31. The Library

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Capitolo Trentuno (+14)

Torno a casa verso l'una di sera. È tardi, lo so, ma Cameron si è comportato da stronzo con James. Chi si crede di essere?! Ha persino finto un fidanzato così che lui mi stia lontana e altre cazzate varie. Non ci credo. Onestamente non ricordo com'era lui prima che io perdessi la memoria, ma se continua ad essere così dubito di voler rimanere ancora lì. «Sicura di non voler venire da noi?» Scoppio a ridere e do a James una pacca leggera sulla spalla. «Da voi, dove? In autobus? A malapena ci state voi, dove hai intenzione di mettermi?» Ho scoperto che ha tirato su una band e che ora girano per il paese a bordo di un pullmino hippie rosso della Volkswagen. James ed io usciamo dal veicolo e ci dirigiamo verso casa, ma invece di continuare lo prendo per il polso e inizio a correre ridendo fino ad arrivare alla fine della strada dove mi guarda divertito e mi asseconda avanzando. «Ti avverto, è un rapimento!» urlo a squarciagola continuando a correre. Gli sorrido mentre lui mi segue assecondando la mia pazzia. «Vieni qui!» dice tirandomi contro una corteccia. Siamo nascosti da un paio di alberi giganteschi, e ridiamo ancora come due bambini. I nostri cuori sbattono uno contro il petto dell'altro. La sensazione è famigliare a quel giorno in biblioteca, quando...

Flashback w/ Alex's POV

James ed io stavamo ripassando storia, quando improvvisamente la bidella ci rimproverò per aver fatto troppo casino con i libri. In verità non erano nostri, ma dei ragazzi più grandi che avevano studiato accanto a noi. Rimanemmo qualche minuto per sistemare la biblioteca, quando improvvisamente le luci si spensero e la porta si chiuse. Rimanemmo con il fiato sospeso fino a che James non bisbigliò: «Ci hanno chiusi dentro.» Avevo il cuore a mille, ma non smisi di sorridere. Appoggiai su un tavolo i libri in cuoio che avevo in mano e sorpresi James saltandogli addosso. Ero euforica e il buio rendeva tutto più eccitante. Lo baciai dappertutto mentre lui con le mani vagava sotto il tessuto dei miei indumenti. Doveva essere una giornata calda, primaverile. James indossava una canottiera leggera che riuscì a levare facilmente. Successe tutto con così tanta velocità, per paura di essere beccati, e con così tanta lentezza, per poterci godere al massimo la nostra prima volta. C'erano i nostri corpi nudi e sudati che si muovevano insieme come fossero tutt'uno. Mi sentivo bene. Strano a dirsi, sul tavolo della libreria di scuola circondati dalla penombra e dai libri della sezione di psicologia. «Alex, stai bene?» chiese lui mordicchiandomi l'orecchio e palpandomi il sedere con una mano. Alzò la testa per guardarmi, riuscì a sentirlo sorridere. Lo baciai e non smisi fino a che non entrò di nuovo dentro di me. Sentivo i muscoli irrigidirsi e rilassarsi, un dolore forte e un piacere indescrivibile allo stesso tempo. Vedevo la sagoma di lui controluce, e vedevo buio intorno. Una musica, un ritmo, un qualcosa di stupendo rimbombava nelle mie orecchie e riempiva la mia mente, come anche la stanza facendomi perdere il controllo di tutto. Era come perdere i sensi, e riprenderli immediatamente. Sentivo tutto, e non sentivo niente. Sentivo la mia voce chiamare dolcemente James, ma non sentivo le urla dei ragazzi che uscivano da scuola. Sentivo le grandi mani di James toccarmi e accarezzarmi, ma non sentivo le mie unghie affondare sulla sua schiena. Lo sentivo dentro di me, lo sentivo al pieno.
Click! La luce si accese proprio mentre stavo chiudendo la zip dei pantaloni. James era davanti a me che cercava la canottiera. Tra le varie mensole riuscì a scorgere il viso della preside che era entrata con in mano dei libri. Aveva un'espressione severa in viso, molto severa. Le poche volte che l'avevo vista durante gli anni precedenti, mi era sembrata simpatica. Lo sguardo felice e rilassato di James riuscì a rilassare anche me, ovviamente ero ancora scombussolata, ma anche io ero felice. «Mi dispiace interrompervi, ma mi hanno detto che eravate qui a sistemare i libri e visto che ne ho un altro paio da restituire, pensavo di affidarli a voi. Spero che il guasto elettrico sia stato di vostro gradimento perché di sicuro l'espulsione non lo sarà.» Improvvisamente, come se si fosse volatilizzata, ce la ritrovammo accanto con lo sguardo sui nostri volti. Il fisico pazzesco di James non la distrae - per fortuna - ma la sua punizione ci lascia sorpresi. Visto che non riuscivo a spiccicare parola, ci pensò James a competere con la stronza. «Scusi ma, la scuola finisce tra due giorni. Non può espellerci.» Un sorriso malefico le ombreggia il volto. «Caro signorino McVey, non è la prima volta che una coppia di studenti si va a rifugiare in uno dei locali meno frequentati dalla scuola tre giorni prima che finisca, per fare le sue idiozie. Da lei sicuramente me l'aspettavo, ma...» si volò per guardarmi bene, «... da lei signorina, proprio no. Dimenticatevi la festa di fine anno, e lei dimentichi la sua borsa di studio per Londra. Questa cosa le è costato il futuro.» Girò i tacchi prima di voltarsi un'ultima volta e dire: «La prossima volta, ci pensi due volte prima di fare una scemenza. Mi riferisco ad entrambi.» Non appena la porta si chiuse, liberai un sospiro che però non fu di sollievo. Ripresi a respirare sempre più affannosamente. «Perché non me l'hai detto?! Perché non mi hai detto che avevi una borsa di studio per Londra?! Mi sento una merda, James. Ti ho rovinato la giornata, la festa di fine anno, il futuro. Avresti dovuto dirmelo!» Stavo delirando, ma James mi prese per le spalle e mi tenne in modo saldo così da poterlo guardare dritto negli occhi. «Non hai rovinato niente», iniziò a dire con un sorriso stupendo e degli occhi cristallini che non riuscivano a nascondere la chiarezza della sua incontenibile felicità, «non hai rovinato assolutamente niente, anzi, hai migliorato tutto. Lo hai fatto a partire dai miei occhi: io non ho mai visto niente di più bello dopo aver visto te, e non sono più lo stesso James da quando ti ho sentito cantare sotto la doccia di Jasmine. So che non avrei dovuto essere lì ad ascoltarti, ma per colpa del destino, ti ho sentito dal vialetto e mi sono avvicinato.» Era lui. Sapevo che c'era qualcuno quel giorni, ma mi limitai a chiudere la finestra e continuare. «Sei ogni cosa che ho. Posso perdere la mia chitarra, posso perdere la mia voce, posso perdere i miei capelli... ma se perdo te, non ha più senso rimanere.» Come una stupida gli chiesi: «e che mi dici della borsa di studio?» Sentivo il senso di colpa mangiarmi viva. Lui rise e disse: «Le passerà, ha solo bisogno di...» fece dei gesti con la mano di spinta, e scoppiai ridere. «E comunque, una borsa di studio non vale quanto te.» E mi baciò come non mi baciò mai nessuno, nemmeno lui prima di quel momento.

Okay. Questo è tutto ciò che riesco a scrivere durante la settimana. Spero sia abbastanza per voi. Ricordate di leggere la storia di Donotouchmyhoney e Whn The Sun Goes Down di ssophie__
Ricordate di votare e commentare in tante. Mi fa piacere leggere i vostri commenti, anche se negli ultimi due capitoli non ne ho visti molti. Commentate, vi prego :) Li leggo e li rileggo all'infinito con molto piacere.

- AlessandraDiacos

Life of the PartyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora