Un giro di boa

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"Proposto, selezionato e anche editato nel gruppo di scrittori e lettori dei iParolanti cfr https://iparolanti.wordpress.com/2019/03/03/un-giro-di-boa-di-ergo-scripsit/
I due temi sono accelerazione e cambiamento !"

L'appuntamento è alle 20 a casa di lei, sfoggio anche la mia unica cravatta. Esco e mi tiro dietro la porta, soprappensiero: è arrivato il giorno in cui conoscerò i suoi genitori. Scendo in fretta le scale, cerco di non inciampare come al solito sugli ultimi due scalini in fondo, arrivo in strada, ma davanti all'auto mi scopro senza chiavi. Ritorno subito su, senza aspettare l'ascensore, ma la porta mica è aperta. Busso dal vicino, "sono rimasto chiuso fuori" e lui ridendo mi fa uscire sul balcone. Salto un baratro largo un metro per passare sul mio e lì spingo la porta finestra con la serratura rotta.

Mi maledico e mi ringrazio di non averla ancora fatta aggiustare.

Ecco le chiavi, m'alliscio la giacca davanti allo specchio e fuori di nuovo. L'occasione è una cena per il suo compleanno, quindi ho pensato ad un regalo. Vado a ritirarlo dal gioielliere in centro, prevedo che il parcheggio sarà un incubo. Una collana costosa, più per la famiglia che per lei, lascio l'auto con due ruote sul marciapiede. Una rapida corsa, saracinesca giù, purtroppo ho fatto tardi di qualche minuto.

Ma conosco la ragazza che ci lavora, abita qua vicino. Corro, citofono, "dovevo ritirare una collana, mi puoi aiutare?", lei gentile risponde "vieni su, l'ho portata a
casa". Sono sorpreso, temevo di farle riaprire il negozio, ma invece lei si è proprio ricordata.

Salgo, due battute, la ringrazio con un abbraccio e lei sorpresa mi saluta sorridendo. Volo via, la mia fidanzata è altra persona: difficile strapparle un sorriso, lei mi avrebbe urlato davanti e poi anche dietro. La lunga scatola è perfetta, di velluto color indaco, elegante al punto giusto. Scendo, torno alla macchina facendomi largo fra alcuni pedoni che gesticolano, fingo di non vedere, ho fretta, accendo l'auto e parto. Ma avanzo solo di un metro, poi un sussulto, torno indietro, di nuovo la macchina sobbalza. Scendo, con la gente che ride, effettivamente avevano tentato di avvisarmi delle ganasce.

Impreco, ma non sto a ragionare troppo: la mia ragazza mi trucida se arrivo in ritardo, considerando che l'astuccio del regalo le farà saltare su i nervi perché a lei piacciono i colori caldi. Sgonfio un po' la ruota, il giusto per sfuggire alla stretta, risalgo, riaccendo e riparto lentamente, lasciando pinze e spettatori a bocca aperta.

Non posso correre, ma tiro dritto a un paio di semafori gialli, taglio le rotonde con le due ruote buone, fingo di non vedere i pedoni, un piccolissimo contromano e finalmente arrivo sotto casa di lei. Esattamente cinque minuti alle 20, in perfetto orario. Mi riguardo nello specchietto, spengo il telefono, afferro il regalo e mi lancio fuori.
Davanti al portone c'è una borsa della spesa e un blister d'acqua. Sto per saltare l'anziana signora e le sue masserizie, ma quella mi mette una mano sul braccio chiedendomi un aiuto.

Cinque minuti d'anticipo mi lasciano un po' di margine, anche se la mia ragazza mi rimprovererebbe sulla scelta delle priorità. Ma adesso lei non c'è, la confezione di sei bottiglie d'acqua da due litri è pesantissima, la signora mi fa strada in portineria, ma mi chiedo come diavolo abbia trascinato quella roba fino al portone.
L'ascensore tarda, la signora rispunta dicendomi che a volte rimane bloccato, è proprio il giorno che mi toccano le scale. Tre piani li faccio di slancio, il quarto effettivamente è di troppo: lei è figlia unica, forse un po' viziata, ha sempre rimandato questa presentazione tanto che pensavo si vergognasse di me.

Arrivo alla porta, lievemente sudato per le corse ma anche per la tensione. Quando la porta si apre sono fulminato dalla visione di una scena, dove c'è la mia ragazza invecchiata, con i capelli sul grigio in una acconciatura ottocentesca che parla con un me incanutito. "Tira su le spalle e vieni avanti! Sistema quella cravatta, ma non hai ancora imparato a metterla bene? Che vino hai scelto? Quello andrà bene per il secondo, ce ne voleva uno per gli antipasti, mettiti là".

Dopo tante corse sono come congelato, guardo il me-lui chino che abbozza un sorriso, ma la tiene d'occhio per avere conferma che si stia sedendo al posto giusto; lei è tutta impettita, più attenta alla forma che a sprecare un sorriso, elegante ma rigida, bella ma algida. La scena è un affresco, un quadro che mi illumina sul futuro verso cui sto correndo, sempre più trascinato dagli eventi, quasi in caduta libera.

Mi riscuoto: la scena non è immaginata, sono davvero i suoi genitori. Velocemente come sono arrivato, in un attimo faccio il mio giro di boa, nascondo il regalo, mi presento, sorrido e chiacchiero, ceno con loro in piena amicizia, poi m'apparto con la mia ex fidanzata, le parlo di futuro e di raziocinio, propongo un domani da amici, mi abbasso mentre mi tira un bicchiere, la calmo con parole studiate, le do un fazzoletto e un commiato e alla fine me ne torno a casa.

L'ho scampata bella: nella calma penombra della mia sala metto su un LP, scaldo una teiera e finalmente mi lascio cadere in poltrona con un lento libro in mano.

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