»Heroes cries too«

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Era arrivato il giorno tanto atteso da Katsuki da praticante tutta la sua vita.
Il giorno del diploma.
Il fottuto giorno nel quale sarebbe diventato un fottuto Pro Hero a tutti gli effetti.
Si guardò intorno, nella grande sala che la Yuuei aveva messo a disposizione per la cerimonia, adornata di festoni e rinfresco per tutti, una leggera musica in sottofondo. Dall'angolo della sala poteva osservare ogni cosa, passando assolutamente inosservato.
Tutti i suoi compagni, felici di avercela fatta (persino quella mezza-sega di Mineta era riuscito a ottenere la licenza), All Might, privo della Muscle Form a parlare con i professori Aizawa e Present Mic, mentre la professoressa Midnight parlava con Cementos e con tutti gli altri insegnanti. C'era addirittura il preside, quello strano topo super intelligente, che a Bakugo aveva sempre fatto una certa impressione, che parlava con Deku. Nerd di merda.
Non mancava proprio nessuno, pensò Katsuki. Nessuno, tranne l'unica persona che avrebbe voluto davvero in quel momento. E fu così, che in un momento di gioia collettiva, Katsuki non aveva altre intenzioni se non quella di urlare a squarciagola e far esplodere un po' di gente a caso.
Perché sì, Katsuki Bakugo sentiva incredibilmente la mancanza di quel coglione di Kirishima Eijiro.
Da quando, due anni prima, era scomparso così, da un giorno all'altro, senza lasciare traccia, Bakugo non trascorreva una singola notte senza pensare a quei fottuti capelli rossi pieni di gel che tanto adorava.
Perché lui lo adorava, lo amava.
Poco dopo la scomparsa del rosso, tutti quelli che si erano messi sulle sue tracce, sia Hero che la polizia, avevano detto che non c'era altra spiegazione che la fuga del ragazzo, poiché non si trovava alcuna pista per un possibile rapimento. Ma Bakugo sapeva che non poteva essere fuggito.
Lo sapeva perché esattamente due settimane prima della sparizione si erano fatti una fottuta promessa.

Erano entrambi stesi nel letto del biondo, dopo aver passato la notte tra ansimi e gemiti reciproci, e Kirishima passava piano la mano tra i soffici capelli color grano.
«Capelli di merda.»
Aveva sussurrato Bakugo, affondando il viso nel collo dell'altro. A quel punto Kirishima aveva mantenuto il silenzio, aspettando che l'altro continuasse.
«Perché stai con me? Sono una persona di merda, e tu meriti di meglio. Sì insomma, mi piace quando scopiamo ma magari per te non è lo stes-»
E fu zittito, come ogni volta che iniziava a fare quei discorsi senza senso, dalle labbra del rosso sulle sue.
Un contatto semplice, che esprimeva solo l'amore tra quei due. Si guardarono a lungo negli occhi, ognuno pensando di essere il ragazzo più fortunato del mondo.
«Sto con te perché ti amo.»
Disse, Kirishima, dopo alcuni minuti di silenzio totale, fatti di soli sguardi. Bakugo corrugò le sopracciglia, però più in maniera confusa che arrabbiata.
Eijiro lo trovò adorabile.
«Io non ti lascerò mai, hai capito? Non importa quanto proverai ad allontanarmi, non ti libererai mai di me!»
Ridacchiò il maggiore, facendo anche sorridere Bakugo, anche se impercettibilmente. Quella sera il biondo si sentì davvero amato da qualcuno per la prima volta in vita sua, e non poté fare a meno di sperare che quella promessa sarebbe stata mantenuta. Ingenuamente aveva consegnato tutte le sue speranze al ragazzo che aveva di fianco, sentendosi vulnerabile per la prima volta, ma senza importarsene più di tanto. Tanto Kirishima era lì solo per lui e non l'avrebbe mai abbandonato.
O era quello che pensava da ingenuo ragazzino di terza superiore innamorato per la prima volta.

«Congratulazioni, Bakugo shonen!»
Urlò All Might, andando proprio nell'angolo di sala dove si trovava il biondo, che non rispose al povero Toshinori. Questo si accorse subito dell'umore più negativo del solito di uno dei suoi non più embrioni di eroe.
Per fortuna o per sfortuna, capì il motivo della tristezza celata di Bakugo (non poteva essere per altro!), e lo guardò con occhi tristi e malinconici. Sapeva benissimo cosa Kirishima fosse per quel ragazzo, tutti lo sapevano, almeno tra gli insegnanti. Era solo grazie al ragazzo scomparso che quel testone di Katsuki si era aperto al lavoro di gruppo, mettendo da parte l'orgoglio almeno per le operazioni sul campo.
E ora capiva che non riusciva ad essere felice senza la persona più importante per lui. Gli poggiò una mano sulla spalla, facendolo sussultare a quel gesto inaspettato.
«Mi dispiace davvero che tu non possa goderti a pieno questo momento, Bakugo shonen, capisco che non riesci ad essere contento, sai?.»
Disse calmo, Toshinori. Katsuki piegò la testa in avanti, mostrando i denti e tremando leggermente. Stritolò il bicchiere che aveva tra le mani, rovesciandone tutto il liquido, e lo fece esplodere prima di gettarlo per terra.
Purtroppo sapeva che All Might sapeva, ma questo non gli dava il diritto di essere compassionevole. Non aveva bisogno della pietà di nessuno.
«Tu non puoi capire un cazzo di come mi sento.»
Sputò il minore, senza urla, ma con un tono così calmo da incutere timore, lo sguardo ancora basso. Dette una spallata al povero All Might e abbandonò la sala, senza che nessuno ci facesse particolarmente caso. Solo l'ex Number One Hero lo osservò andare via, profondamente dispiaciuto.
«Non sai quanto io voglia trovarlo, Bakugo shonen, ma non credo si potrà più fare, ormai.»
Sospirò rassegnato, mettendo su un bel sorriso e tornando a parlare con gli altri suoi studenti.

