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54ᵗʰ Street West Broadway, Manhattan, New York

La mattina, non appena mi sveglio, mi ritrovo in una specie di accampamento militare: steso sul pavimento c’è Tom, con la testa appoggiata su un cuscino del divano e il corpo tenuto al caldo da una coperta di pile. Ely, sdraiata nel corridoio antistante alla mia camera da letto, si sistema la coperta nel sonno.

Stando attenta a non calpestare i miei amici, mi dirigo in bagno per farmi una doccia. Prima di accendere l’acqua, guardo l’ora: sono le 7.

Conoscendo Tom, so che andrà avanti a dormire ancora un paio d’ore, mentre Ely… Ely può dormire anche per tre giorni di fila se non viene disturbata.

Mi rilasso sotto il getto di acqua calda della doccia cercando di non pensare a tutto ciò che è successo a ieri. Ho paura che quando racconterò tutto ad Ely e a Tom loro non mi crederanno.

Esco dalla doccia e prendo due asciugamani, uno per il corpo e uno per i capelli.
Prima di mettere uno dei due asciugamani in testa, fisso il mio riflesso nello specchio.

I capelli, lunghi fino a metà schiena, mi ricadono sulle spalle bagnati. Li guardo bene per convincermi che l’ultima volta che sono andata dalla parrucchiera ho fatto una cavolata.

Prima di trasferirmi a New York, avevo deciso di cambiare completamente look. Nuova vita, nuovi capelli. Oltre ad averli tagliati fino alle spalle, li avevo tinti di una tonalità un po’ più chiara del mio colore naturale. Da castani, i miei capelli erano diventati quasi biondi.

Dopo alcuni minuti che passo pensando a quali colori di capelli mi starebbero meglio, decido che forse è arrivato il momento di smetterla e asciugarli.

Metto l’asciugamano sulla testa in stile turbante indiano, poi vado in camera mia per prendere i vestiti.

Mentre guardo per terra per non calpestare Ely, mi accorgo che lei non è più lì. Alzo lo sguardo e la vedo attaccata alla finestra. Anche Tom è lì e si aiutano a vicenda a tenere alzata la tenda.

‹‹Cosa succede?›› chiedo.   
‹‹Nevica!›› esclamano all’unisono senza voltarsi.

Mi fiondo verso la finestra, salgo sul letto e appiccico anche io il naso al vetro. Guadiamo la strada e i palazzi davanti a noi come se davanti a noi ci fosse un marziano.

La neve cade lenta dal cielo grigio e va a posarsi sulle cime dei grattacieli e sulle strade. È difficile credere che stia nevicando nonstante sia Aprile, eppure sta accadendo. È questa New York, la metropoli dove tutto è possibile.

‹‹Dove eri finita?›› mi chiede Ely senza staccare gli occhi dalla neve. 
‹‹Stavo facendo la doccia›› rispondo.
‹‹Facciamo colazione? Ho fame››

Dopo che ho indossato una gonna nera e un maglione grigio con delle perle, asciugo in fretta i capelli e vado in cucina a preparare la colazione per tutti.

Appoggio tre tazze sul tavolo e, dopo aver preso anche un pacchetto di biscotti al cioccolato, mi dedico a preparare qualcosa di caldo da bere.

‹‹Io prendo il solito›› dice Ely entrando in cucina e andando a sedersi a capotavola.                 
‹‹Non sono una barista›› le ricordo sorridendo mentre le preparo il caffè.                                             
‹‹Per te, Tom?›› chiedo dopo aver versato il caffè nella tazza di Ely.
‹‹Non saprei… non è che hai un menù tra cui posso scegliere?›› scherza lui.
‹‹Il menù te lo tiro in testa. Ho il tè, la cioccolata o il caffè››               
‹‹Allora la cioccolata››

Non so precisamente né come né quando casa mia si sia trasformata in una succursale di Starbucks. Ely viene a far colazione da me quasi tutte le mattine, mentre Tom solo quando dorme qui. E dorme qui troppo spesso per i miei gusti.

Quando ho servito i miei amici, finalmente mi siedo anche io a fare colazione.

Per alcuni minuti stiamo tutti in silenzio.

Tom mi fissa in attesa di qualcosa ed io, per evitare il suo sguardo, fisso la bustina tè immersa nella mia tazza. Ely, indisturbata, scorre la homepage di Instagram mentre se ne sta spaparanzata sulla sedia con i piedi sul tavolo e, a intervalli regolari, sorseggia il caffè.

‹‹Allora?›› mi chiede Tom dopo un po’.                                     
‹‹Cosa?›› chiedo a mia volta.   
‹‹Cos’è successo ieri sera?››

Ely, sentendo quella frase, lancia il cellulare in aria e appoggia con un tonfo la tazza sul tavolo. Dopo che il suo telefono è caduto a terra, si siede composta e si sporge verso di me.

‹‹Giusto, è vero! Cosa caspita è successo ieri?›› esclama Ely.

Volevo evitare di ripensare a ieri sera, anche se prima o poi avrei dovuto per forza. Ho paura di dire la verità ad Ely e Tom, non so come potrebbero prenderla.

‹‹Quindi?›› mi incita Ely.                                                                                          
Mentre penso a come dirglielo, mi torna in mente l’immagine dell’uomo del molo.

‹‹Meg? Ci sei? Tutto bene?›› mi chiede Tom.                                                                        
Scuoto la testa per cacciar via quella scena terribile, sperando di reprimerla più a lungo possibile.

‹‹Si, ci sono, scusate›› rispondo. 
‹‹Dai, raccontaci tutto›› dice Ely.
‹‹Mi promettete che crederete a tutto quello che vi dirò?››

Entrambi annuiscono.

‹‹Va bene. E’ una storia complicata e molto, ma molto strana›› dico.
‹‹Strana… cosa intendi? Strana come, strana quanto?›› chiede Tom.
‹‹Intendo che siamo nell’ambito del sovrannaturale››

Sia Ely che Tom si bloccano per alcuni secondi con gli occhi e la bocca spalancati. So già che da un momento all’altro tutti e due scoppieranno a ridere, ma questo momento non arriva.

‹‹So-so-sovr…›› balbetta Tom.
‹‹Sovrannaturale›› ripete Ely con un filo di voce.                                         
‹‹E’ impossibile…›› dice Tom.   
‹‹Lo pensavo anche io, Tom. Invece non è così›› ribatto.

Tom deglutisce e si appoggia allo schienale della sedia.

‹‹Vai avanti. Cosa è successo?›› chiede di nuovo.

Appoggio entrambi i piedi sulla sedia e mi abbraccio le ginocchia. Prima di parlare guardo i miei due amici per essere sicura che mi stiano ascoltando.

Ho davvero tanta paura a raccontargli tutto. Ho paura che mi prendano per pazza, questa volta sul serio. Ma a quanto pare non ho scelta: loro vogliono sapere e Ben mi ha chiesto esplicitamente di fargli sapere quello che vogliono.

‹‹E’ successo tutto dopo l’aeroporto, quando sono andata al MoMA con Jordan›› inizio.

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