia città.
Mi aspetto di sentire le cavolate combinate da lui e i suoi amici mentre giravano per il centro, sapendo come farebbero sicuramente ridere chiunque.
Ma quando sta per essere interrotto, Ermal ricomincia a parlare, e stavolta con una voce molto più seria.
Provo ad immaginarmi la sua faccia, la sua espressione in questo momento, per quel poco in cui l'ho vista da vicino appena qualche giorno fa.
Eravamo così appiccicati che i suoi capelli mi facevano il solletico sulla fronte, quando si è chinato nella mia direzione per entrare anche lui nell'obbiettivo, perché si, è parecchio alto, e se non si fosse abbassato un po' si sarebbe vista solo la sua faccia, e dalle sopracciglia in su, proprio nient'altro.

-e a dire il vero una foto dovrebbe esserci, anzi, ce ne sono due, e una ce l'ho io. Ho incontrato una ragazza, una fan, ma non credo a questo punto che lei abbia pubblicato la foto...- lo sento dire.

Sento una scossa attraversarmi dalla testa alle punte dei piedi. Sta parlando di me?
Poi continua a raccontare, dice di una figura da idiota epocale.
Sorrido.
Dio, sta davvero parlando di me.
Si ricorda davvero di quel paio di minuti trascorsi in una piazza stranamente desolata?
Ma la cosa che più mi intenerisce è che quella foto sia ancora salvata sul suo cellulare. Chissà perché poi.
Sembra quasi che l'abbia detto apposta.
Ma no, cosa mi viene in mente?
In un impeto di euforia afferro il mio telefono. La voglia di scrivergli mi sembra incontenibile, magari potrebbe anche rispondermi su qualche social... Ma poi, come potrebbe sapere che sono davvero io?
-ma certo! Che stupida! La foto!- strillo sbattendomi il palmo della mano sulla fronte.
Se la pubblico capirà per forza chi sono.
Poi la mia mente comincia a galoppare in un ragionamento che va ad una velocità tale, che mi ci vogliono un paio di secondi per riuscire a seguirlo. Ermal ha parlato di queste foto in radio, davanti a chissà quante persone, chissà quante ragazze. Se la pubblico, è probabile che più di qualcuno mi riconosca e venga a farmi domande.
Lo scompiglio di esclamazioni che proviene dall'apparecchio sulla mia scrivania conferma ciò che ho appena pensato.
Loro credono che a lui importi qualcosa, anche se è ovvio che non è così.
Ci siamo fatti una foto, come chiunque altro avrebbe chiesto davanti al suo cantante preferito, e poi io, da persona anche troppo matura, ho tolto il disturbo.
Questo si però, non l'avrebbero fatto tutti.

La diretta continua, ma riesco a malapena ad ascoltarla, ridendo a qualche battuta, mentre continuo a pensare a cosa è appena successo.
Ermal Meta ha buttato benzina su un fuoco che prima nemmeno esisteva, e che ora potrebbe iniziare a bruciare all'improvviso, se non sto attenta. E se lui pure, non sta attento.
Sbuffo.
La soluzione è la più ovvia e banale, ovviamente: non pubblicare la foto e fare finta che quel giorno nessun incontro sia avvenuto, tenendo quel piacevole momento solo per me. Ma qualcosa mi infastidisce, ancora di più adesso vorrei raccontarlo a qualcuno, poter dire che la ragazza di cui si è ricordato sono io. Solo che non posso, non voglio mettere nessuno nei casini, sapendo quante ipotesi saranno capaci di formulare gli altri fan in una situazione come questa. È così che funziona nel mondo dello spettacolo, tutti aspettano il prossimo genio della disattenzione nel parlare della propria vita fuori dagli schermi, per metterlo in bella mostra in una bacheca che può vedere tutto il mondo.

Allungo la mano verso il comodino, afferrando quel quadernino bianco dal posto in cui l'ho lasciato. Nella prima pagina campeggia la foto incriminante, bellissimo ricordo di quegli istanti.
Osservo meglio la foto, e mi sembra di poter rivivere per un attimo quel momento, di sentire i suoi capelli farmi il solletico sulla fronte, la sua tempia appoggiata di sbieco contro la mia, così vicino che ho sentito la sua pelle tirarsi vicino agli occhi, quando ha sorriso.
E quella sua risata, quando poco dopo sono stata sorpresa a saltellare mentre me ne andavo.
Un altro lieve saluto con la mano, poi, la visione finisce, lasciandomi di nuovo qui sul letto, con lo sguardo perso sul soffitto.

Mi alzo, stiracchiandomi con calma, metto il quadernino nel cassetto e mi avvicino alla radio, ascoltando la voce del cantante che saluta i fan in ascolto e poi se ne va, tra le ultime urla di saluto.
Per colpa dei pensieri mi sono persa gli ultimi minuti, maledizione. Magari ha anche detto qualcosa di interessante.
Rassegnandomi mi avvio verso il salotto, il gatto sbuca da sotto la poltrona e mi viene incontro tutto pimpante.
-buonasera tesoro- esclamo prendendolo in braccio e sedendomi con lui sul bordo del tavolino. Dopo poco tira fuori i suoi piccoli artigli e con altrettanto minuscoli denti fa finta di mordermi per gioco, in risposta ai grattini che gli sto facendo sulla pancia. Questo piccoletto mi fa così tenerezza.
Quando si stanca di giocare e scende dalle mie gambe mi rialzo e in tre passi appena sono in cucina.
Si, è un appartamento decisamente microscopico.
Qualche ora fa tornando dal lavoro mi sono fermata e prendere le uova e ora posso finalmente fare i biscotti.
Mi lego i capelli in uno chignon e mi allaccio il grembiule dietro la schiena, poi, prendo tutti gli ingredienti e il mio libro di ricette.

Ho le mani e la faccia piene di burro e farina, il mio riflesso sul vetro del forno conferma quanto il mio aspetto sia ridicolo in questo momento, se qualcuno dovesse vedermi.
Rimango a fissare il mio volto.
Come può ricordarsi di me?
Inforno i biscotti e metto le mani sotto il getto dell'acqua del secchiaio, lavandomi via i residui di pasta per biscotti attaccati alle dita, prima di iniziare a ripulire il macello che ho combinato. Il tavolo della cucina sembra un campo di battaglia.
Riuscirà questa storia a non creare problemi a nessuno? Dopotutto è solo una foto... qualunque fan con un po'di fortuna ne ha avuta una. Io non sono da meno.

Quando i biscotti sono pronti e il timer del forno si mette a suonare, prendo le presine e tiro fuori le teglie, riportando la temperatura allo zero e lasciando lo sportello un po' aperto, così da scaldare ancora di più la piccola stanza.
Un buonissimo profumo si propaga per la casa, facendomi dimenticare per un attimo qualsiasi tega mentale la mia testa sia riuscita a formulare nel frattempo.
Non accadrà niente, basterà non dirlo a nessuno e lui non avrà noiea dargli fastidio.
-Che poi, noie per cosa?
Me?-

Romeo e Giulietta non sono mai esistiti.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora