Capitolo Dodici

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Capitolo Dodici

Quello che si vede da qua su è qualcosa di sensazionale.
È fantastico poter vedere la torre del Big Ben dall'alto, il London Bridge illuminato, le case...

Le persone da qua su sono così piccole, camminano veloci, ognuna pensando a ciò che deve fare.
Chi torna da una pesante giornata di lavoro, chi ora sta andando a lavorare, chi corre al negozio per non perdere l'ultima offerta per la carta igienica, chi è uscito semplicemente per fare una passeggiata e chi sta correndo a casa per raggiungere la sua famiglia...

Punto di vista di Harry

Angel è letteralmente spiaccicata contro il vetro della cabina guardando il panorama con occhi sognanti.
Ma cos'avrà di tanto speciale questo panorama? Io odio Londra, non vedo l'ora di andarmene da qui. Vorrei andare a vivere in America a fare chissà cosa.
Londra è così monotona, quel fottuto cielo costantemente nuvoloso, la gente che va tutta di fretta, le case fottutamente tutte uguali...
Odio Londra. Punto.

Quanto cazzo è sexy la ragazza davanti a me nella sua felpa e i suoi jeans? La felpa si è alzata leggermente lasciando in vista il suo di dietro perfettamente stretto nel paio di jeans chiari. Cosa le farei...

Quando scendiamo dalla noiosa ruota panoramica sono molto più sollevato (cosa alquanto strana visto che ora sono più in basso)
Si okay, è il compleanno di Angel quindi dovremmo fare ciò che piace a lei, però, avanti: la London Eye?
«Ti è piaciuto?» le chiede Louis una volta che siamo scesi tutti
«Sì!! È stato fantastico!» batte le mani saltellando. Sembra proprio una bambina.
Quanto entusiasmo per una stupida ruota panoramica...

Punto di vista di Angel

Siamo in un pub e stiamo ordinando qualcosa da mangiare. Abbiamo fatto un giro per la città e ora siamo tutti molto stanchi.
«Cosa prendi tu?» mi chiede annoiata la cameriera dopo che ha flirtato apertamente con Harry
Questa cameriera mi sta molto antipatica e ho un'inspiegata voglia di farle perdere tempo.

«Ehm... un'insalata, no anzi: un panino! No: una pizza! E... una Coca Cola! Sì, con una cannuccia, viola! Mi raccomando!» le dico.
«Quindi: una pizza e una Coca Cola con la cannuccia?» mi chiede per conferma sbuffando.
«No! Come ha fatto a sentire questo? Non si somigliano nemmeno le parole! Le avevo detto un bicchiere d'acqua!» la rimprovero facendo finta di arrabbiarmi.
«Quindi un bicchiere d'acqua?» chiede nuovamente acida.
«Ehm... sì» le dico facendo spallucce innocentemente
«Qualcos'altro?» chiede a tutti
«Si! Una cannuccia viola!» le dico e la vedo sbuffare ancora prima di correre praticamente via.

Comincio a ridere, che idiota! Così impara a flirtare con i clienti!
«Sei stata fantastica Angel!» mi dice Zayn battendomi il cinque.
«Si! Una cannuccia viola!» mi imita per poi scoppiare ancora di più a ridere.
«Ma perché l'hai fatto?» mi chiede Harry che non sembra neanche un po' divertito.
«Mi stava antipatica» alzo le spalle
«O perché ci provava con me?» mi chiede Harry malizioso.
«Ti piacerebbe...» rispondo ammiccando.
La serata passa così, tra scherzi e chiacchiere e verso mezzanotte ci ritiriamo a casa.

00:00.
È appena finito il mio compleanno e sono finalmente maggiorenne!

***

«Angel, c'è mamma al telefono!» mi dice Louis. Sbuffo prima di prendere il telefono e rispondere. Lui ha sempre avuto un rapporto migliore con nostra madre, io sinceramente non sono mai riuscita a capirla. Prima dice di amare papà, e poi, quando muore, non se ne frega proprio.
«Pronto?» rispondo in Italiano
«Angela, ho parlato con tuo fratello. Dovete venire in Italia per una questione abbastanza importante» mi dice tranquillamente mia madre. Lei mi chiama Angela, è italiana e si rifiuta di usare nomi stranieri. Non so come mai il mio nome e quello di Louis siano inglesi, probabilmente mio padre l'avrà costretta, o qualcosa del genere...
«Cosa?» praticamente urlo.
«Dovete venire in Italia, devo dirti una cosa importante e Luigi dovrà accompagnarti» mi ripete mia mamma.
«Si chiama Louis, e io non posso venire in Italia così all'improvviso!» ribatto
«Bè, ma dovrai» risponde tranquillamente.
Cosa ci può essere di così importante da dover addirittura tornare in Italia?
«Si okay, quando?» le chiedo scontrosa
«Questo pomeriggio dovete partire, poi tornate quando volete» risponde.
«Tu ora mi dici di dover partire questo pomeriggio?» le urlo al telefono
«Sì, ciao. Ci vediamo dopo» mi dice e attacca senza neanche darmi il tempo di rispondere. Sì: ho una mamma stronza se non si fosse capito.
«Che stronza» borbotto in italiano
«Dovresti sapere che anch'io conosco l'italiano e le capisco queste cose, quindi è inutile che borbotti come se non ti capissi» mi dice Louis
«Ma come fai a sopportarla?» gli chiedo stendendomi a testa in giù sul divano. Sin da piccola è una cosa che faccio quando sono nervosa.
«La sopporto semplicemente perché è mia madre, e lo è anche per te e dovresti sopportarla» mi dice
«Ma come fai a sopportare una persona che non ha versato una lacrima quando è morto nostro padre?» gli chiedo.
Sospira senza rispondermi.
Non parliamo mai di questo. Ogni volta che metto in mezzo l'argomento, svia il discorso. Però forse semplicemente non ha voglia di ricordare il momento in cui è morto nostro padre...

***

«Angela, ora che hai compiuto diciotto anni, posso parlarti di questa faccenda importante» mi dice mia madre.

Siamo arrivati e mia mamma è andata dritta al sodo, senza abbracci e baci. Anche se dubito che io l'avrei abbracciata...
«Parla» le dico svogliatamente
«Ricordi quando ti dissi che tuo padre era morto?» mi chiede mia madre. Odio il fatto che dica vostro padre e non mio marito o papà.
La mia mente scorre tutta la scena di quel giorno: gli occhi di mia madre per niente tristi o rossi per le lacrime, il viso rilassato e per niente infelice...
«Sì» annuisco
«Bene. Quel giorno vostro padre mi lasciò dicendo che non ne poteva più di stare con me, non ci amavamo più. E mi disse di non dirvi che era scappato fin quando non aveste compiuto diciotto anni. Mi disse di inventare una scusa, e la prima cosa che mi venne in mente fu dirvi che era morto» dice mia madre.

«Quindi, tu mi stai dicendo che nostro padre non è morto?» le chiedo alzandomi dalla sedia su cui ero seduta e alzando la voce.

«Sì» risponde e sembra che la cosa non la tocchi per niente.

No, non è possibile. Per otto anni ho creduto che mio padre fosse morto, sono stata male, e ho incominciato anche a tagliarmi dopo che in realtà lui se la spassava con chissà chi...
In un istante mi accorgo che ci sono tante piccole cose che mi avrebbero portata a scoprire questo particolare, ma mai avrei pensato che potesse essere così:
non c'è mai stato un funerale, non ho mai saputo dove si trovasse l'ipotetica tomba di mio padre...

Guardo Louis aspettandomi di trovarlo nel mio stesso stato ma vedo solo un volto preoccupato, consapevole.
«Aspetta: tu lo sapevi!» gli urlo contro.
«Tu sapevi che papà non era morto, sapevi tutto! Sono finita all'ospedale, sono stata male e tu sapevi tutto questo? Io... io non ci posso credere, sono stata tradita dalla persona di cui mi fidavo di più!» gli dico sbattendogli un dito contro il petto.

Sento gli occhi riempirsi di lacrime ma prima che possano scendere dai miei occhi corro in bagno e chiudo la porta a chiave.
C'eravamo promessi di dirci tutto, e io ho mantenuto la promessa. Ma lui no.
Quindi, a che serve mantenere le mie promesse quando lui è il primo a non rispettarle?
In un attimo ho già la lametta in mano. Tolgo i migliaia di braccialetti sui miei polsi e la posiziono ad un lato del polso.
Con forza traccio una linea che parte da destra verso sinistra, un'altra da sinistra verso destra e così via. Cado sulle ginocchia piangendo e continuando con quella tortura per i miei polsi.
Il sangue si mischia alle mie lacrime e non sento dolore, solo odio. Odio per le due persone che sono nell'altra stanza e mio padre...

L'unica domanda che mi passa nella testa è «Perché?» .

Perché a me?
Perché mio fratello me l'ha tenuto nascosto?
Perché mia madre è così stronza?
Perché mio padre è andato via?

Eppure non trovo risposte, neanche una.
Continuo a piangere e nelle pareti del bagno riecheggiano solo i miei singhiozzi.
Quando non ho più forze, mi appoggio con la schiena contro il muro continuando a piangere. Vedo sfocato probabilmente a causa delle lacrime.
«Angel! Angel, apri questa cazzo di porta! Angel! Rispondi! Ti prego!» continua a urlare Louis.
Vorrei rispondergli, dirgli di andare via, che non deve importargli niente di me, ma dalla mia bocca non esce nulla se non altri singhiozzi.
«Angel! Apri o butto giù la porta! Angel!» continua a urlare, ma io sono senza forze, non riesco a parlare o a muovermi. L'unica cosa che riesco a fare è piangere.


•All Of Me Hates You• H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora