-Sofia🌙
La nebbia ha inghiottito la città.
Quasi a volermi impedire di pensare ad altro, di distrarmi.
La coltre grigiastra si riempie di attimi, immagini e momenti di questi ultimi giorni come se fosse uno schermo, e la mia testa un proiettore.
Forse se mi fossi appena trasferita non saprei nemmeno come tornare a casa.
Ma la strada ormai mi è familiare.
La macchina va in moto, il sedile è freddo e la nebbia sembra essere entrata anche dentro l'abitacolo. E forse anche dentro di me.
Saprei convincere dell'intensità e dell'importanza di ciò che è successo se in questo momento qualcuno mi chiedesse di farlo? Sarei in grado di rendere questi giorni non banali o assurdi agli occhi di chi non li ha vissuti?
Probabilmente no.
Non a parole.
Non lo so nemmeno io che cosa sia successo.
Ma che poi, è davvero successo?
Sarà la nebbia, sarà il senso di vuoto o l'ora tarda, ma in questo momento non riuscirei a cogliere la differenza, non saprei dire se sia stato vero oppure immaginario.
Anche se non sarei mai riuscita ad immaginare una storia così assurda.
Sorrido.
Accendo la radio mentre percorro con calma il lungadige.
Dopo un paio di canzoni natalizie, la sua voce arriva dritta e feroce come una pugnalata al petto.
"Piccola anima, la luce dei lampioni ti accompagna a casa,
innamorata e sola"
Mi costringo ad accostare a lato della strada, non c'è nessuno in giro, le lacrime hanno iniziato a scendere e vedo completamente sfocato.
Te ne dovevi andare per farmi capire quanto mi sia affezionata a te.
Maledetto.
Vorrei spegnere la radio ma non ci riesco, mi sembra di averlo di nuovo qui a fianco, seduto sul sedile del passeggero.
Lui e il suo sorriso sfacciato. Lui e la sua voce da brividi. E i ricci scuri, e le mani che involontariamente si muovono a ritmo con la musica, come se stesse suonando il piano, ogni volta che ascolta una canzone.
Mi asciugo le lacrime guardandomi nello specchietto retrovisore. Sembro un po' patetica.
Accendo di nuovo la macchina e inserisco la prima, quando l'interno della mia borsa, abbandonata sul sedile, si illumina di azzurro e inizia a vibrare.
Di fretta tiro il freno a mano e quasi con affanno cerco di far saltare fuori il telefono. Come lo prendo la chiamata finisce.
Era lui però.
Lo richiamo subito, non sperando altro che risentire la sua voce.
Il telefono finisce di squillare e dall'altra parte si sente improvvisamente del lieve frastuono.
-Ermal? -
-Sofia? -
-Mi senti? -
-Poco- dico tendendo le orecchie verso la sua voce in mezzo a tutte le interferenze.
-scusa, in treno la linea non prende bene-
-lo so-
Cala un silenzio imbarazzante.
-quindi... Come mai mi hai chiamata? -
-non lo so -
Mi sento scaldare dall'interno.
-dove sei? - chiedo un po' titubante
-non abbastanza lontano ancora -
È involontaria, ma la stretta che sento per un attimo nel petto è dilaniante.
-non abbastanza lontano per farmi desistere dal tornare indietro-
Non dico che sia doloroso sentirsi dire una cosa del genere, ma in questo momento, con la voglia che ho di rivederlo lo trovo quasi crudele.
-Ermal... Così la situazione non migliora, io... Lo vorrei anche io che tornassi indietro, anzi, forse sarò nauseabonda, ma vorrei che non fossi mai partito-
C'è un sospiro pesante dall'altra parte della cornetta, una mente che lavora, poi parla.
-non lo sei- dice in fretta - ma forse per adesso è meglio così, un po' alla volta -
Vuole spazio. E ha ragione. Ma come quando mi trovavo alle prime armi in fatto di cuore, mi sento sprofondare nel sedile, quasi come se non volesse vedermi più.
-va bene- sussurro trattenendo un sospiro - se ti va scrivimi quando arrivi, okay? -
-te lo avevo già detto che lo avrei fatto- lo sento sorridere dall'altra parte del telefono, riesco a immaginarmi i suoi occhi che si assottigliano, gli zigomi che si sollevano, la fossetta che gli si forma sulla guancia.
Se penso a quegli occhi che hanno lasciato i miei mezz'ora fa, mi sembra impossibile che stia sorridendo.
Interrompe dolcemente il mio flusso di pensieri per dire un'altra cosa, prima di riagganciare.
-comunque credo di aver dimenticato una cosa nel baule della tua auto- borbotta sottolineando la parola "dimenticato" con fare sospetto.
Poi il telefono suona a vuoto.
Un po' come me.
Torno a casa, decisa ad appropriarmi di tutti i minuti di questo breve viaggio per pensare ad altro.
Quando parcheggio e faccio per aprire il baule, però mi pizzicano le dita.
Vicino ad una vecchia borsa che tengo per fare la spesa c'è un maglione accuratamente piegato. Sento la mandibola che si rilassa, spalancando un po' la bocca.
Questo non è forse il sogno di ogni ragazza?
Senza pensarci troppo lo afferro stringendomelo al petto e mi siedo sul bordo del bagagliaio. La tentazione di affondarci il viso è tanta.
... Profuma di lui.
Un'ondata di tepore mi scalda dentro come se all'improvviso non ci fossero più due gradi e mezzo. Poi il freddo ritorna, e io ritorno a casa.
Ho giusto il tempo di rientrare e farmi una doccia, quando il telefono squilla e la signora Angeli mi chiede se sono disponibile a lavorare domani mattina, perché la nuora l'ha invitata a pranzo e se ne era dimenticata.
Vedi te cosa fa la vecchiaia.
Anche se sarà il primo dell'anno le dico di sì, perché tanto non ho altri progetti.
Il gatto miagola perché ha fame, e il mio stomaco gli fa eco facendomi notare che non ho ancora pranzato ed è mezzogiorno passato.
Mentre recupero un cucchiaio di legno per assaggiare la pasta e controllare se è cotta mi rendo conto che non ho nemmeno detto ad Ermal che è un maglione che ha "dimenticato".
A breve gli scriverò.
La pasta è ancora un po' al dente, così nel mentre recupero il cellulare e apro la chat.
Cosa gli dico?
Mentre ci penso l'acqua fa per andare di sopra, e in fretta e furia mi ritrovo a soffiare sulla schiuma perché scenda e non strabordi sul vecchio fornello. Tutte le volte che succede poi ci mette secoli a ripartire. Dovrei proprio cambiarlo.
Passa qualche minuto, prendo lo scolapasta dal ripiano sul secchiaio e il vapore dell'acqua bollente si condensa in goccioline sulle mie ciglia quando le penne si riversano dalla pentola. Devo alzare il riscaldamento.
Dopo aver mangiato mi lascio cadere sul divano, girovagando su instagram e lasciandomi prendere un po' dallo sconforto guardando le foto di chi sta passando il capodanno sulle piste da sci, nei bar e in famiglia. Mia mamma starà sicuramente preparando lo sformato.
Forse dovrei chiamarla.
Prima però mi sfilo la maglietta e con trepidazione mi metto il maglione che Ermal mi ha lasciato. Sembra quasi di abbracciarlo.
Faccio il numero che da adolescente non mi ricordavo mai. Il telefono squilla, poi quella voce dolce risponde all'altro capo.
-tesoro? -
-ciao mamma-
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Romeo e Giulietta non sono mai esistiti.
RomanceQuando una domanda sembra fuori luogo basta alzare lo sguardo.