ix. hard to face reality

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SUBJECT THIRTEEN !
( WILL BYERS )

chapter nine | HARD TO FACE REALITY

chapter nine | HARD TO FACE REALITY

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OLLIE'S POV

Sorrisi al proprietario dell'Arcade e mi diressi sul retro della sala giochi.
Ero finalmente stato assunto a lavorare qualche pomeriggio e qualche sera come addetto alla sala: dovevo semplicemente stare dietro a uno stupido bancone, sorridere a chi entrava e scambiare le banconote in monete.

Insomma, non era una cosa impegnativa e avrei potuto sgattaiolare a giocare anche io.
Magari sarebbe stato anche divertente.

Il mio primo turno pomeridiano sarebbe iniziato domani, quindi salutai il proprietario e mi incamminai in fretta verso casa, emozionato all'idea di raccontare a Hopper che avevo finalmente trovato un lavoro.

Svoltai in un'altra via e andai a sbattere contro qualcuno.
Questo qualcuno si rivelò essere Dustin, che mi sorrise allegro come al solito.
«Thirteen! Ma buon pomeriggio!»
«Oh ehi Dustin, come va?»

Il ragazzo mi indicò le borse della spesa e alzò gli occhi al cielo.
«Mia madre mi ha mandato a fare delle compere... Ma per il resto tutto bene, grazie, e tu?»
«Bene, ho appena trovato lavoro!» gli raccontai dell'Arcade e lui mi guardò entusiasta.
«Cazzo, ma è una notizia grandiosa! Così ci vedremo molto più spesso, io e gli altri ragazzi siamo sempre lì!»
«Immaginavo!»

Al solo pensiero che avrei potuto trascorrere più tempo con Will mi vennero i brividi.
Cristo santo, dovevo darmi una calmata.
«Ci vediamo allora alla sala giochi, sempre se mia madre mi lascerà venire!»
Salutai Dustin e ripensai alle sue ultime parole.
Sua madre.

Restai fermo, chiusi gli occhi e mi concentrai intensamente sulla centrale elettrica di Hawkins. Quando riaprii le palpebre, mi trovai sul luogo in cui avevo passato i tredici anni più brutti della mia vita.

Esteticamente non era cambiato assolutamente nulla: stesso edificio deprimente, stesse persone con i camici bianchi e uomini in giacca e cravatta.

Una guardia mi osservò stranito e realizzai di essere parecchio esposto: avevo la giacca rosso fuoco ed ero fin troppo giovane per trovarmi in un posto del genere, soprattutto se non accompagnato.

Colto alla sprovvista, iniziai a correre e andai a nascondermi dietro un albero per riprendere fiato. Dovevo assolutamente diventare invisibile se avevo intenzione di entrare nei laboratori.

Mi concentrai il più possibile e iniziai a camminare verso l'entrata.
Attraversai la porta e mi diressi verso la sezione dove lavoravano una volta mia madre e mio padre, sperando che fossero ancora lì.

In breve tempo raggiunsi i laboratori dove i miei genitori erano soliti fare esperimenti sui soggetti - tra i quali c'eravamo anche io e Eleven.

Quei lunghi corridoi bianchi e tristi mi misero subito a disagio. Mille ricordi mi riaffiorarono nella mente e cercai di scacciarli con una mano immaginaria.

Fu in quel momento che una figura a me familiare mi passò davanti, svoltando velocemente in un altro corridoio.
Senza perdere un altro secondo, seguii mia madre ed entrai in una stanza insonorizzata.

Non appena la porta si chiuse alle mie spalle, rimasi pietrificato.
Davanti a me, inconsapevoli della mia presenza, c'erano entrambi i miei genitori.

Trattenni il respiro, con un groppo in gola, e notai quanto fossero sempre uguali.
Sembrava che non fossero nemmeno invecchiati: mio padre aveva lo stesso sguardo austero, mentre mia madre aveva solamente i capelli un po' più corti.
Come se non me ne fossi mai andato.

«Ha raggiunto notevoli risultati oggi!» esclamò mia madre, all'improvviso, facendomi sobbalzare.
«Ti riferisci al soggetto 037? Sono assolutamente d'accordo! Queste nuove cavie stanno facendo un ottimo lavoro, anche se non sono come le prime...»
«Ovviamente nessuno sarà al loro livello... Se solo non fossero scappate, ora avremmo già ricevuto il certificato dallo stato per le nostre ricerche!»

Mi stavo incazzando a sentire i loro discorsi ma mi trattenni dal fare qualsiasi cosa: in primis, non volevo ancora che sapessero del mio ritorno a Hawkins e per secondo sapevo che la mia invisibilità non sarebbe durata ancora a lungo. Lanciai un'ultima occhiata a loro due, per poi voltarmi e uscire dalla centrale.

Non appena ritornai visibile, aspettai una decina di minuti per avere abbastanza forze da teletrasportarmi il più vicino possibile a casa di Hopper.

Chiusi gli occhi e, non appena li riaprii, mi ritrovai nel bosco.
Iniziai a camminare, affidandomi al mio senso dell'orientamento, sperando di arrivare prima di cena a casa.

«Ollie?» dopo alcuni minuti che camminavo, sentii la voce confusa di Eleven.
Mi voltai verso di lei, con le lacrime agli occhi, e corsi ad abbracciarla senza pensarci due volte.

La ragazza parve sorpresa dalla mia reazione, ma non accennò a rompere l'abbraccio.
«Ehi, ehi, Ollie, va tutto bene...» mi sussurrò dolcemente, facendomi sentire un po' meglio.

Non appena arrivammo a casa, raccontai sia a lei che a Hopper che cosa era successo quel pomeriggio.
Entrambi mi ascoltarono attentamente, senza perdersi nessun dettaglio del mio racconto.

«Quindi stanno ancora facendo esperimenti?»
«Non ne sono sicuro, ma hanno accennato a un soggetto 037... Non ho idea di che cosa possa essere, magari non è nemmeno una persona...» deglutii rumorosamente, davvero preoccupato da quello che stava succedendo alla centrale.

Rivedere i miei genitori dopo così tanto tempo era stato un duro colpo per me, nonostante avessi sempre creduto l'esatto opposto.
Non avevo nemmeno avuto il coraggio di parlare.

«Beh, Ollie, guarda il lato positivo: almeno ora hai trovato un lavoro, quindi il pomeriggio potrai levare il culo da questa casa!» Hopper cercò di farmi sorridere con quella stupida battuta e, con mia grande sorpresa, ci riuscì.

Nonostante i miei genitori fossero degli stronzi senza cuore, ero sempre più sicuro di aver trovato una vera famiglia con la quale non avevo nessun legame di sangue.

SUBJECT THIRTEEN ( will byers )Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora