»Too much tears«

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«Te l'ho già detto. Non so dove sia esattamente, ma credo, anzi sono sicuro, che l'abbiamo rapito loro.»
Ripeté per l'ennesima volta Izuku a Jiro, che nervosa stava urlando da ore, con le lacrime agli occhi e tenendosi lo stomaco.
«Lo sapevo che era un'idea orribile! C'era Sero libero, perché non hai preso lui per venire con te! Porca puttana, perché lui?!»
«Innanzitutto calmati.»
Intervenne Sero, seduto dal lato opposto del tavolo rotondo della centrale di polizia.
«Si è offerto lui, e tu non hai fatto una piega.»
Continuò il corvino, e Kyoka strinse i denti. Era vero, non aveva fatto nulla per farlo ragionare. Nonostante sapesse che non era il momento adatto di far rischiare la vita al suo ragazzo, era rimasta passiva e non aveva detto niente.
«Kyoka, tesoro, calmati. Vedrai che starà bene, conosci Kaminari...»
Provò a consolarla Mina, mettendole una mano sulla spalla. Lei la scostò con poca delicatezza, lanciandole un'occhiataccia.
«Voi non capite!»
Ribattè ancora, stringendo i pugni e i denti. Le girava forte la testa, ma non aveva intenzione di calmarsi.
«Cosa abbiamo da capire Jiro? Poteva capitare ad ognuno di noi...»
Provò Sero. Intanto Izuku guardava la scena senza intervenire minimamente. Jiro stava esplodendo dal nervoso, era tutta rossa in viso, vedeva letteralmente tutto nero, poi si sentì svenire. Proprio quando stava per cadere con la testa sul tavolo, Mina la afferrò per le spalle.
«Un dottore!»

Katsuki era fermo davanti all'ampia porta metallica che conduceva al laboratorio dove era stato chiuso Kaminari. Non aveva la minima idea di come approcciare. Pensò fosse inutile fasciarsi la testa prima di cadere, così prese un respiro profondo ed entrò. Denki era sveglio, lo osservò con occhi doloranti e stanchi mentre si avvicinava; probabilmente ancora non l'aveva riconosciuto.
«Bakugo?»
Chiese con un filo di voce, appena il corvino fu abbastanza vicino al biondo affinché quest'ultimo potesse mettere a fuoco. Le sue gambe erano coperte di sangue, la pelle delle spalle graffiata, i capelli strappati in alcuni punti, varie bruciature.
«Kaminari, per favore, ti chiedo di ascoltarmi per un secondo.»
«Che ci fai qui? Dove siamo? Chi ci ha rapito? Perché sei libero? Sei riuscito a scappare? Che hai fatto ai capelli? Non è il momento di un cambio di look! Slegami prima che tornino i pazzi di prima! Ci sono delle pinze su quello scaffale, usale per-»
«Basta, Kaminari.»
Il biondo deglutì. Bakugo aveva il viso neutrale, per l'altro era impossibile capirci qualcosa.
«Io faccio parte di questa Lega adesso.»
«C-c-cosa?! Bakugo... se è uno scherzo non è...»
Denki si accorse che delle lacrime avevano iniziato a scendergli dagli occhi. Sentiva il loro sapore salato sulle labbra.
Bakugo gli dette un pugno sulla spalla, provò comunque a controllarsi. Doveva essere solo una sceneggiata. Denki urlava e chiedeva perché. Katsuki si avvicino col viso al suo orecchio, usando il pretesto di dargli un altro pugno, nello stomaco stavolta.
«Denki, sono qui da quando mi hanno rapito, mi hanno costretto, loro hanno Kirishima, io non posso fare altro. Per favore, fingi di passare dalla loro parte, oppure ti uccideranno. Ti prego... te lo chiedo da amico. Voglio che ti salvi...»
Sussurrò molto velocemente, sicuro che i microfoni non fossero riusciti a sentirlo.
Denki tossì un paio di volte. Rimase in silenzio qualche secondo, Bakugo pendeva dalle sue labbra.
«Io non posso... va contro i miei principi...»
Katsuki sapeva cosa stava provando l'altro, ci era passato prima di lui.
«Riflettici, per favore.»
«Bakugo, io non posso morire.»
Un urlo straziato, e poi il silenzio.
«Io ho delle responsabilità, una famiglia. Jiro... il bambino... non può crescere senza un padre...»
Si lamentò tra le lacrime. Katsuki sgranò gli occhi.
«Kyoka è incinta?»
Usò un tono distrutto, straziato. Nemmeno lui si era accorto prima di stare così male.
«Non ci sembrava il momento giusto per dare la notizia, dopo che sei rimasto ferito in quell'attacco...»
Spiegò ridacchiando tra le lacrime, agitando i polsi stretti tra le corde legate alla sedia.
«D-di quanto?»
Di nuovo lo stesso tono.
«Poco più di due settimane... Hitoshi sarà il suo padrino... sai, siamo sempre stati amici... e volevo che avesse un ruolo importante... come una specie di zio... sai...»
Sorrise Denki, pur sempre continuando a piangere. Bakugo sentì il cuore spezzarsi, le lacrime raggiunsero anche i suoi occhi. Non aggiunse più nulla.
«Pensaci Kaminari... è l'unico modo per sopravvivere,»
Iniziò, poi si avvicinò di nuovo al suo orecchio, con un altro pugno sul fianco.
«usciremo da qui. Io, te e Kirishima. Fidati di me. Tutti questi pazzi andranno in galera.»
Denki sospirò, guardò negli occhi l'amico. Li vide sinceri, stanchi, segnati.
«Va bene... mi unirò a voi.»
Katsuki sorrise, gli accarezzò il viso coperto di sporco e lacrime.
«...grazie.»
Sussurrò, davvero grato. Era davvero felice che uno dei suoi più cari amici potesse uscirne vivo da quell'incubo. Anche se era stato lui a infilarcelo dentro. Ma era stato costretto.
«Non sei troppo piagnone per essere un cattivo?»
Chiese Denki, sforzandosi di fare una battuta. Katsuki rise.
«Forse. Poi vedremo come sarai tu.»
Concluse, slegandolo dalla sedia e abbracciandolo.
«Andiamo, ti sistemo un po'.»

Eijiro era sul suo letto. Stava pensando da ore a quell'ingrato di Katsuki. Era arrabbiato, amareggiato e triste, stanco e anche consapevole. Consapevole di essere spregevole, di fare lo stronzo, di pretendere troppo e di non dare nulla in cambio a nessuno. Prima Tatame, poi Katsuki gliel'avevano ricordato; era proprio un coglione. Che poteva fare?
Riconquistare Katsuki, come aveva detto, anzi preteso, lo stesso ex biondo non era nella lista nelle opzioni. O forse sì?
Diciamo che Kirishima non voleva perdere la sua dignità, non aveva intenzione di invitarlo fuori ad una sottospecie di appuntamento (anche perché dovevano moderare le uscite per mantenere le varie coperture) oppure regalargli fiori o cioccolata o qualche sottospecie di cazzata da femmina o da checca. Che poi anche Katsuki fosse un maschio, e il fatto di stare con lui lo rendesse automaticamente anche solo  per un minimo omosessuale, non ci rifletteva da tempo. Dalle superiori, in realtà. Provò a scacciare quel pensiero, gli girava la testa, ma non poteva farne a meno. Era un ricordo che tornava, che era passato per tre secondi nell'anticamera del suo cervello, era entrato e uscito. Lui e Kaminari seduti nella camera del primo, lacrime e abbracci, consapevolezza. Era il giorno in cui Kirishima aveva capito di essere un ragazzo con dei gusti diversi, prima dell'attacco di Kamino, prima dell'attacco nei boschi, prima di capire i sentimenti per Bakugo. Il corvino fece un respiro profondo, si diede uno schiaffo.
Non ricordare, non ricordare, non ricordare...
Sospirò, stanco e arrabbiato. Avrebbe fatto ragionare Katsuki in altri modi.

«E dimmi un po', Kirishima dove sta?»
Chiese Denki, ora medicato e vestito. Shigaraki Tomura gli aveva fatto subito avere dei vestiti. Katsuki sospirò.
«Non voglio saperlo, in realtà.»
Rispose sorridendo amaramente, osservando la sua mano, che improvvisamente era diventata super interessante.
«Che succede? Non avevi detto... che avevi un piano? Per noi tre?»
«Sì, ma...diciamo che... Kirishima è... diverso... non possiamo parlargli del piano.»
«Che intendi?»
«Non è più quello dei tempi del liceo, Kaminari.»
«Beh... sì ovviamente non mi aspetto che sia il mio bro come al liceo, ma... non riesco proprio ad immaginare un Kirishima non allegro, gentile e sorridente...»
«Io l'ho visto, cazzo. Se vuoi controllare com'è vai nella sua fottuta camera, vedilo con i tuoi occhi porca puttana!»
Sbottò, e uscì dall'infermeria. Denki era rimasto scioccato, ma non voleva ribattere, si vedeva che Bakugo era sconvolto. Chissà quali traumi aveva subito da quando era lì. Il biondo sospirò, in infermeria entrò un'altra persona.
«Ma ciao, Denki Kaminari.»

Tomura guardava i monitor senza guardarli realmente. Stava pensando. Il suo momento era vicino, nell'ultimo mese le entrate di membri spontanei erano aumentati del quarantotto percento, gli uomini tra le sue fila erano sempre di più, anche più Hero lavoravano per lui, sotto copertura ovviamente. Mancava poco, forse troppo, troppo poco. Si grattava nervosamente il collo, sempre più forte, preso dalla rabbia. Nemmeno lui sapeva perché fosse arrabbiato, in realtà.
«Ti ho detto mille volte di smettere di sfregiarti così il collo.»
Sussurrò Dabi al suo orecchio, a bassa voce, con tono caldo, mentre gli toglieva le mani dalla gola e leccava il sangue che usciva dai graffi.
«Senti chi parla.»
Ripose a tono l'azzurrino, girando il viso scoperto verso Touya. Posò le labbra su quelle calde dell'altro, delicatamente.
«Tenko, volevo parlarti.»
Disse il corvino, sedendosi accanto a lui, tenendogli la mano. Tomura non disse nulla, stava ascoltando.
«Forse dovrei andarmene.»
«Cosa?»
Chiese sorpreso Shigaraki.
«Andarmene da qui prima che tu... che... arrivi il tuo momento...»
Continuò, stringendo di più la mano rugosa dell'altro.
«Perché? Tu mi... tu servi all'associazione.»
«Lo so, ma per me è la cosa migliore.»
«Per te? E a me non ci pensi?»
«Io voglio andarmene proprio per te!»
Sbottò Dabi, alzandosi e lasciando di conseguenza la mano di Tomura.
«Non capisco cosa vuoi dire.»
«Io non devo più vederti. Non voglio restare più deluso di quanto potrei restare ora continuando il nostro rapporto.»
«Quindi vorresti rifilarmi la scusa che è per il bene di tutti e due?»
«Io non sto inventando scuse. È così e basta, Tenko.»
Rimasero in silenzio per un po'.
«Io... io... tu... fai come ti pare. Io devo assolvere il mio compito, non farò cambi di programma per te.»
Disse Tomura, provando ad essere autoritario, pur tremando con la voce. Dabi non rispose più, guardò un'ultima tolta l'uomo davanti a lui, poi uscì dalla stanza sbattendo la porta.

»Villain I'm not - Kiribaku«Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora