24. Alcohol's fault

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"Che facciamo?" chiese Harry, mettendosi le mani nelle tasche dei jeans.

Eravamo usciti da casa mia dopo aver pranzato. Mia madre aveva insistito affinché Harry rimanesse da noi anche a mangiare e, quando decidemmo di uscire un po', gli fece promettere che sarebbe assolutamente tornato, e presto anche - ebbene sì, lo adorava, e ancora non sapevo se esserne spaventato o meno.

"Non so, ti va un gelato?" proposi, mentre ci incamminavamo tra le vie di Londra.

"Un gelato? Sai che non siamo in estate, vero, Lou?" chiese, guardandomi preoccupato. Alzai gli occhi al cielo.

"E chi ha detto che il gelato va mangiato solo in estate, scusa?" ribattei.

"É una questione di principio: d'estate è caldo e per non morire  autocombustionato ti rinfreschi con del gelato" spiegò, neanche fossi rincoglionito.

"Oh mio Dio. Sai che c'é? Me lo prendo io" dissi, prendendo una stradina che mi avrebbe portato al bar più vicino - sì, era un bar gelateria.

"Ti verrà una congestione" mi ammonì, stando al mio passo. Sbuffai.

Avevo voglia di gelato, non poteva semplicemente negarmi quella gioia per il palato. Che importava se eravamo a metà novembre? Mai mettersi tra me e il gelato. Avrebbe dovuto saperlo e magari avrebbe fatto meglio a ricordarselo per il futuro. Okay, ero abbastanza testardo, ma ehi, è di gelato che stiamo parlando.

"Che ne dici di un frullato?" chiese ancora, sperando di convincermi a cambiare idea. Forse però era lui quello testardo. Sbuffai di nuovo.

"Perché non lo prendi tu?" chiesi, mentre schivavo un ragazzino con lo skateboard che stava per venirmi addosso.

"Ti finirà tutto sui fianchi" disse lui, ignorando la mia domanda. Subito mi fermai, guardandolo torvo.

"Stai insinuando che sono grasso?" chiesi, assottigliando lo sguardo. Lui sembrò trattenere una risata.

"Certo che no" rispose, divertito.

"Allora mi spieghi perché non vuoi che mangi quel fottuto gelato?" chiesi ancora, tornando a camminare.

"Non è per il gelato" disse, sospirando. Aggrottai le sopracciglia, confuso. Eravamo quasi arrivati a destinazione.

"E per cosa, allora, il gelataio?" chiesi, divertito. Lui si morse il labbro inferiore. Aggrottai la fronte, ma non commentai il suo silenzio, visto che eravamo arrivati: lo avrei scoperto da solo.

Una volta davanti al bar, decisi di entrare, mosso più dalla curiosità che da altro e, oh, in quel momento capii a cosa si stesse riferendo Harry.

Dietro al bancone, intento a servire del caffè a due donne, vi era un ragazzo i cui capelli di un insolito color verde mela attirarono subito la mia attenzione, era impossibile non riconoscerlo: potevo giurare che l'ultima volta che lo avevo visto, li avesse di un rosa shocking, ma comunque. Subito guardai Harry, che non sembrava esattamente a suo agio. Sospirai esasperato.

"Era per lui? Seriamente?" chiesi a bassa voce, con sguardo scettico. Lui non disse niente.

"Non ci credo! Louis? Harry?"

Ci voltammo di scatto e dovetti tirare una gomitata ad Harry per togliergli quell'espressione alla sparisci-o-ti-stacco-le-palle che assunse non appena vide chi si trovava al tavolo nell'angolo: Luke e i suoi amici seduti in cerchio davanti a quello che sembrava caffè, probabilmente passati a trovare l'amico che lavorava lì.

Touch me || Larry StylinsonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora