Perdersi in un libro

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Pubblicata sul blog iParolanti:
https://iparolanti.wordpress.com/2018/06/29/perdersi-in-un-libro-di-ergo-scripsit/


Aprii il libro appena trovato facendo attenzione alla copertina logora. L'interno sembrava intatto, le pagine di carta spessa e i caratteri rotondi, minuscoli ma facili da leggere.

Il titolo era all'interno, ricordo di averlo letto ma lo dimenticai subito come quando ti presentano qualcuno ad una festa: le prime parole mi avevano già incuriosito.

Sofia entrò nella stanza e mi chiese se mi ricordavo di lei. Al volo le risposi un po' scocciato che in quel momento avevo da fare: però mi fermai un attimo a constatare che sapevo il suo nome ma non ricordavo effettivamente chi fosse. Mi girai a guardarla: era bellissima, dagli occhi leggermente a mandorla, i capelli neri e ricci, fluenti come una criniera, indossava una lunga veste color cremisi. Affascinante ma in qualche modo pericolosa, era come guardare una tigre.

– Mi ricordo il tuo nome, Sofia.
Ero evasivo, anche perché non ricordavo altro in quel momento.

– Bene – disse con un sorriso amichevole, e con movimenti sensuali si avvicinò.
Mi poggiò una mano sul braccio e il suo tocco mi scaldò il cuore. Mi resi conto di aver freddo e che l'ambiente era anche umido, come se fossi in uno scantinato. La sua mano era di un caldo delizioso, la sua vicinanza mi turbava. La veste era chiusa con un'ampia cintura dello stesso tessuto, forse seta, che morbido avvolgeva il suo corpo.

– Quindi sai anche dove ti trovi? – continuò. Da vicino i suoi occhi erano magnetici, non riuscivo a staccarmi. Provai a distogliere lo sguardo, ma lei mi strinse il braccio costringendomi a tornare sulle sue domande e alle sue pupille.

– No, davvero, non ricordo questo posto e in questo momento non saprei neanche come sono arrivato – confessai.
Lei si avvicinò ancor di più, mi prese il viso con entrambe le mani, vellutate come seta e calde come una brezza d'estate, e sussurrò:
– Amore mio, avevi detto che ti piaceva stare con me, non basta forse questo?

Le sue parole erano come carezze, le vocali morbide e l'accento musicale, come se recitasse una poesia. La pelle era leggermente ambrata, così vicina notavo particolari come le lunghe ciglia, gli angoli della bocca, i lobi delle orecchie con una minuscola perla nera. Ne ero assorbito, coinvolto, catturato. Quasi avevo dimenticato di respirare e quando lo feci mi travolse una nuova sensazione: sentii un profumo di agrumi appena sbucciati, inizialmente così forte da sentirlo alla radice del naso e poi sempre più lieve.

Feci per parlare, anche se non avevo idea di cosa avrei potuto dire. E lei, approfittando del mio stupore appoggiò le sue labbra in un umido bacio sulle mie. E un gusto di miele invase la mia bocca lasciando ancora un'altra percezione, un altro senso a stordirmi.

Ero completamente perso, travolto in un mondo di sensazioni che assorbivano ogni tentativo di ragionamento razionale. Ma c'era un ma, non riuscivo a muovere un muscolo, non ero padrone di me stesso, mi sentivo completamente succube e vittima.

Provai a ricordare chi ero e dov'ero. Ma non riuscii, una foresta di stimoli mi avvolgeva e non mi lasciava libero, tanto che cominciai a temere di perdere anche la coscienza di me. Lei mi stava addosso e il mio corpo desiderava il suo, ma aveva occupato tutto lo spazio visivo, sentivo solo le sue parole e la mani sul mio viso, il suo profumo e il suo gusto in bocca.

Feci allora un ultimo sforzo, alzai la mano, con i nervi che tremavano e i muscoli che vibravano. E con un atto di forza interiore riuscii finalmente a chiudere quel maledetto libro e tornare me stesso.

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