05. gelosia

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Era notte fonda quando uscì dal suo studio, ormai aveva perso il conto dei giorni passati a sfogliare libri sulla storia dei demoni. Era entrato in possesso di centinaia di volumi inerenti la loro storia e le loro casate che componevano quel regno, ora finalmente aveva elaborato il suo piano per farlo sprofondare nel caos. Talitha lo aspettava come sempre a qualche metro dalla porta in attesa di ordini, la osservò per qualche istante percorrendo con lo sguardo e con la memoria la sua figura, le sue forme risaltavano nel vestito in pelle aderente e stava per cedere all'impulso di farla sua lì nel corridoio come già era successo molte volte ma si costrinse a resistere, doveva partire subito  per sfruttare appieno i prossimi due giorni senza lezioni per non destare sospetti su una sua eventuale assenza. Le si fermò accanto e alzandole il viso con la mano la baciò avidamente. Sentì il suo corpo tremare leggermente mentre si abbandonava a lui, poi si staccò da quelle labbra troppo invitanti e recuperando l'autocontrollo infranse ogni presupposto di entrambi.
"Devo assentarmi per due giorni, mentre sono via voglio che controlli senza farti scoprire questo ragazzo. Non fare nulla, cela con attenzione la tua presenza e cerca di capire chi frequenta. Al mio ritorno voglio un rapporto dettagliato".
Le mostrò con un gesto della mano il volto del ragazzo su uno specchio finemente decorato appeso alla parete, lei lo osservò attentamente poi tornò ad incrociare il suo sguardo.
" farò come desideri. Al tuo ritorno mi troverai qui ad aspettarti e se sarai soddisfatto....".
"Se sarò soddisfatto ti premiero' ".
La baciò ancora in modo rude infilando una mano dentro i suoi pantaloni stringendole con forza il fondoschiena, lei gemette in preda ad una crescente eccitazione, quando ormai pensava che la facesse sua lui si bloccò e senza dirle altro se ne andò. Rimase ad osservarlo delusa non sapendo quanto lui si fosse sforzato ad interrompere quel momento, ultimamente qualcosa era cambiato e questo lo metteva a disagio non capendo come gestire queste nuove sensazioni. Giunto sul retro della villa spiegò le grandi ali nere come la notte e nel crepuscolo della sera spiccò il volo verso l'entrata degli inferi. Il volo lo aiutò a calmarsi e la sua mente tornò a funzionare in modo razionale, ripassò le varie fasi del suo piano, tutto doveva andare per il verso giusto, il suo creatore non contemplava i fallimenti.

La sveglia suonò impietosa alle cinque in punto, in un primo momento non capì perché quell'aggeggio infernale si fosse messo  a suonare quando fuori era ancora buio, stava per farla schiantare contro la parete della camera quando all'improvviso si ricordò il perché aveva deciso la sera prima di regolarla a quell'ora impossibile.
"Ma perché ho deciso di farmi del male da solo?".
Quel pensiero gli martellò in testa fino al bagno che fortunatamente era collegato alla sua camera, impiegò parecchi minuti e molta acqua ghiacciata in faccia prima di accantonare quel pensiero, ora era sveglio, almeno una buona parte lo era, e cominciò sentire l'impazienza di confrontarsi con il padre. Sapeva molto bene chi era e quale fosse il suo potere, sapeva anche del suo blocco dopo il suo ultimo scontro ma rimaneva comunque un avversario formidabile, più del nonno. Aprì l'armadio per mettersi una tuta comoda ma con sorpresa vide che in bella vista era appesa una tuta in pelle nera con alcuni eleganti disegni bianchi sulle braccia e sulle gambe. Un biglietto era stato attaccato con uno spillo, lo prese.
"Tesoro mio, questo e un piccolo regalo da parte mia, so che da oggi ti allenerai con tuo padre e ho creato questa tuta apposta per te, dovrebbe resistere al vostro impeto inoltre ho inserito qualcosa di speciale che scoprirai durante gli allenamenti. Spero che ti piaccia. La tua cara nonna".
Sorrise di cuore, lei era speciale, non c'erano altri aggettivi da aggiungere. La indossò subito, era una tuta intera e quando chiuse la lampo sul davanti non poté non notare che sembrava una seconda pelle, i suoi movimenti risultavano perfettamente liberi, sul petto era leggermente più spessa al tatto così come sulla schiena. Quando si specchio' rimase ad osservarsi stupito, sembrava un super eroe. Uscì dalla camera carico e quando arrivò al piano di sotto trovò suo padre ad attenderlo, era a petto nudo e indossava solo un paio di pantaloni in pelle nera. Lo osservò attentamente e un sorriso compiaciuto comparve sul volto.
"Fammi indovinare, la nonna?".
"Già...".
"Andiamo!".
Si diressero ai sotterranei sotto lo sguardo fin troppo eloquente della madre che dalla porta della cucina guardava il padre con un sorriso strano. Cercò di non pensarci, quei due erano come ragazzini in preda ad una costante tempesta ormonale.
Giunsero davanti ad una porta in legno massiccio e dopo averla oltrepassata si ritrovarono in un enorme ambiente scavato nella roccia, avevano percorso una lunga e ripida scala per arrivare fino a lì ed ora capiva il perché. La volta era ad almeno cinquanta   metri d'altezza mentre il fondo quasi non si scorgeva. L'ambiente era ben illuminato anche se la fonte della luce non era visibile, sospettò che si trattasse di una qualche magia che suo padre amava sperimentare.
Senza preavviso fu raggiunto da un calcio allo stomaco che lo fece volare ad almeno venti metri di distanza, quando si fermò notò con piacere di non aver quasi sentito il colpo, la tuta aveva assorbito la maggior parte del danno facendolo solamente rimbalzare lontano.
"Grazie nonna..." mormorò fra se.
"Questo era per farti capire che una volta entrati qui faremo sul serio, oggi voglio testare di persona cosa ti ha insegnato il nonno. Non useremo magie, solo combattimento corpo a corpo. E ora fatti sotto ragazzino!".
Non desiderava altro, come il padre aveva una spiccata attitudine nel plasmare a suo piacimento la magia creando formule magiche dal nulla ma ciò che più lo inebriava era spingere al limite le sue capacità fisiche. Con il nonno si era sempre trattenuto ma ora con il padre poteva liberare tutta la sua forza. Non era ancora riuscito a far uscire le ali quindi scattò a piedi verso di lui coprendo la distanza in una frazione di secondo colpendo il padre al volto cogliendolo di sorpresa. Non fece in tempo a vantarsene, sentì un leggero formicolio dietro alla schiena e un attimo dopo un calcio potente si abbatte' alle sue spalle facendolo volare contro una parete. Anche in questo caso la tuta aveva assorbito la maggior parte del danno ma le scapole ne risentirono comunque. Collego' subito cosa significava quel formicolio che aveva percepito un attimo prima di essere colpito, un altro regalo di nonna Airin.
"Bene papà, a quanto pare fai sul serio, non desideravo altro. Finalmente posso dare il massimo anch'io!"
Lo disse mentre si rialzava come se nulla fosse sotto lo sguardo allibito di Marcus. Quel calcio avrebbe dovuto come minimo spezzargli la spina dorsale bloccandolo a terra almeno per una trentina di secondi, sicuramente la tuta aveva fatto il suo ma i danni avrebbero dovuto essere comunque ingenti. Quello che gli aveva riferito il padre sulla sua forza cominciava ad essere chiaro. Lo vide avanzare con calma e un istante dopo era alle sue spalle pronto a colpire, aveva ereditato lo stesso potere della madre. La mezz'ora successiva passò in un incessante scambio di colpi tutti potenzialmente mortali per un demone di alto rango ma loro recuperavano in pochissimi istanti, il loro immenso potere li sosteneva continuamente. Marcus però si accorse ben presto che il figlio migliorava pian piano in tecnica e ogni colpo sembrava essere più preciso e letale del precedente eppure intuiva che quello che mostrava era solo la punta dell'iceberg, la sua aura splendeva e sembrava costantemente sul punto di esplodere. "E non ha ancora estratto le ali... Alex cosa nascondi?".
I colpi aumentarono di intensità tanto che ora sprigionavano   potenti onde d'urto, sembrava di rivivere l'ultima battaglia tanto che Marcus ebbe un'esitazione pensando a quanto gli era costata, Alex colse subito quella sua indecisione e con un pugno potentissimo entrò nella sua difesa e lo colpì al volto scagliando il padre ad una velocità inaudita dall'altro lato della caverna contro la parete di fondo che crollò all'impatto. Dopo un primo momento di soddisfazione si rese conto di quello che era successo, vide con orrore l'immensa nube di polvere avvolgere tutto l'ambiente e perse il contatto con l'aura del padre.
"PAPÀ!!!!".
Scomparve per ricomparire accanto alla frana un istante dopo e con il fiato corto dalla paura scavò con frenesia fra le macerie, non si accorse nemmeno che pochi secondi dopo era comparsa di fianco a lui la madre con le lacrime agli occhi che disperata chiamava il nome del padre. Lo trovarono dopo un tempo che sembrò infinito immobile e incosciente, lo spostarono con cautela appoggiandolo a terra mentre Sara disperata urlava nella sua mente per farlo rinvenire, lo aveva perso, non lo sentiva più.
Poi tossi' violentemente sputando un fiotto di sangue, immediatamente ricollegò la sua mente a Sara che dalla gioia si sentì quasi svenire.
" Amore...sto bene....colpa mia. Alex è potente....forse più di me, anzi, lo è di sicuro".
Le trasmise questo pensiero cercando di calmarla, sembrò funzionare.
"Papà, non volevo...io non volevo....".
"Alex è tutto ok, la colpa è mia che mi sono distratto. Sei stato bravo".
Si rialzò e dopo qualche istante si sentì di nuovo in grado di combattere.
"Bene, possiamo continuare e...".
"Voi due non continuerete proprio nulla, non per oggi almeno! Alex è tardi, vai a farti una doccia e poi fila a scuola, riprenderete domani. Non preoccuparti per lui, ci vuole ben altro per metterlo ko. Oggi ha solo la testa fra le nuvole. Ora vai, la colazione è già pronta".
Lo sforzo per sembrare sicura di sé e non far tremare la voce fu incredibile.
Alex li guardò indeciso ma visto che la madre era tranquilla e che il padre sembrava scocciato per quella presa di posizione della madre si tranquillizzò.
"Ok allora vado. Ci vediamo oggi pomeriggio. Ciao".
Uscito dalla caverna Sara fulminò Marcus con lo sguardo inchiodandolo sul posto.
"Stavo per impazzire, non ti ho più sentito!!! Che accidente è successo!?".
Il tono era tremendamente serio tanto che Marcus ne ebbe quasi timore ma capiva benissimo cosa potesse aver provato sentendo reciso il loro legame.
"Mi sono distratto e lui mi ha preso in pieno, colpa mia".
"Hai rivisto ancora quello scontro....capisco. Marcus devi superarlo, so che ti ha segnato nel profondo e so cosa hai provato quando hai dovuto recidere una parte della tua anima ma se non lo accetterai non riuscirai più ad attingere al tuo vero potere. Devi farlo, per te stesso e per chi ami, Alex ed io avremo bisogno di te".
"Lo so maledizione... ogni volta che combatto continuano a tornarmi in mente quegli istanti... mi sembra di rivivere quel momento.... ce la farò, te lo giuro. Io vi proteggero' tutti".
"Lo so....zuccone!".
Lo strinse a se infondendogli tutto il calore del suo cuore maledicendo al contempo in un piccolo angolo della sua mente, ben nascosta da lui, quel giorno maledetto.
"Lui è forte...molto più di così, impara velocemente e non ha ancora estratto le ali! Il suo potere è immenso, in più ha ereditato il tuo dono, può teletrasportarsi".
"Amore di mamma....".
Uscì di casa dopo una mezz'ora, ripensò ancora a quanto successo poco prima ma il pensiero che il padre fosse illeso lo rincuorò, d'altronde lui era il prescelto, in più gli aveva dato le chiavi della moto per non fare tardi, una corsa su quel bolide era quello che ci voleva. Arrivò a scuola con discreto anticipo e a malincuore lasciò  la belva al parcheggio. Varcato il cancello però il buonumore svanì all'improvviso, a pochi metri da lui una ragazza rossa in viso lo stava inequivocabilmente aspettando e subito gli tornarono in mente i fatti e le sensazioni provate il giorno precedente.
"Ciao Erica".
"C-ciao Alex...hem....t-ti stavo aspettando...sai, dopo la telefonata di ieri non sapevo come comportarmi e...".
"Erica ti ho solo chiesto se ti andava di uscire con me qualche volta ma se non ti va basta che me lo dici, forse ho esagerato, scusa...".
"NO!!!! Cioè... Mi farebbe molto piacere, effettivamente... credevo di non piacerti".
"Sei una ragazza dolce e molto bella, come puoi non piacere? Ti va se facciamo due passi prima delle lezioni?".
Credeva di sognare, dal primo istante in cui lo aveva visto si era perdutamente innamorata di lui e ora era finalmente suo, si strinse al suo braccio senza pensarci e si incamminarono lungo il piccolo giardino antistante la scuola parlando sottovoce del più e del meno. Nessuno dei due si era accorto però che tutta la scena era stata osservata poco lontano da un'allibita ragazza che da dietro una finestra li aveva visti sentendo prima crescere una rabbia cocente per poi esplodere in un pianto silenzioso mentre il suo cuore cadeva a pezzi.
"Alex...perché...".
Le lezioni finirono nel primo pomeriggio, prima di lasciarsi Alex chiese ad Erica di vedersi nel tardo pomeriggio per prendersi un gelato insieme, lei accettò subito e prima di andarsene gli diede un piccolo bacio sulla guancia in preda ad una forte agitazione. Se ne andò quasi correndo cercando di nascondere l'imbarazzo mentre lui la osservò dispiaciuto, quel bacio era freddo. Ma cosa stava facendo? Si chiese per la milionesima volta. Si avviò a testa bassa lungo il cortile cominciando a pensare che quel gioco assurdo non poteva continuare, non poteva ingannare a quel modo una ragazza e ancor più non poteva ingannare il suo cuore. Stava per arrivare al parcheggio quando svoltato l'angolo si ritrovò faccia a faccia con due occhi viola che ben conosceva, rimase impietrito un po' perché ogni volta che vedeva così da vicino quel colore meraviglioso ne rimaneva affascinato e un po' perché erano velati di una tristezza mai vista.
"C-ciao Sofi... hai bisogno di qualcosa?".
Non rispose subito, lo fissò a lungo senza dire nulla, lui si sentì impotente perché sentiva il suo sguardo pesante penetrargli l'anima, lei lo stava scrutando dall'interno fino a raggiungere il suo cuore.
"Io no, sei tu quello che ha bisogno. Che stai facendo?".
"Sto tornando a casa, perché?".
Le si avvicinò ancora di più, ora erano a pochi centimetri e Alex cominciò a sentirsi a disagio, le sue labbra erano socchiuse ma il sorriso che sempre le contraddistingueva era scomparso, ora erano una linea dritta e tagliente.
"Non mi inganni, perché lo stai facendo? Tu non provi nulla per lei, la farai solo soffrire. Dimmi perché!".
La sua voce era affilata come un rasoio ma si percepivano alcune incrinature dovute alla sofferenza. Avrebbe voluto urlarle che era solo colpa sua che si sentiva tradito da lei e che lei era tutto il suo mondo ma non poteva farlo, lei era affascinata da Gabriel e voleva farla soffrire per questo.
"Tu non sai nulla e comunque sono fatti miei. E poi cos'è tutto questo interessamento? Oggi non sei impegnata con il belloccio?".
La superò arrivando alla moto, prese il casco e lo indossò nervosamente, la sentì urlare in sottofondo ma accese il motore e sgasando volutamente coprì la sua voce, partì a tutta velocità senza voltarsi lasciando Sofia incredula e in lacrime ferma sotto il portico ad osservarlo mentre si allontanava.
