Capitolo 19

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Zoppicando lentamente, trascinando il corpo svenuto di Harleen, Pamela arrancò all'interno del grande edificio in costruzione. Ormai alcuni degli inseguitori che l'avevano tallonata fino a quel momento si erano fermati dietro di lei per vedersela con la loro attuale seccatura, il Pipistrello, mentre lei aveva sfruttato quel momento per battersela insieme alla ragazza.

«Harleen», supplicava con il fiato corto e la gamba destra dolorante che recava un profondo taglio lungo metà coscia e giù sul polpaccio. «Ti prego, Harleen, svegliati.»

L'incidente le aveva fatto perdere conoscenza e una ferita alla tempia ancora zampillava sangue.

Rallentando ulteriormente la marcia, Pam scivolò e ricadde sulla schiena, senza tuttavia abbandonare la presa sull'amica. Harleen respirava debolmente e giaceva ora inerte tra le sue gambe.

Con un moto di disperazione, Pamela a stento si trattenne dallo scoppiare nuovamente a piangere. Non era così che si era immaginata la propria fuga e non era così che aveva pensato di ricominciare una nuova vita insieme ad Harleen, magari anche in compagnia di... Selina.

Al solo pensiero della Donna Gatto, il corpo flessuoso di lei che cadeva a terra colpito dai proiettili, gli occhi le si inondarono di lacrime. «Non doveva andare così...», singhiozzò asciugandosi con il dorso della mano.

Udì l'ennesima salva di colpi di pistola e mitragliatore esplodere e risuonare nell'aria. Trasalì. Erano più vicini di quanto immaginasse e lei non poteva fare nulla per sfuggirgli.

Era esausta e ferita, Harleen era priva di conoscenza e di certo non avrebbe potuto salvare entrambe anche se fosse stata in perfetta forma e con ogni probabilità, molto presto Batman sarebbe giunto da loro. Sicuramente in una manciata di minuti sarebbe arrivata anche tutta la polizia di Gotham City e altri idioti bardati da militari si sarebbero fatti vivi per avere da lei qualcosa che l'ormai ex Poison Ivy non poteva dare loro: la Furia.

«Perché a me?» si chiese, affranta.

Erano due anni che non si faceva vedere nelle vesti della Regina delle Piante tra le strade di Gotham. Aveva rinunciato alla sua battaglia di ecoterrorista contro un mondo sempre più cementificato e aveva anche salvato e tenuto stretta a sé la criminale Harley Quinn. Avrebbero dovuto ringraziarla per il servizio reso alla città e invece stavano cercando di fare la pelle a lei e alla ragazza che amava, accusandola di crimini che non aveva commesso.

«Perché sta succedendo?»

Non c'erano risposte a quella domanda. Solo la gamba che pulsava di dolore e perdeva sangue e Harleen svenuta tra le sue braccia.

«Mi dispiace tanto», mormorò, piangente, rivolta alla ragazza che non poteva udirla. «Non doveva andare così», ripeté.

Rimase in silenzio a singhiozzare e soltanto in quel momento si rese conto che gli spari non risuonavano più nell'aria.

La penombra delle luci di sicurezza nel cantiere le faceva distinguere a stento la conformazione di quell'enorme locale per la gran parte privo di pareti, contornato da un perimetro di pilastri quadrati di cemento armato. I bagliori spettrali trasformavano quel luogo in un set da film dell'orrore e quando Pamela udì dei passi lenti e cadenzati che si avvicinavano a loro, riprese a singhiozzare in maniera irrefrenabile. Provò a tapparsi la bocca con entrambe le mani, ma la disperazione aveva ormai preso il sopravvento.

Fu un pensiero inaspettato ma tremendamente reale che le attraversò la mente in quel frangente. Anche Poison Ivy era umana. Anche lei amava incondizionatamente qualcuno e perciò anche lei provava terrore per il proprio destino e per la persona che amava.

A fatica, strisciando la gamba sanguinante sul pavimento di cemento e sabbia, trascinandosi dietro Harleen, la donna cercò di nascondersi dietro una delle grandi colonne e trattenne il respiro, ben sapendo che fosse tutto inutile.

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