«Fanculo, fanculo, fanculo!»
Katsuki era rientrato in casa ripetendo questo mantra ad alta voce, buttandosi poi sul letto, liberandosi velocemente della camicia e dei pantaloni che indossava.
«Fanculo.»
Ripeté, guardando il soffitto, sentendo gli occhi pizzicare e la voglia di piangere farsi sempre più forte.
Un singhiozzo riuscì a liberarsi dalle sue labbra, ma prima che ne potessero seguire altri, Katsuki si mise ad urlare talmente forte e talmente a lungo che sentì le corde vocali bruciare. Lui era un fottuto Hero adesso, non poteva piangere, andava anche bene farlo la notte, nel silenzio della sua camera, da solo, da studente.
Ora era un adulto, un adulto forte ed indipendente, che il giorno successivo avrebbe lasciato quel dormitorio dove ancora aveva troppi ricordi, quel dormitorio con la sua stanza accanto a quella di Kirishima, quel dormitorio dove aveva avuto la sua prima volta e molti altri momenti indimenticabili, quel fottuto dormitorio dove piangeva ogni cazzo di notte da due anni.
Ma quella sera voleva essere forte, e resistere.
«Ma anche gli eroi sono umani.»
Perché ora sentiva la voce di Kirishima?
Improvvisamente si ricordò di una volta dove si sentiva particolarmente frustrato e triste, con una voglia matta di piangere, tutto perché ormai non si sentiva più all'altezza di essere un eroe, vedendo i progressi di Midoriya e affondando nel mare delle sue insicurezze. Il rosso, entrato per caso nella stanza di Bakugo quella sera, lo aveva visto con gli occhi lucidi, e lo aveva subito abbracciato. Dopo essersi fatto dire il perché di quegli occhi, lo baciò dolcemente sulle tempie e lo strinse di più a sé. Trovò estremamente ridicola la motivazione che per essere un eroe non avrebbe potuto lasciar andare nemmeno una lacrima. Gli sussurrò allora quelle parole, che ora il Katsuki del presente si sentiva rimbombare nel cervello.
«Ma anche gli eroi sono umani. E tutti gli umani hanno bisogno di piangere, a volte.»
E così anche la sera del suo fottuto diploma, il grande Bakugo Katsuki si trovò in lacrime, pensando all'unica persona che aveva mai amato.

La mattina successiva si svegliò prima della sveglia, senza nemmeno il ricordo di essersi addormentato.
Si mise le prime cose che trovò e dopo essersi preparato, chiuse la valigia e uscì dalla camera, chiudendola poi a chiave. Scese le scale con un po' di fatica, ma poi si trovò presto in sala comune, dove c'era il resto dei suoi compagni, anch'essi con le valige a portata di mano, intenti a salutarsi.
Bakugo andò solo da Denki, Sero e Mina, e li abbracciò. Cosa che lasciò i tre molto sorpresi, ma dopo tutto, da quando Kirishima non c'era più, i tre spesso l'avevano consolato, avendo capito la loro situazione. Poteva definirli amici, e cazzo, non si sarebbero visti per molto, dato che ognuno sarebbe andato per la propria strada. Senza dire una parola, il biondo lasciò per sempre quel dormitorio.

La meta di Katsuki era il suo nuovo appartamento in città, che la madre e il padre gli avevano gentilmente finanziato. Inutile dire che la vecchiaccia gli rinfacciava sempre di essere stata lei a pagare. Insopportabile.
Sistemò la sua valigia in un angolo della casa, andando poi ad esplorare tutto l'appartanento. Non era male.
Ma era troppo grande per una persona sola.
A quel punto si trovò a pensare se avrebbe mai superato il trauma di Kirishima, se avrebbe mai smesso di sperare nel suo improvviso ritorno, se avrebbe potuto rifarsi una vita.
Scacciò via quei pensieri e si stese sul letto, pronto a recuperare tutte le ore di sonno perse la notte prima.

Sei cazzo di mesi che viveva da solo.
Sei cazzo di mesi che lavorava da Pro Hero.
Sei cazzo di mesi che spediva infiniti villain in prigione.
Sei cazzo di mesi che si sentiva così fottutamente vuoto.
Alla Yuuei almeno le giornate in compagnia dei suoi amici lo facevano distrarre, e anche se mentre combatteva contro un cattivo qualsiasi utilizzando mosse dozzinali gli sgomberava la mente per un po', appena terminato i pensieri tornavano ad impadronirsi di lui.
Possibile che un ragazzo di vent'anni non facesse altro che pensare ad una persona che non vedeva da quasi tre anni? A quanto pare sì.
E cazzo, quanto si sentiva debole.

»Villain I'm not - Kiribaku«Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora