Capitolo 6

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Harleen udì qualche guaito e piccoli graffi che giungevano da dietro la porta dell'appartamento. Incuriosita, si affacciò sullo stretto vestibolo in fondo al corridoio e, dopo aver sentito scattare la serratura, vide Pamela comparire sull'ingresso, preceduta da una piccola palla di pelo che zampettava all'interno dell'appartamento trascinandosi dietro un lungo guinzaglio rosa.

«E lui chi sarebbe?» domandò la ragazza all'amica che si richiudeva dietro la porta con la mano libera dai sacchetti della spesa.

Pam s'infilò in cucina mentre le venivano dietro Harleen e il cane.

«Allora?» insisté la giovane.

«Non lo so», spiegò la donna. «Mi è venuto dietro dai Giella Gardens. Ha medaglietta e collare, ma pare preferisca scorrazzare in giro senza seguire i suoi padroni. Si è anche trascinato dietro il guinzaglio, come vedi.»

Harleen si chinò sulla palla di pelo, un bastardino dal corto pelo grigio, e lesse sulla medaglietta il nome. «Si chiama Hugo.»

«Hugo?» fece eco Pam.

«Già!» ridacchiò l'altra. «Dai, che razza di nome è Hugo per un cane?»

Pamela fece spallucce. «Avrà dei padroni dai gusti particolari.»

«Sì, ma... Ora che facciamo con lui?»

«Be', non saprei proprio.»

In uno slancio di lucidità, Harleen fissò la donna con gli occhi spalancati dalla sorpresa. «Te lo sei trascinato a casa e non sai che farci ora?»

«Ehi, un momento!» sbottò. «È lui che mi è venuto dietro! Io mica l'ho obbligato a seguirmi!»

«Vero, ma ora è qui con noi.»

Harleen lo fissò per alcuni secondi in silenzio, quindi osservò Pam che a sua volta lo stava fissando. «Lo teniamo?» propose con un sorriso eccitato.

«Cosa?»

«Dai, teniamolo!» ripeté. «L'hai detto tu stessa che non era con i suoi padroni e che ti è venuto dietro. Potremmo...»

«Restituirlo ai legittimi proprietari, tipo.»

Harleen era dubbiosa. «E come facciamo? Dico, se ci vedono in giro ci saltano alla gola e ci portano in galera, no? L'hai detto tu stessa! E ti stai facendo in quattro per farci sparire entrambe. Ti sei anche tinta i capelli di nero!»

«Oh, giusto!» fece Pam, battendosi la palma aperta sulla fronte. Poi trasse da una delle borse una scatoletta bianca di piccole dimensioni che raffigurava una donna sul davanti. «Questa è una tinta per i tuoi capelli.»

Harleen fece una smorfia. «Devo proprio?»

«Se vogliamo sperare di uscire da Gotham senza farci riconoscere, almeno dobbiamo cambiare un po' aspetto.»

«Non mi hai ancora spiegato come vuoi uscire da questa pazza città di mentecatti.»

Pamela abbassò lo sguardo e riprese nervosamente a sistemare la spesa. «Ci sto pensando, Harleen, dammi tempo.»

La ragazza sorrise. «E nel frattempo noi ce ne restiamo qui con Hugo, giusto?»

«Oh, e va bene!» sbuffò alla fine. «Puoi tenerlo, ma ricordati che non è un giocattolo. Devi dargli da mangiare, bisogna portarlo fuori per fargli sgranchire le gambe ogni tanto e bisogna lavarlo.»

«Che cosa mangia?» domandò Harleen con curiosità mentre osservava il bastardino che la fissava, ammirato, con la lingua a penzoloni.

«Cibo per cani, no?»

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