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Hoboken, New Jersey

‹‹Ecco a lei signor Lewis›› dice Ben passando la busta all’anziano.   
‹‹Per un attimo ho temuto che non sarebbe mai arrivata›› dice il signor Lewis rigirandosi la busta tra le mani.

Io e Ben abbiamo deciso di portare la busta al signor Lewis il prima possibile, onde evitare altri episodi come quello dell’altro giorno.

In realtà, prima di portargliela, abbiamo aspettato tre giorni. Non so perché, ma Ben ha preferito fare così.

‹‹Rose, puoi portarla di sopra per piacere?›› dice il signor Lewis a sua moglie.

Quest’ultima prende la busta e si incammina verso il piano superiore.

‹‹Allora, miei cari›› dice il signor Lewis sedendosi sul divano di fronte a noi.

Io e Ben cerchiamo di soffocare le risate. Da quando abbiamo constatao che il signor Lewis chiama sempre tutti mia cara o mio caro, andiamo avanti a imitarlo. Ben, in più, ha deciso di chiamarmi cherie, come faceva il signor Lewis un po’ di tempo fa. Mi fa ridere perchè lo dice in un modo troppo uguale a come lo dice il signor Lewis.

‹‹Anche se non capisco cosa abbiate oggi da ridere così tanto, cercherò di parlarvi seriamente›› riprende il signor Lewis, ‹‹Dobbiamo decidere quando Meg deve fare il primo passaggio››

Questa cosa dei portali o qualsiasi cosa siano mi spaventa.

‹‹Dobbiamo farlo il prima possibile e dobbiamo fare in modo che non lo sappia nessuno›› dice il signor Lewis.
‹‹E mio papà?›› chiede Ben.
‹‹Ovviamente lui lo deve sapere, mio caro. Per il momento saranno informati solo i tuoi genitori, io e Rose, Grey e Jordan››             
‹‹Cosa c’entra Jordan?›› chiedo.   
‹‹Lui ci aiuta sempre in questo genere di cose. Presto capirai a cosa mi riferisco›› risponde il signor Lewis.
‹‹E chi è Grey?›› chiedo ancora.   
‹‹Ian Grey è il nostro medico. Se qualcosa va storto, lui sa sempre come risolvere il problema››

Rosemary nel frattempo porta in salotto un vassoio con delle tazze di tè e dei biscotti al cioccolato.

‹‹Mmm, e i genitori di Meg?›› chiede Ben tra un biscotto e l’altro.       
‹‹No›› rispondo io prima che il signor Lewis possa aprire bocca.     
‹‹Perché no?›› mi chiede Ben.

In realtà non c’è un motivo preciso. Forse perché ho paura che mi prendano per pazza e mi mandino in manicomio, o forse perché non voglio che si preoccupino troppo per me.

‹‹In realtà i tuoi genitori lo sanno già›› dice il signor Lewis.               
‹‹No, aspetti, come?›› dico spalancando la bocca.               
‹‹Lo sanno da sempre››             
‹‹Co-com…? Perché non me l’hanno mai dett…? Oh, porca miseria››       
‹‹A dire il vero hanno fatto bene a non dirtelo. Io sono cresciuto sapendo cos’ero e sapendo cos’avrei dovuto fare. Ho passato tutta la vita ad allenarmi per questo momento. Tu almeno hai potuto avere un’infanzia›› dice Ben.                                       
‹‹Ben ha ragione. Di questa cosa non devi preoccupartene, ci penso io a dire ai tuoi genitori quello che serve. Ora dobbiamo assolutamente trovare un giorno per farti fare il primo passaggio›› dice il signor Lewis.

Il signor Lewis prende un foglietto e una matita.

‹‹Bene, adesso dimmi i vari impegni che hai›› mi dice.                       
‹‹Il martedì e il giovedì mi fermo sempre a scuola per gli allenamenti delle cheerleader, poi ogni tanto mi fermo anche di mercoledì per il giornalino›› dico.                       
‹‹Fai parte della squadra di cheerleader?›› mi chiede Ben sorpreso.   
                               
Annuisco.

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