"Ma cosa stai dicendo....perché non vuoi ascoltarmi....sei uno stupido...ti odio, ti odio, ti odio! Non capisci quanto ti odio? Non capisci che io ti .....".
Corse via senza una meta lanciando lo zaino a terra, voleva solo andarsene lontano, corse a lungo allantonandosi da lui e da tutti. Corse per un tempo indefinito inoltrandosi in una zona scarsamente abitata della periferia, la strada l'avrebbe portata in una fitta boscaglia ma lei non si accorse di nulla, il suo cuore a pezzi le aveva reso la vista appannata, non sapeva dove era diretta, non le importava.
Arrivò quasi sotto casa fermandosi in un piccolo spiazzo, avrebbe voluto rompere qualcosa per sfogarsi mentre respirava profondamente cercando inutilmente di calmarsi.
"Ma cosa vuoi!? Non sono il tuo animaletto pronto a seguiti ovunque.....".
Estrasse il cellulare e senza pensarci chiamò Erica.
" Alex.... dimmi....".
"Ti va di uscire ora? Sei impegnata?".
"Io...no...credevo dovessimo vederci più tardi....v-va bene, dove ci troviamo?".
" Ti vengo a prendere io in moto, fatti trovare alla piazzetta fra dieci minuti, OK?"
"OK, ci vediamo lì".
Doveva pensare ad altro, mise in moto e si avviò a tutto gas lungo la strada. Arrivò alla piazzetta dieci minuti dopo trovandola già lì ad aspettarlo, il lieve rossore alle guance rivelò che aveva corso per non arrivare in ritardo: " ma che sto facendo?".
"Ciao, ti va se facciamo prima un giro? È una bella giornata e vorrei fare una corsa sulla costa".
"Certo!".
Prese il casco dal bauletto e montò in sella dietro di lui stringendolo forte al petto, un sorriso luminoso le illuminò il volto, non le importò nulla della destinazione, sperò solo che quel giro durasse all'infinito per poter stare abbracciata a lui per sempre. Nelle due ore successive sfrecciarono per le strade costeggiando il mare tornando in città a pomeriggio inoltrato, si fermarono in un chioschetto e mangiarono un gelato parlando del più e del meno. Sotto sera squillo' il telefono di Erica.
"Mamma? Dimmi cosa vuoi?.... Ma ora!? Non puoi fare da sola?... Io....OK...OK, arrivo".
"Problemi?".
"Che scocciatura! Hem...si, devo rientrare, ha un problema al negozio e papà non c'è.....mi dispiace così tanto!!".
"Non preoccuparti, colpa mia che ho cambiato i programmi e poi ho da fare anch'io fra poco. Ti riaccompagno a casa se per te va bene".
"Oh...grazie".
Arrivarono sotto casa sua e prima di salutarlo gli diede un bacio sulla guancia, avrebbe voluto osare di più ma l'imbarazzo la bloccò.
"Grazie, non vedo l'ora di rivederti domani".
"Anch'io, ci vediamo".
Partì a razzo, voleva solo tornare a casa e sprofondare nello studio, doveva dimenticarsi della giornata.
Quando entrò in casa fu subito raggiunto dalla madre che con aria preoccupata lo abbracciò.
"Alex!! Per fortuna stai bene".
"Che succede?"
"Mi ha chiamato tua zia July, Sofia non è ancora rientrata e il cellulare è irraggiungibile, sai dov'è?".
"Non ero con lei, non ne ho idea ma la nonna non riesce a contattarla?".
"Continua a provare ma non riesce a raggiungerla, è molto strano!".
"La nonna non riesce!! Ma è impossibile!".
"Eppure non la trova, tuo padre e tuo nonno sono appena usciti a cercarla....io sono rimasta qui nel caso si facesse vedere. Sicuro di non sapere dove sia....".
Non finì la frase, Alex era uscito di corsa per precipitarsi alla moto, una manciata di secondi dopo era per strada, un brutto presentimento si era fatto strada nella sua testa e maledicendo la sua stupidità pregò che stesse bene. La sera era arrivata ma non ci badò, per lui le tenebre non erano un problema.
"Sofi....".

Il primo angelo demone: l'eredità.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora