Leggete la nota d'autore al fondo del capitolo per piacere. 🖤
Giugno 1989, venerdì ore 15:33
Stanley Uris
Mike aveva terminato di raccontare la sua storia da più di dieci minuti e da quando ciò era accaduto nessuno si era azzardato ad esprimere commenti. Non ce n'era stato bisogno, ognuno di noi era a conoscenza che il ragazzo stesse dicendo la verità. Bill aveva cominciato a vagare inquieto per la stanza, cercando di venire a capo della situazione con qualche brillante intuizione. Richie ed Eddie si erano seduti sul tavolo posto al centro della camera; lo sguardo vacuo e terrorizzato rifletteva lo stato d'animo provato da tutti i presenti. Ben era scomparso tra gli scaffali da parecchio tempo e avevo la certezza che si trovasse ancora con noi soltanto grazie ai rumori occasionali che produceva agguantando qualche libro o sbattendo accidentalmente contro il mobile in legno. Il nuovo arrivato si era limitato ad appoggiarsi contro al muro e a fissare il vuoto perdendosi nei propri pensieri. Fu Beverly a modificare lo svolgimento dei fatti allontanandosi dalla zona in cui si trovava per poter parlare con Bill, che sembrava sul punto di avere una crisi di nervi. La solita sensazione di gelosia ed invidia mi pervase facendomi provare un improvviso gelo. Nonostante avrei voluto distogliere l'attenzione dalle due figure in piedi dall'altro lato della stanza non riuscii ad interrompere il contatto visivo. La giovane sussurrò una frase all'orecchio del moro e anche se non compresi l'argomento della loro discussione dedussi che si trattasse di me quando ella incrociò il mio sguardo; dalla sua espressione preoccupata non doveva trattarsi di una buona notizia. Scostai le pupille da quelle di Beverly rapidamente, quasi come se temessi che la mia amica potesse carpire ogni pensiero che formulavo. Tirai un sospiro frustrato scrutando con disinteresse il muro bianco di fronte a me. La scelta di non raccontare ciò che avevo visto in casa mia era stata presa a mente lucida e razionale, perciò non provavo alcun risentimento.
Probabilmente avrò avuto soltanto un'allucinazione. La camera era buia e mi sarò lasciato trasportare dall'immaginazione e dalla soggezione, a volte può capitare con la giusta atmosfera.
Eppure nonostante queste rassicurazioni che continuavo ad impormi ero certo che fosse accaduto davvero. La melodia suonata dal flauto mi era del tutto estranea e per quanto potesse essere fantasiosa la mia mentre i movimenti rapidi e scaltri di quell'essere sembravano fin troppo reali.
Tornai al presente nell'istante in cui una mano si appoggiò sulla mia spalla, facendomi sobbalzare dalla sorpresa. Voltai il capo di scatto a sinistra ed accanto a me riconobbi la figura del ragazzo che avevo appena conosciuto. Mike mi rivolse un'espressione allarmata ed affranta, come se detestasse continuare a spaventare involontariamente tutti.
<< Va tutto bene? Sembravi...preoccupato. >>
Terminò incerto, incapace di trovare le parole adatte. Compresi il motivo del suo sentirsi a disagio quando mi resi conto di star tremando come una foglia; la situazione non poteva essere più imbarazzante di così.
<< Sto bene, ero soltanto sovrappensiero, tutto qui. >>
Ribadii forzando un sorriso, in realtà in quel momento avrei voluto sprofondare nel pavimento e scomparire.
<< Non ti ho mai visto in giro per Derry, sei arrivato da poco? >>
Domandai nel tentativo di dissimulare l'imbarazzo, le relazioni sociali non erano il mio punto forte.
<< In realtà vivo in periferia, per questo motivo passo raramente in città. Vengo solamente per qualche lavoro occasionale o delle consegne. >>
<< Capisco...comunque mi chiamo Stanley Uris, ma puoi chiamarmi semplicemente Stan. >>
Proclamai allungando la mano verso di lui. Il giovane mi scrutò allegro e rivolse un caloroso sorriso; percepii le guance andare a fuoco e dedussi di essere arrossito.
<< Piacere Stan. >>
Ricambiò la stretta.008 (Eddie)
La mia attenzione era focalizzata sulle gambe che dondolavano a ritmo alternato sospese a mezz'aria. Esse erano troppo corte ed i miei piedi non riuscivano a toccare terra. Richie si trovava accanto a me e dal momento in cui ci eravamo recati in quello scantinato non mi aveva mai rivolto la parola. La tensione era palpabile e ogni mio tentativo di conversazione era stato troncato brutalmente dal ragazzo, che si limitava a rispondere a monosillabi o con un semplice cenno del capo. Temetti che questa reazione da parte sua fosse stata scatenata dal nostro incontro avvenuto in mattinata, ma sperai si trattasse soltanto di una paranoia autoindotta.
Sarà solo terrorizzato da ciò che è successo negli ultimi giorni, lo siamo tutti. Sarebbe strano se accadesse il contrario.
Dovevamo affrontare un nemico di cui non conoscevamo nemmeno l'origine e la provenienza; un adulto sano di mente ne sarebbe rimasto traumatizzato.
<< Beh ragazzi, non so voi ma personalmente tutta questa faccenda mi lascia parecchio confuso. Vado a prendere una boccata d'aria fresca per schiarirmi le idee. >>
Proferí improvvisamente Richie balzando con uno scatto giù dal tavolo e provocando un tonfo sordo sul pavimento. Cominciò a dirigersi verso la gradinata ancor prima che potessi ribattere a ciò che aveva detto.
<< Aspettami, vengo con te. >>
Egli si arrestò di colpo e voltò lievemente il capo nella mia direzione. Sul suo viso apparve un'espressione combattuta e quando parlò la voce risultò incerta e amareggiata, quasi come se provasse dispiacere in ciò che stava per riferire.
<< Sarebbe meglio di no, ho bisogno di restare da solo. >>
Dopodiché continuò la propria marcia verso le scale lasciando tutti i presenti sbigottiti e stupefatti. Mi ci volle qualche istante per notare che dieci occhi erano intenti a fissarmi in cerca di risposte, ma nemmeno io riuscivo a comprendere perché il giovane tentasse in ogni modo di stare lontano da me. Scrollai le spalle esaudendo tacitamente la domanda che ognuno di loro mi stava ponendo e successivamente tornammo a svolgere le azioni praticate poco prima. L'agitazione era diventata incontrollabile a tal punto che iniziai a divorarmi le unghie delle mani scrutando un punto fisso nella stanza senza prestarci particolare attenzione. Ciò che prima avevo definito una semplice preoccupazione infondata era diventata reale: Richie doveva avercela con me per qualche motivo e non avevo idea di come rimediare. Dopo interminabili minuti di silenzio decisi di contrastare i sentimenti negativi che provavo e di venire a capo della situazione; l'unico modo per risolverla era parlare con Richie di persona, anche contro la sua volontà se fosse stato necessario.
<< Non dovremmo lasciarlo da solo, soprattutto considerando la circostanza in cui ci troviamo. Ognuno di noi ha paura, è inutile negarlo e dividerci peggiorerà soltanto i fatti. Parlare di ciò che ci spaventa e condividerlo con gli altri potrebbe renderci più uniti e avremmo maggior possibilità di sconfiggere quel...qualsiasi creatura sia. Richie è nostro amico...dobbiamo aiutarlo. >>
Appena conclusi il mio discorso i presenti parvero pensarci su, dubbiosi se era necessario esporsi così tanto.
<< E-Eddie ha r-ragione. R-Richie ha bisogno di n-noi, altrimenti che razza d-di amici saremmo? >>
Guardandomi attorno capii che il pensiero generale era il medesimo, perciò scesi dal tavolo e mi incamminai insieme agli altri verso l'uscita della biblioteca. Il nostro punto di riferimento era Bill, che si trovava davanti a tutti indicandoci il percorso da seguire tra gli scaffali.
Non appena ci trovammo all'estero dell'edificio una lieve brezza estiva mi investì; apprezzai ben volentieri quella folata di aria fresca che contrastava il caldo afoso tipico di quel periodo dell'anno. Scrutammo il paesaggio attorno a noi spaesati; la figura del ragazzo occhialuto non era presente da nessuna parte. Deviai la mia direzione camminando verso sinistra, allontanandomi lentamente dalla biblioteca. Anche gli altri membri del gruppo iniziarono a percorrere il perimetro dell'edificio, dopotutto Richie non doveva essersi distanziato troppo da quella zona. Lo chiamai per nome un paio di volte, ma non giunse alcuna risposta. Quando decisi di cercare il ragazzo altrove delle voci giunsero alle mie orecchie. Si trattava almeno di quattro persone diverse e dalle parole che si scambiavano mi si accapponò la pelle.
<< Che c'è testa di cazzo? Non parli più? Il gatto ti ha mangiato la lingua? >>
Una serie di schiamazzi e risate si susseguirono al commento del ragazzo. Il tono che egli aveva usato era malvagio e malsano, fu come se stessi ascoltando il discorso di uno psicopatico o di un malato di mente.
<< Pare che a te abbia mangiato qualcos'altro. Non sembri messo bene lì sotto, sarà per questo che non piaci alle ragazze. >>
Un colpo secco interruppe brutalmente le parole del giovane, ma avevo capito perfettamente a chi apparteneva quella voce. Sbucai fuori da dietro al muro in cui mi ero appoggiato per origliare. La scena che mi si presentò davanti mi fece rabbrividire e probabilmente resterà impressa nella mia mente per sempre.
A pochi metri di distanza dal punto in cui mi trovavo vi era Richie ed insieme a lui erano presenti altri tre ragazzi. Due di loro si occupavano di tener bloccate le braccia del moro, con l'intento di non farlo fuggire a nessun costo. Il terzo bullo era discretamente alto e muscoloso, quando voltò il capo nella mia direzione mi resi conto che tra le labbra reggeva una sigaretta accesa; anche agli occhi di un estraneo si poteva percepire che lo scontro non era alla pari.
<< Eddie, non startene lì impalato, vai via! Corri! >>
Il tono del mio amico risultò supplichevole e provai una sensazione di sconforto e pena nei suoi confronti. L'occhio sinistro si era gonfiato a dismisura, mentre dal labbro inferiore colava un rivolo di sangue che arrivava fino al mento. Fu una scena così inaspettata che non riuscii a stabilire tutte le emozioni che sentivo in quel momento; se non altro la paura e la rabbia erano quelle che emergevano di più.
<< Lo conosci, Tozier? Chi è? Uno dei tuoi amici frocetti? >>
La figura imponente del giovane si avvicinò prontamente a me. Portò una mano alla tasca dei jeans e ne estrasse con velocità sorprendente un coltellino a serramanico; un ghigno crudele gli deformò i lineamenti facciali. Il terrore mi aveva paralizzato sul posto e nonostante desiderassi ardentemente di aiutare Richie non riuscii nemmeno a compiere un passo nella sua direzione. Osservai allibito il capo di quel gruppo scrutarmi dall'alto al basso, come se cercasse di studiarmi per comprendere che genere di persona si trovava davanti.
<< Non ti ho mai visto da queste parti, mi sarei sicuramente ricordato di una femminuccia come te. >>
Sputò con disprezzo alitando una nuvola di fumo sulla mia faccia. Cominciai a tossire ripetutamente incapace di resistere a quell'odore sgradevole e annaspai alla ricerca di ossigeno. Egli parve soddisfatto della mia reazione.
<< Henry, prova a toccarlo anche solo con un dito e giuro su Dio che ti mozzo quel cazzo ridicolo che ti ritrovi. >>
Non avevo mai sentito il mio amico così arrabbiato. Ero consapevole di quanto potesse essere volgare con le parole, ma dal tono che aveva usato percepivo l'ira che provava.
<< Come mai ci tieni così tanto a lui, quattrocchi? È solo uno sfigato come tutti i tuoi amici. Non ti dispiacerà di certo se apporterò qualche piccola modifica alla sua faccia. >>
Quando la lama del coltello venne affiancata al mio volto deglutii a vuoto scioccato. Per un istante fu come se ogni azione rallentasse. Pochi attimi prima che Henry iniziò ad infilzare il mio volto una fiammata comparve sulla sua testa. I capelli presero fuoco in un batter d'occhio ed il ragazzo urlò per la sorpresa e il dolore, allontanandosi rapidamente da me lasciando cadere l'arma a terra. Mi ci volle qualche minuto per rendermi conto di ciò che avevo appena compiuto e non appena realizzai ne fui inorridito. Gli altri due scagnozzi si precipitarono dal loro capo dimenticandosi della presenza di Richie, che cadde sulle ginocchia stremato emettendo un lamento sofferente. Fissai sotto shock il trio fuggire a gambe levate e udii l'urlo di Henry in lontananza nonostante avesse tagliato la corta ormai da parecchio tempo.Richard Tozier
Ogni parte del mio corpo era dolorante e insensibile a causa di tutti i colpi che avevo ricevuto. Non ebbi il tempo di fiatare che intravidi la figura esile di Eddie aggrapparsi freneticamente al muro cominciando a tossire in modo compulsivo. Capii la gravità della situazione soltanto nel momento in cui sulla mano del giovane vi erano presenti delle tracce di sangue.
<< Eddie...tutto a posto? >>
Gorgogliai tentando di farmi sentire; la voce era rauca e sperai che non mi abbandonasse, avevo bisogno di parlargli, assicurarmi che stesse bene. Emisi un sospiro di sollievo quando scorsi i nostri amici arrivare in soccorso.
<< Che diavolo è successo qui? >>
<< Non è evidente? Henry e la sua gang sono passati a salutarci. >>
Rivolsi uno sguardo ironico a Beverly, ma probabilmente sarò sembrato soltanto patetico. Gli occhiali erano stati spezzati e lanciati chissà dove, riuscivo a malapena a distinguere la ragazza tra tutti gli altri.
<< Probabilmente sembrerò sgarbato, ma vi dispiacerebbe cercare i miei occhiali? Non vedo un cazzo. >>
Iniziai a trascinarmi per terra nel tentativo di raggiungere Eddie mentre due persone corsero in mio soccorso. Due braccia mi sollevarono di peso e continuarono a reggermi per tutto il tempo, dato che momentaneamente le mie capacità motorie erano piuttosto scarse.
<< Direi c-che è il c-caso di passare in f-farmacia, siete ridotti da s-schifo. >>
<< Sono comunque più affascinante di te Big Bill. >>
Enunciai altezzoso soffocando una risata. Poco dopo il nero invase tutto il mio campo visivo e persi i sensi.Spero che questo capitolo sia stato di vostro gradimento, personalmente è una delle scene a cui ho pensato di più e ci tengo particolarmente. Vi chiederei di lasciare un commento e di esprimere il vostro parere sul procedimento della storia. La trovate interessante e continuereste a leggerla? Mi farebbe piacere sapere la vostra opinione :) A presto.
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A strange boy. [Reddie~ IT]
FanfictionDerry, una piccola città nel Maine, è apparentemente un luogo tranquillo in cui gli abitanti vivono in completa serenità, se non fosse per la recente morte di George Denbrough, un bambino di a malapena sei anni. Dopo questo avvenimento una serie di...