»I know are not my business, but...«

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Kyoka si alzò dal letto lentamente, facendo attenzione a non svegliare Denki che riposava accanto a lei. Guardò l'orologio elettronico sul comodino, che segnava le quattro del mattino.
Da quando quella sera Bakugo se ne era andato dal bar non faceva altro che pensare a lui.
E se fosse finito in pericolo?
Inoltre la recente scoperta di quello che era Kirishima, per il biondo, l'aveva in qualche modo scossa.
Andò in bagno e si sciacquò il viso, poi si diresse in cucina, dove si fece un caffè. Nonostante provasse a calmarsi, proprio non ci riusciva.
Andò in camera da letto, lasciando la tazzina col liquido fumante sul tavolo, e indossò in fretta l'uniforme da Hero. Diede un bacio sulla guancia del ragazzo che dormiva ed uscì di casa il più silenziosamente possibile.
Il tutto alle cinque della mattina.

Arrivata sulla scena del crimine trovò un unico poliziotto di turno, che faceva tranquillamente un giro. Andò subito da lui.
«Mi scusi, per caso è venuto Il Re delle Esplosioni, prima, a controllare?»
L'uomo fissò gli occhi in quelli neri della ragazza, rispondendo con un gran sorriso.
«Sì, è venuto prima, poi ha detto che sarebbe tornato a casa e se ne è andato.»
Kyoka sentì il petto alleggerirsi.
«Molto bene! Posso dare un'occhiata anche io in giro?»
Il poliziotto sgranò leggermente gli occhi, ma subito si ricompose.
«Non c'è bisogno, Earphone Jack. Stiamo facendo già del nostro meglio, qui. Non serve che ti disturbi!»
Spiegò l'uomo, non convincendo totalmente la ragazza, ma che alla fine cedette e se ne andò. L'uomo tirò un sospiro di sollievo, poi entrò in un negozietto di vestiti che era compreso nella zona circondata dai nastri gialli.
Andò sul retro, aprendo la piccola porta dello sgabuzzino. L'uomo al suo interno lo guardò con occhi pieni di terrore.
«Credevo che mi saresti servito per più tempo, ma a quanto pare il tuo ruolo termina qui.»
E il poliziotto riprese le sembianze si una ragazzina bionda vestita da scolaretta, che si tirò fuori un coltello dalla calza e lo infilò nella gola del poliziotto sul pavimento, leccando il sangue direttamente dalla lama.
«Kurogiri, ci pensi tu?»
Chiese, pigiando il tasto dell'auricolare che indossava.
«Certo Toga, ci penso io. Tu torna alla base, è il tuo turno.»
Spiegò, alla ragazza.
«Yey! Finalmente mi diverto!»
Urlò, prima di entrare in un buco nero mandato appositamente per lei.

Kirishima era nella sua stanza, a guardare il soffitto e pensare. Perché Tomura aveva rapito Katsuki?
Gli serviva davvero per l'associazione?
Ma non era quello che lo turbava. L'averlo rivisto dopo due anni, l'aveva fatto emozionare, il cuore gli aveva battuto forte e si era sentito vivo.
Era come se avesse ripreso a battere dopo tutto quel tempo.
Da quando era un membro ufficiale degli scagnozzi di Tomura, si sentiva sempre così vuoto, come se qualcosa nella sua vita mancasse. Ma ora aveva finalmente capito che quel qualcosa era Bakugo, e ripensandoci si accorse che gli era incredibilmente mancato. Sorrise al pensiero che presto sarebbero stati di nuovo a combattere fianco a fianco, contro tutto e tutti.
Ripensò a quanto gli erano mancate le sue labbra, e a quanto poche ore prima sentirle di nuovo sulle sue gli aveva provocato innumerevoli sensazioni, tutte meravigliose.
Poi Katsuki era diventato ancora più bello dal liceo, aveva i lineamenti più definiti, i capelli più corti, un leggero accenno di barba...
Cazzo se aveva voglia di farselo!
Era da quando era entrato lì dentro che non faceva nulla in ambito sessuale, non si toccava nemmeno, e sentire che nemmeno Katsuki lo aveva fatto senza di lui... lo rendeva entusiasta!

A Jiro quel poliziotto non l'aveva cantata giusta. Aveva finto di andarsene per poi tornare cinque minuti dopo, e proprio come aveva immaginato, era scomparso. Si guardò così in torno, alla ricerca di qualche indizio. Finì quasi subito nel vicolo, dato che per la strada non c'era molto, oltre ai segni si esplosioni sull'asfalto.
Notò che proprio di fronte all'uscita della stradina stretta c'era un grosso buco nel muro, leggermente sporco di sangue. Arrivò sul fondo, osservando i segni fatti col gesso e i denti e capelli al suolo, ognuno con un cartellino giallo accanto ad esso. Solo una ciocca non ne aveva alcuno, ed era una ciocca di capelli biondo cenere, leggermente bruciacchiata. La raccolse e sentì l'odore di Katsuki, era sua senza dubbio. Infilò uno dei suoi jack nel suolo, alla ricerca di qualche anomalia, ma la sua attenzione venne attirata invece dal rumore di vari lamenti. Li sentiva attraversare tutto il terreno, e ci mise poco a trovarne la fonte. Corse, infatti, all'interno della struttura da dove venivano quei lamenti, e in poco aprì la porta di un magazzino. Il poliziotto che aveva visto prima era lì, legato e imbavagliato, con la gola sanguinante, sul punto di dissanguarsi. Kyoka notò di come la vita stava abbandonando il corpo di quell'uomo, e chiamò immediatamente l'ambulanza. Gli strappò il nastro adesivo dalla bocca, lo slegò e provò a fermare l'emorragia, tamponandola con la sua maglietta, che si era tolta.
«Chi è stato?»
Chiese, in preda al panico. Purtroppo solo dei versi senza senso uscivano dalla bocca del moribondo, e prima che potesse fare altro la porta del magazzino si aprì rumorosamente. Due infermieri erano entrati e avevano allontanato Jiro dall'uomo, caricandolo immediatamente sul lettino pieghevole e correndo all'ambulanza. Un poliziotto corse dall'eroina, imbarazzandosi un poco per il fatto che fosse rimasta in reggiseno, porgendole quindi una coperta che aveva portato uno dei paramedici. Lei se la mise intorno alle spalle, era davvero pallida.
«Sono arrivata tardi.»
Disse triste, quasi non trattenendo le lacrime.
«Hai fatto il tuo lavoro, Earphone Jack. Non devi sentirti in colpa, gli hai salvato la vita.»
Kyoka allora si congedò; non aveva scoperto nulla di utile, solo visto un uomo sul punto di morire. Tornò a casa ancora avvolta nella coperta, e leggermente sconcertata per il ritrovamento della ciocca di capelli di Katsuki.

«Dovevi sbarazzartene prima.»
Quasi urlò Tomura, a Kurogiri.
«Dovevo aspettare che fosse morto! Poi l'avrei scaricato dall'altro lato del pianeta, ma quell'eroina è stata più veloce della morte.»
Si giustificò l'altro, e il capo sospirò.
«È colpa di Toga, doveva essere sicura che l'eroina se ne fosse andata. È stata impaziente.»
«Ma sono stata così convincente!»
Si lamentò la bionda, attirando uno sguardo assassino da entrambi i villain su di se.
«Okay... forse no, ma ormai è andata.»
Disse alla fine, placando Tomura.
Esso si grattò il collo, guardando il monitor davanti a se. Dabi ci stava andando pesante col fuoco.
«Vuoi andare, ragazzina?»
Lei in risposta infilò il coltello pulito nella calza.
«Vado subito, capo!»
E saltellò fuori dalla stanza.

Eijiro pensò attentamente a cosa dire a Katsuki. Tomura gli aveva appena riferito che tra poco sarebbe stato mandato da lui, e che se non fosse riuscito a convincerlo, il "suo bel biondino" (così l'aveva definito) sarebbe stato sottoposto ad altre ore ed ore di tortura. Ed Eijiro non lo voleva assolutamente. Anche se il suo atteggiamento nei confronti del mondo era cambiato, i sentimenti per quel ragazzo non erano mutati affatto, e quando quello gli aveva detto di non riconoscerlo, un po' si era sentito perso, anche se non lo aveva dato a vedere. Poi però si era detto che col tempo Katsuki si sarebbe di nuovo innamorato di lui, e ora era al settimo cielo. Nemmeno il tempo di organizzare le idee su cosa dire, che il suo auricolare suonò, e la voce di Kurogiri gli disse di dirigersi verso il laboratorio. Sul pavimento fuori dalla stanza trovò un paio di chiavi, erano quelle delle manette di Katsuki.
Buon segno, voleva dire che Tomura credeva veramente nel successo del suo tentativo. Con un gran sorriso sul volto si diresse dove gli era stato detto, e aspettò pazientemente davanti alla porta. Poco dopo dalla sala uscì Tomura.
«Kirishima, è stanco, vacci piano con lui, fai qualche moina o cose così. Credo in te, mi raccomando.»
Ed Eijiro, carico come una molla, entrò. Vide Bakugo tremante, bruciacchiato ovunque, il volto sporco di sangue, la gamba che si stava dissanguando. E volle aiutarlo, ma non poteva. Avrebbe potuto solo se avesse accettato di passare dalla sua parte. Ma il biondo non alzò lo sguardo nemmeno quando sbattè la porta, e la preoccupazione si fece strada dentro di lui.
Poi lo chiamò, piano, quasi supplicando che alzasse lo sguardo.
«Katsuki.»

»Villain I'm not - Kiribaku«Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora