Pubblicato sul blog de iParolanti, https://iparolanti.wordpress.com/2019/01/28/fuoco-di-ergo-scripsit/
Fuoco
Tutti sanno accendere un fuoco, oggigiorno. A parte che è facile trovare una fiamma pronta, anche nei villaggi più isolati c'è sempre un focolare acceso.
Io per il mio lavoro uso un vecchissimo acciarino, lasciatomi da mio padre che l'aveva ricevuto dal suo: il nostro mestiere può sembrare facile, a volte, ma è meglio non sbagliare. Controllo sempre la mia scorta di selci, tutte le mattine, e non esco mai senza.Poi bisogna preparare una buona esca: conosco di quelli che davanti al mucchio di legna fanno spallucce, dicendo "tanto in qualche modo s'accenderà". Ma anche quando ero un ragazzino sapevo che poteva capitare legna troppo verde, magari umida se lasciata fuori all'addiaccio, o a pezzi troppi grossi perché una piccola fiammella li possa intaccare. Quindi prima di andare sul posto faccio sempre un giro a raccogliere qualche bastoncello e un pugno di sterpi, in autunno anche foglie secche: ma soprattutto l'altra sacca che ho sempre dietro con me contiene funghi secchi che sbriciolati sono la migliore esca, si sa.
Tutti sanno accendere un fuoco, dicevo: il difficile è farlo davanti a un sacco di persone, magari infreddolite e nervose, quando ancora il sole non è sorto a scaldare membra e cuori. E quasi sempre c'è qualcuno che ti grida di far presto, di non perdere tempo, quasi il tuo fosse un semplice trastullo. C'è da far scoccare la scintilla, intravedere la prima fiammella, avvicinare subito le mani a evitare che troppa aria la spenga, ma soffiare perché un poco d'aria la sostenga, pazientare finché diventi fiamma e vederla crescere e irrobustirsi. A questo punto ho visto dilettanti tirarsi indietro già soddisfatti, ma no! non bisogna cedere subito a un fatuo ottimismo: l'esca brucia bene, ovviamente, ma non bisogna lasciarla andare libera finché il fuoco non abbia attaccato la legna vera.
Ma la cosa più difficile è rimanere concentrati: bisogna essere ciechi, sordi e stupidi. Tenere gli occhi bassi sul proprio lavoro, fare che le parole non arrivino, piuttosto sembrare stupidi che farsi coinvolgere. Alle tue spalle di solito c'è silenzio, ma il silenzio di tanta gente fa un suo rumore, sento ai margini chi chiacchiera nervoso, chi ridacchia, chi piange sommessamente. Ma quello che mi fa più paura è il silenzio di chi guarda attonito, come se il fuoco che andrò ad accendere fosse una vera risposta, e che sarà anche più stolido quando scoprirà che per quanto il falò possa essere forte e durare non avrà nessun potere di cambiare la vita di tutti i giorni, non porterà via le paure e il dolore, ma ne aggiungerà di nuovi. Il silenzio della maggioranza è la cosa che più temo e non capisco: ma io sono solo un acciarino, un fuochista e non conto nulla.
Oggi ho smesso di fare il mio lavoro. Non l'ho insegnato a nessuno, non ho figli e di apprendisti non ne ho mai avuti, in molti pensano sia un lavoro troppo facile per essere una valida aspirazione. Sono vecchio, ma smetto per scelta: oggi non sono riuscito ad accendere il fuoco.
Ho bruciato sei esche, ho fatto nascere il fuoco e poi l'ho fatto spegnere, nel modo più evidente possibile: alle prime due fiamme smorzate sentivo dietro di me urla di scherno e derisione, solo quando anche la terza si è spenta qualche esclamazione di sorpresa.
In molti mi conoscono e sanno che non ne faccio mai morire una. Invece stamattina se ne sono spente sei di fiamme, tutte all'apparenza robuste e luminose. Alla quarta che si spegneva ho sentito la gente borbottare e farsi domande, il dubbio che li attraversava come una tromba d'aria sul mare.
Alla quinta si son sentiti pianti e scongiuri, alla sesta alcuni hanno cominciato a recitare preci e litanie: io alla fine ho allargato le braccia e ho detto "questo fuoco non s'accende".Dovevo essere sordo, ma non ci sono riuscito e ho sentito la ragazza legata al palo chiamare il mio nome. Dovevo essere cieco, ma ho riconosciuto la figlia del mio vicino, madre di un bambino senza un padre. Dovevo essere stupido, e lo sono stato, fingendo di far spegnere il fuoco ben sei volte: il conestabile prima era spazientito, poi corrucciato, ha infine allargato le braccia anche lui, mentre la folla a gran voce gridava "miracolo". Lo stesso inquisitore incappucciato, al salire del grido della folla, ha evitato di intervenire, s'é fatto piccolo e in qualche modo è sparito fra la gente.
Fra i soldati un paio si sono mostrati felici perché erano del villaggio e conoscevano la giovane: anzi sono stati loro a liberarla. Fra i popolani è emerso il padre con il bambino in braccio, gli han fatto spazio fra sguardi sorpresi, ammirati, lacrime e sorrisi. L'han fatta scendere dal mucchio di legna e, pur piagata nel corpo martoriato, ha avuto la forza di raggiungerli e abbracciarli.
Oggi per la prima volta vedo con stupore che la folla sembra andarsene via più leggera, senza il peso di un nuovo rogo sulle spalle, senza urla di condannato nelle orecchie, senza fiamme assassine negli occhi.
Oggi sento che molti parlano di un gran giorno, di un miracolo nel loro piccolo villaggio, sembrano più felici di riprendersi una ragazza che non quanto li sento urlare alle fiamme di prendersi una strega.
Oggi mi sento stupido perché sono felice di non aver fatto un gran fuoco, felice di aver sbagliato, finalmente contento di non aver fatto il mio lavoro.

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Racconti piccini
Short StoryPiccole storie, alcune divertenti, altri solo esercizi di stile, unica caratteristica comune: sicuramente brevi.