Capitolo 12

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Il tragitto verso casa era sempre stato piacevole per Pamela perché, per quanto si nascondesse dall'intera città di Gotham sotto una falsa identità, rintanarsi in quella topaia in uno dei quartieri polacchi più poveri significava tutto sommato riuscire a stare al sicuro e scivolare tra le braccia di Harleen ogni volta che desiderava.

Eppure in quella notte umida i sentimenti che le stringevano il cuore erano diversi dal solito. Paura e incertezza la stavano dominando come due padrone sadiche.

«Lasciami andare», ripeteva mentre camminava speditamente sui marciapiedi, rasentando i muri sbrecciati degli edifici. «Lasciami tornare da lei e sparisci per sempre.»

Parlava a se stessa ma era come se quella sua implorazione fosse rivolta all'ombra, quella figura misteriosa e solitaria che la stava seguendo forse da tanto tempo senza che lei se ne rendesse conto.

In preda al terrore che qualcuno potesse seguirla verso casa, aveva preso strade diverse, si era aggirata per vicoli deserti e malfamati voltandosi indietro sempre più di frequente.

La presenza di quell'ombra era costante, pressante e spaventosa. Pamela non si era mai sentita tanto in preda alla paura come in quel momento.

«Lasciami andare», supplicò ancora a bassissima voce. «Ti prego. Lasciami tornare da lei.»

Niente. L'ombra era sempre lì.

Poi improvvisamente qualcuno le andò a sbattere contro senza che lei si accorgesse di ciò che le stava capitando attorno.

«Ehi, dolcezza!» borbottò una rude voce maschile mentre le afferrava un braccio e la strattonava. «Non guardi dove vai?» Con una spinta, l'uomo la mandò a gambe all'aria in un vicolo senza uscita.

Prima che potesse replicare, Pam vide comparire alle spalle del tizio altri due uomini. Erano vestiti con pochi stracci rovinati, borchie e catenelle tintinnavano sinistramente e lo scatto di un paio di coltelli a serramanico non prometteva niente di buono.

«Come mai da queste parti?» chiese uno dei due alle spalle del tipo che l'aveva spinta a terra.

«Ti sei persa, cara?» soggiunse l'altro sghignazzando.

«Un bel faccino come te», sputò il primo sconosciuto, avvicinandosi e respirando pesantemente. «Che ci fa un bel faccino come il tuo da queste parti? Non ti sembra un quartiere un po' troppo malfamato?»

Pamela, sollevò appena le mani per proteggersi.

«Oh», grugnò uno dei tre, facendosi avanti e toccandosi il cavallo dei pantaloni. «La nostra piccola cara ha smarrito la strada di casa.»

«Dobbiamo aiutarla, no?»

Il primo tizio ghignò ancora, sbavando quanto un animale, gli occhi rossi fuori dalle orbite. «Nessuno fa niente per niente.»

«No-non voglio a-avere niente a... a che fare co-con voi.»

La voce insicura di Pamela li fece ridere e parve eccitarli ulteriormente. Era come gettare benzina sul fuoco. Il capo del trio si gettò su di lei sollevandola da terra e tirandola per i capelli, la sbatté contro il muro.

«L'ha detto che eri una gran troia», sibilò mentre le si appiattiva addosso e la schiacciava contro i mattoni. «Messa su questo schifoso pianeta soltanto per farci divertire. Non sei male, vero tesoro?»

Pamela sgomitò, ma il peso dell'uomo la immobilizzava. Lo sentì mentre la palpava, le sollevava l'impermeabile e le strizzava i glutei e i seni con quelle rozze mani.

Con la coda dell'occhio vide gli altri due. Altri due animali. Sbavavano entrambi e uno si stava masturbando davanti a lei. Lo sentiva gemere di piacere e lo vide eiaculare a terra, ma anziché fermarsi lì, il tale si avvicinò all'uomo che la stava immobilizzando e lo spinse via. «Fammi godere», le gorgogliò stringendola per le braccia e strusciandole il pene turgido sui pantaloni.

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