Capitolo Ventuno
«Okay, ci vediamo domani. Ciao!» Esco dal locale. Sono le cinque del mattino ormai. Ho servito cocktail e intrattenuto persone tutta la sera. Avrei bisogno di un meritato riposo, ma non posso. Se voglio avere un futuro e andare al college, devo guadagnarmi da vivere come si deve. Mentre cammino per le strade di Roma, ripenso ad Alina. "Guardati. Non puoi vivere senza di lui. Indossi quella felpa per nascondere il tuo corpo, ma guardati le gambe: sono stecchini. Non stai più mangiando. E quelle occhiaie? Non dormi più." Se ne è accorta anche lei. Non mangio e non dormo da giorni. Sono debole e non me ne frega niente. Mi sento comunque bene con me stessa, è così che voglio essere. Non posso essere nient'altro che una nullità. Alzo il cappuccio della felpa e m'incammino velocemente per raggiungere l'autobus che sta per partire. Pian piano che mi avvicino a casa mia, le canzoni che ascoltano mi sembrano una peggio dell'altra. Love Story. Nothing like Us. We Belong Together. Fino a che non sento questo ritornello. <Cause you only need the light when it's burning low/ Only miss the sun when it starts to snow/ Only know you love her when you let her go/ Only know you've been high when you're feeling low/ Only hate the road when you're missing home/ Only know you love her when you let her go.> Mi si stringe il cuore ad ammettere che è questo che mi ha fatto Nash. Mi ha lasciata andare senza nemmeno combattere. Spero che si senta così, come cantano i The Passengers. Spero che sentendo il ritmo della batteria così forte e tagliente si penta di avermi fatto questo. Perché lui era ciò che illuminava le mie giornate, mi faceva sentire bene, amata e voluta. Solo tra le sue braccia trovavo conforto, e anche ora, ma so che non posso andare da lui. Non mi vuole. Mi avrebbe cercata in queste settimane, e invece non ho più sentito parlare di Nash Grier da nessuna parte. Scendo nella capolinea dell'autobus e mi faccio a piedi la strada del consorzio fino ad arrivare a casa. È una lunga camminata visto che ci metto almeno mezz'ora. Arrivo che il sole illumina bene il giardino. Raggiungo la mia stanza con il solito passo da zombie e mi dirigo in camera mia esausta. Mi butto sul letto come un peso morto lasciando cadere a terra la borsa. Sto stesa sul letto fino a che non m'addormento. Ripensandoci, nei miei sogni l'ho rivisto un milione di volte Nash, e ogni volta mi si spezzava il cuore. Vedere quegli occhi azzurri stupendi, innamorarmi di nuovo, e sentirmi abbandonata. Mi sveglia la suoneria del mio telefono. Lo cerco tastando tutto il materasso ma non lo trovo. Mentre m'incammino per prenderlo sulla scrivania, sbatto il ginocchio contro lo spigolo di qualcosa. Impreco e rispondo ancora assonnata. Non mi rispondono. «C'è nessuno?» chiedo saltellando su e giù per la stanza per far passare il dolore. Gemo silenziosamente. Ma chi è che chiama a quest'ora? E poi nemmeno si degna di rispondere. «Riattacco se non...!» M'interrompe a metà della frase. «Alex, non riattaccare!» Quella voce. Sento i singhiozzi arrivare. La riconoscerei tra mille. I giorni passati attraversano i miei occhi come un film in proiezione. «Nash». Riattacco. Il mio battito cardiaco aumenta facendosi sentire. Rischio di cadere nel sentir rimbombare il suo nome nella mia mente. Ho le gambe molli. Mi cade a terra il telefono dove continua ad apparire il nome di Nash. «No, no. Non posso.» Mi rannicchio in un angolo della stanza e guardo il telefono continuare ad illuminarsi. Mi abbraccio le gambe appoggiando il mento sulle ginocchia piegate. Voglio urlare.
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Oggi non lavoro in albergo. Devo solo servire al Piper, la discoteca dove lavoro, ma è un lavoro notturno quindi ho tutto il giorno libero. Nash non ha più richiamato, ma ha lasciato un messaggio. "Mi dispiace davvero tanto per quello che ho fatto, ti volevo solo proteggere. Non sono pronto a lasciarti andare via, non lo sono mai stato. Ti ho persa fin troppe volte per perderti di nuovo. Ti amo, principessa. Più di quanto abbia mai mostrato." E se dicesse la verità? Forse gli dispiace e non era sua intenzione abbandonarmi. Che vado a pensare. Non mi ha cercata, mi ha fatto sentire un'idiota davanti a tutti, a tutto il mondo. È stato così umiliante. «Alessandra!» Eccola, Alina. Mancava solo lei. «Come stai?» chiede prendendomi a braccetto. Mi stacco da quel suo contatto così amichevole e troppo intimo. «Starei meglio se tu non fossi qui.» Mi alzo dalla panchina su cui ero seduta e inizio a camminare il più velocemente possibile. Lei mi segue, come l'ultima volta. «Io invece sono super felice!» esclama. Poi si pianta davanti a me facendomi fermare. «Ma tu i giornalini non li leggi mai?» Scuoto la testa abbassando lo sguardo dai suoi occhi verdi. «Non voglio sprecare soldi per quelle sciocchezze.» Sbuffa. «Quelle sciocchezze mi hanno informata su molte cose tra cui la tua relazione con Nash, la passeggiata per i limiti di Miami con Nash, le cene con la famiglia di Nash, il weekend in North Carolina con Nash e anche» si blocca e si morde il labbro con un sorriso dietro le labbra. «Che sorridi?» chiedo con sospetto. «No, niente!» dice allontanandosi. «Devo andare ora. Ciao!» Quella ragazzina nasconde qualcosa. Decido di tornare a casa. Al parco ho camminato per dieci minuti e mi sono bastati per bruciate un po' di calorie. È ora di farmi una dormita. Verso le otto mi sveglio. Salto di nuovo la cena e mi preparo per andare al Piper. È sabato e sarà sicuramente pieno di gente, come ogni settimana. Indosso una felpa per non mostrarmi mezza nuda per strada. Il vestitino che mi fanno indossare è molto corto e consiste in due pezzi di stoffa uniti da un piccolo spago. È tutto ciò che ho trovato per potermi guadagnare da vivere. Nessuno vuole una drogata in ufficio. Una ex drogata. Mi trucco gli occhi e le labbra con un rossetto rosso molto rosso. Le mie labbra se lo possono permettere anche se non mi è mai piaciuta la sensazione di quella sostanza sulle labbra. È fastidiosa. Una volta pronta, indosso le mie Converse e mi dirigo fuori casa. Una volta arrivata, vado negli spogliatoi, mi cambio le scarpe con dei tacchi vorticosi e tolgo la felpa. Sono pronta a servire i clienti! L'idea non mi entusiasma, ma se ho fortuna, conosco un tipo simpatico e mi diverto con lui. Solo divertimento. Giusto per dimenticare. Sì, come no. Volevi dire "ricordare"?, chiede la parte razionale della mia mente con quello sguardo malizioso. Ricordare Nash e la notte delle lanterne che abbiamo passato in piscina. «Ehi, avresti dei fazzoletti? Mi sono versato un po' birra addosso.» Mi giro verso un ragazzo con la camicia tutta bagnata. «Un po' di birra?» chiedo prendendo i fazzoletti dal bancone che sta dietro di me. Gli asciugo il collo sfiorando la sua camicia bagnata con le dita. «Ti ci sei fatto il bagno.» Lui si mette a ridere e dopo mi prende una mano. Ed è così che finiamo nei bagni del locale a fare sesso come se non ci fosse un domani. Con la semplice scusa di non avere dei fazzoletti per pulirsi, questo ragazzo mi ha appena fatto riaffiorare dei ricordi forti che penso di aver dimenticato. La dolcezza con cui è entrato è ciò che rende il tutto più nitido. A differenza delle altre notti, questo ragazzo non ha fretta. Si gode il momento, come abbiamo fatto io e Nash quella sera. Nonostante fossimo nella piscina di uno sconosciuto, abbiamo fatto come se la notte non finisse mai. Lento e dolce. Alla vaniglia. «Piccola, sei fantastica!» dice rimettendosi i pantaloni. Mi alzo le mutandine ed esco dal bagno. Sento le lacrime scivolarmi giù, ma una mano impedisce che lo facciano. È lui. «Ti ho fatto male?» chiede accarezzandomi il viso. Scuoto la testa. Nessuno si era mai fermato a parlarmi. Dopo la classica "botta e via" mi lasciavano in bagno come si fa con una sventola. In quel momento lo osservo meglio. È moro e porta una bandana bianca sulla fronte. Strano, penso. Mi sorride cercando di dare alla scena un non so che di comico. Scoppio comunque a ridere senza motivo. «Che c'è?» chiede ridendo. La scena non ha proprio niente di comico. Anzi, ha molto di drammatico, ma non riesco a smettere. «Niente, sei... sei strano. E anche tu sei stato fantastico. Troppo fantastico» aggiungo con amarezza. Lui sorride. Porta l'apparecchio, ma nonostante questo è bello comunque. Ho appena scopato con lui. Perché non mi sento nemmeno un po' intimidita? «È una cosa brutta essere fantastici?» «No, affatto. È una cosa positiva. Stavo solo pensando ad alta voce.» Lui annuisce con la testa, poi mi porge la mano. «Comunque sono Taylor, piacere.» Esito un po' prima di stringergli la mano. «Che cosa stupida» esclamo. Lui mi guarda stranito. «Che cosa è stupida?» «Io e te. È stupido. Io sono stupida. Tu sei stupido.» Mi sento ubriaca. Lui mi guarda ancora confuso, poi ci rinuncia. Beve un sorso di birra dalla bottiglia nuova che ha ordinato, e poi la posa sul tavolo. «Sei fidanzata con un certo Nash, per caso?» Sbianco. Come fa a sapere di Nash? Anche lui legge giornalini per adolescenti in calore? «Hai urlato il suo nome mentre venivi» dice notando il mio sguardo interrogativo. Da bianca divento rossa. Non me n'ero nemmeno accorta. Che figura. «Non è nessuno. Non preoccuparti» dico scuotendo la testa. Lui non ne rimane convinto, ma decide di non pressare. «Tu come ti chiami, principessa?» Anche lui con questo nomignolo? «Alessandra, non principessa. Ti prego.» «C'entra Nash, scommetto.» Ha un sorriso davvero stupendo ma in questo momento vorrei dargli un pugno per farlo zittire. «Dai, tieni un sorso che ti serve.» Mi porge la bottiglia di birra che inizialmente rifiuto ma finisco per berla tutta. Una volta sbronza, mi sfogo con Taylor. Anche lui si è ubriacato con me, ma riesce ancora a sopportare l'alcol. «Ti piace, ragazza. Si vede da come ti brillano gli occhi quando ne parli.» Sbuffo ridendo. «I miei occhi brillano perché sono ubriaca, scemo!» Gli do una pacca sulla spalla. «Non mi piace Nash. Io lo amo.» Il suo sorrido si accende. «E allora che ci fai qui? Vai a dirglielo!» Mi tenta correre e prendere un altro aereo per Miami. «Lui non mi vuole.» «Allora perché continui a sperarci? Sai che non ti vuole, cambia ragazzo.» Fosse così facile cambiare ragazzo, come cambiare vestiti. «Nash è unico. Nessuno è come lui. A partire dai suoi occhi, quelli sono di per sé unici del loro genere. Per non parlare del suo carattere protettivo e dolce, così infantile e sempre pronto per» Il movimento di fianchi intorno a noi si placa. La musica si abbassa. Non mi sono nemmeno accorta delle luci abbassate su di me. «Alex...» Mi scappa una parola dalla bocca simile ad una bestemmia che fa smettere il mio cuore di pompare. La folla davanti a me si divide aprendo un sentiero in mezzo alla sala. Sento lo sguardo di Tay e quello di tutti nella discoteca addosso. Non ci faccio più caso ormai. L'unico sguardo che m'interessa è il suo. Quei bellissimi occhi azzurri illuminati dai riflettori. Sento la bocca e le labbra secche. L'alcol ha ancora effetto, sento l'adrenalina nel sangue che mi dice di scappare via. Faccio un passo lento verso di lui incapace di pensare o riflettere. Improvvisamente si sente un bicchiere cadere a terra e infrangersi, ed è in quel momento che le mie gambe partono ignorando la stanchezza della serata passata in piedi tra un bancone all'altro. «Alex, aspetta!» Mi dirigo verso l'uscita e continuo a correre una volta fuori. Stavolta però, Nash è più veloce e mi ferma prima di poter attraversare la strada. «Lasciami!» Mi dimeno. Sono sempre quella che cerca di liberarsi di lui ma non ce la fa. Vorrei piangere, ma l'alcol me lo impedisce. Mi sento forte e potente tanto da liberarmi dalla presa di Nash e scappare di nuovo. Entro dentro il primo taxi che trovo e mi faccio portare a casa. Nash mi starà seguendo ma come è successo con Taylor, trovo la cosa divertente. Nash mi segue, anche lui su un taxi. «Potrebbe seminarli?» chiedo al tassista indicando l'auto dietro. Lui fa un cenno d'assenso con la testa e in men che non si dica, ecco che scivoliamo tra le macchine perdendoli di vista. Arrivo a casa, pago l'uomo che mi ci ha portata e fiondo dentro chiudendo la porta a chiave. Rimango con la schiena appoggiata alla porta. Ho il fiato corto e le gambe cedono. Scivolo giù a terra e rimango seduta riflettendo sul da farsi. L'unica cosa a cui penso veramente però è lui. È a Roma. Cerca di riconquistarmi con la stessa moneta. Cavolo, non hai bisogno di riconquistarmi. Sono sempre stata e sempre sarò tua, Nash. Sempre. Ed ecco finalmente lo stridio delle ruote sull'asfalto. Deglutisco nervosamente prima di correre su per le scale e chiudermi in camera mia. Sono felce e allo stesso tempo arrabbiata con lui. Se ce lo avessi davanti sarei indecisa tra strozzarlo e baciarlo. Mi sdraio semplicemente nel letto in attesa di qualche serratura forzata. No, Nash non farebbe mai una cosa simile. Chiudo gli occhi sperando e non sperando che sia un sogno, ma realizzo che è tutto reale. Richiudo gli occhi, stavolta per l'agitazione. Improvvisamente qualcosa colpisce la mia finestra. Mi giro e lo vedo arrampicato sul ramo di un albero che cerca di rimanere in equilibrio. Fa un salto e raggiunge la mia finestra. «Alex, aprimi.» Lo guardo ancora incredula. «Cazzo, Alex. Sto per cadere.» Spalanco la finestra e lo faccio entrare. Con un balzo me lo ritrovo in camera mia. Non riesco a parlare. Non serve. Inizia lui. «Ciao» mi saluta con un sorrido nervoso. «Come stai?» balbetta cercando di avvicinarsi a me e ottenendo il risultato contrario. Si ferma quando si rende conto che non lo voglio vicino. Ha una faccia abbattuta e le sue guance sono scavate, come le mie. «Come osi venire da me?» chiedo con disprezzo. Lui ha uno sguardo ferito sotto le palpebre socchiuse, non lo vedo ma lo percepisco dal suo silenzio. «Pensavo fosse meglio per tutti se non ci parlassimo più, se tagliavamo tutti i ponti, no?» Parla, Nash! Mi sento un'idiota. Una povera illusa che pensa di stare meglio se la persona che la fa sentire bene le sta lontano. Fammi credere il contrario, cambiami di nuovo, Nash. «So di averti ferita» dice lentamente, «e so che non sarà facile farmi perdonare, ma devo dirti come stavano davvero le cose.» Mi fa sedere sul letto sempre mantenendo le distanze, e mi racconta in modo dettagliato tutto quanto. A partire dall'incontro con questo tizio ad Orlando sotto minaccia, le chiamate anonime sempre di minaccia effettuate da uomini che chiedevano soldi in cambio della salvezza delle persone a lui care. Una in particolare. Io. Per questo Nash, non appena ha avuto l'occasione, mi ha allontanato. Per non farmi andare a finire sul mirino di quei tizi. Un po' sono sollevata, ma mi sento anche in colpa. «Quindi, ora non corro nessun pericolo? È stato arrestato?» Lui annuisce. Si avvicina, stavolta non faccio niente per impedirglielo. Anzi, mi avvicino anche io. Avvicino il viso al suo ancora incredula che lui sia qui per me. «Mi ami ancora?» chiede a bassa voce. Annuisco e lo bacio. Da quanto ho aspettato questo momento. Per quanto tempo l'ho sognato. Ora è reale. Siamo di nuovo noi, ed è incredibile quanta forza si possa recuperare con un bacio. Le sue mani mi accarezzano la guancia spigolosa. «Sei dimagrita» dice staccandosi dal bacio e guardandomi. «Hai mangiato?» chiede. Non faccio in tempo a rispondere che sento dei conati di vomito. Corro in bagno sperando di non fare un'altra figura pure con Nash. Fortunatamente riesco a raggiungere la tavolozza in tempo. Nash deduce da solo che la risposta alla sua domanda è no. «Vieni. Ti cambi e poi andiamo a mangiare, ok?» Annuisco. Sono stordita e ora sento il sapore schifoso dell'alcol sulle pareti della bocca e sulla lingua. Sono incapace di fare movimenti e mi sento debole e leggera come una piuma (püma hahaha). Nash mi aiuta ad alzarmi e mi spoglia. Inizialmente mi vergogno, ma lui mi alza dolcemente le braccia facendomi calmare. Entro dentro la vasca che lui ha furtivamente riempito mentre ero distratta. «Sei magrissima» dice a bassa voce come se stesse discutendo con se stesso. Ha un'ombra di delusione sotto le ciglia ma lo nasconde distogliendo lo sguardo. Mi lava e mi pulisce tutto il corpo mentre inizio a perdere coscienza.
Ecco il capitolo ventuno. Spero che vi piaccia! So di aver pubblicato in ritardo e ora è l'1:37. Che orari... Va be', io può! Spero che siate soddisfatte ora che Nash è a Roma. Ho aggiunto anche Taylor Caniff alla storia ma onestamente non so che parte dargli. Cameron già funge da migliore amico di Nash e Alex, e già ci sta Nicole. Un 'altro migliore amico? Vedremo. Poi il fatto che hanno scopato... mmmm... Alex birichina! Votate, mi raccomando. E una cosa:
Per tutte le Vampette, e anche per le non Vampette, c'è una fan fiction stupenda su James che sto amando troppo. S'intitola | wild heart ❤️ | ed è di _irwinsdrum Leggetela!
- AlessandraDiacos
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Life of the Party
FanfictionAlex attraverserà mezzo paese per un ragazzo che ha conosciuto attraverso internet. Sarà quello giusto? Sarà all'altezza? Non lo ha mai visto. Se ne pentirà?