33. Forgotten Memories

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Capitolo Trentatré

Nash's POV

Laura mi aveva dato appuntamento al bar-ristorante dell'albergo, e infatti puntualmente la trovo al tavolo davanti al bancone che consuma qualcosa. Ha i capelli biondi raccolti in una lunga coda che tiene sulla spalla facendola scivolare sul petto. Indossa una canottiera larga che le scopre molta pelle, e dei pantaloncini in jeans. È cambiata molto da quando la conosco, e devo dire che è in forma. Non faccio in tempo ad attraversare il locale che lei si gira e mi guarda con quei occhi verdi incorniciate da ciglia lunghe e voluminose. Corre verso di me con lo sguardo legato al mio, ma non riesco a ricambiare perché la mia mente è accecata da Alex. «Nash!» urla correndo verso di me. Ha la solita voce dolce e vellutata di cui ci si può innamorare subito. «Nash, mi sei mancato.» Mi abbraccia, e inizia a piangere sulla mia spalla, mentre io, immobile, le sfioro a malapena la maglietta. «Nash, dobbiamo parlare.» Mi prende per un braccio e mi fa sedere in un tavolo. Ordina qualcosa per entrambi nonostante la mia assenza mentale, e rimane in silenzio a fissarmi. «Dobbiamo parlare, lo sai?» chiede accarezzandomi delicatamente il dorso della mano, come facevo io a lei tempo prima. Cambio posizione costringendo il contatto a rompersi. Lei ritrae il braccio capendo il messaggio, e si schiarisce la voce. «Io non ho niente di cui parlare, Laura.» Lei è infastidita dalla mia indifferenza, ed è la prima volta che la vedo così a disagio. Guardo fuori dalla vetrata sperando che questa cosa finisca subito, così che io possa tornare da Alex il prima possibile, ma come un'improvvisa ventata d'aria, Laura si avvicina al mio viso e...

Alex's POV

L'albergo in cui alloggiamo ci ha preparato due stanze vicine al terzo piano. Cameron ha detto che deve presentarmi una persona importante, ma per quanto cerchi di ripetere il nome "Nash Grier" non mi viene in mente niente. Ci aggiriamo per i corridoi dell'hotel in cerca delle stanze, e finalmente le troviamo. Si trovano al ventesimo piano del bellissimo edificio color avorio che si affaccia al mare. Navigando sul sito, ho scoperto che la vista migliore si ha nel ristorante dell'albergo, e quindi penso di andare proprio lì. Cameron ha detto di voler prima riposare, e lo capisco: dopo il lungo viaggio che abbiamo fatto e tutto lo stress che gli ho procurato in queste ultime settimane è giustificabile. In cambio, io che non soffro di jet-lag e stress, ma solo di una terribile perdita di memoria, me ne vado in giro. La mia mente però è concentrata, perché vuole sapere a tutti i costi chi è Nash Grier e perché Cameron ci tiene tanto a farmelo ricordare.
Raggiungo la hall dove chiedo indicaIoni per il ristorante, e me lo ritrovo alla mia sinistra con le luci del tramonto che la illuminano. È semi vuota, la parte dove la gente è concentrata non è quella che mi interessa. Mi siedo quando uno dei camerieri si avvicina a me con espressione sorridente in viso e con fare da corteggiatore, e mi chiede: «posso fare qualcosa per questa bellissima signorina?», sorrido radiosa per ricambiare il suo, e con fare civettuolo ordino del caffè e converso un po' con lui fino a che non abbiamo più niente di cui parlare. Non è il mio tipo, onestamente, ma è carino. Ho scoperto che si chiama Kyle, ed è inglese, ma si è trasferito qui a Sidney per la sorella. Guardo ammirata le onde del mare che infrangono gli scogli, incuranti, lo fanno con forza senza rimpianti. Si buttano e fanno ciò per cui sono stati creati. Mi concentro su quel rumore secco e diretto, e chiudo gli occhi. Quando lo faccio però, mille immagini mi appaiono davanti. Apro improvvisamente gli occhi trovandomi davanti Kyle che mi guarda preoccupato. Mi tiene per mano mentre con l'altra sorregge la tazza di caffè. Kyle ha gli occhi azzurri, che mi guardano con desiderio e preoccupazione. «Il mare...» balbetto, «La spiaggia...». Ora ricordo, ricordo tutto. A partire dal mare, dalla spiaggia, dal lago esattamente, da Roma, da... Lui: lui che ora si trova tra le braccia di una ragazza e la sta baciando, si stanno baciando come se il mondo non esistesse. «Nash», mi scende una lacrima, ma una mano l'asciuga. Kyle. Cerco di sorridere e ignorare l'accaduto, ma come? Persino l'arduo desiderio del ragazzo che mi sta davanti è sparito perché si sentiva di troppo. «Ehi, tutto bene?» chiede sorridendomi con il viso a due centimetri, se non meno, dal mio. «Sto bene», rispondo alzandomi e bevendo il caffè in un sorso. Mi brucio la lingua, e inizio ad respirare affannosamente facendo ridere il ragazzo davanti a me. «Sicura di stare bene? Posso accompagnarti in camera o...» «Sto bene!» urlo facendo girare tutti, anche Nash, purtroppo. Nell'incontrare il suo sguardo, mi torna il dolore alla testa del ricordo. Il ricordo di quei sentimenti mai provati, di quei sentimenti sepolti dentro ricordi dimenticati.

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