Capitolo 17

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Quando Bullock arrivò sulla scena del crimine, erano trascorse meno di ventiquattro ore dall'ultima scorpacciata di morte. Aveva ancora dipinta la carneficina che si era trovato davanti nella tana di Poison Ivy e nella sua mente da diverso tempo aveva iniziato a farsi strada una strada domanda: come aveva potuto quella donna – se donna si poteva considerarla – combinare un disastro simile. Generalmente, aveva riflettuto, Ivy era sempre stata molto più elegante e meno sanguigna nel commettere crimini. Aveva ucciso, certo, ma non aveva mai trasformato un appartamento in una macelleria. La troia verde aveva sempre preferito le piante, rifletté. Non il sangue.

Sbuffò l'ultimo alito di fumo e gettò via la cicca di sigaretta che si perse sull'asfalto bagnato. I suoi occhi poi furono inevitabilmente attirati dalle luci lampeggianti delle volanti e delle ambulanze presenti sul posto. Sembrava esattamente la fotocopia della scena del crimine della notte precedente, solo in un'altra zona di Gotham.

Stavolta poi sarebbe stato molto peggio.

Non parlò con nessuno. Avanzò come un toro che punta la propria vittima. Oltrepassò il cordone di sicurezza mostrando le credenziali sul distintivo che recitava GCPD, quindi si avvicinò all'auto della polizia che stava bloccata nel vicolo proprio di fronte alla vetrata del negozio di alimentari e infine, superato l'andirivieni di agenti e di addetti della scientifica che già si stavano premurando di raccogliere tutte le prove del caso senza che si deteriorassero, Harvey vide di nuovo il sangue, tanto sangue. Una quantità di rosso che avrebbe potuto tinteggiare tutto l'interno del negozio.

Isolandosi dal rumoreggiare intorno a sé, Bullock si guardò attorno, provando come sempre a immaginare la dinamica della scena, ma era tutto così confuso e sbagliato.

L'avevano informato di ciò che era successo prima che si recasse lì, eppure ancora non riusciva a capacitarsi di chi avesse avuto il coraggio di commettere un atto tanto idiota. Una rapina finita male? Ne dubitava seriamente. Ogni cosa era fuori posto, a cominciare dall'incasso della giornata precedente, ancora ordinatamente sistemato nel registratore di cassa.

Passo dopo passo, facendo attenzione a non impregnare le suole delle sue scarpe nelle pozze di sangue che si aprivano sul pavimento del negozio, vide infine il corpo di uno dei due poliziotti, la cui testa troneggiava su uno scaffale sopra un cestino pieno di piccole torce a batterie da tre dollari ciascuna.

Per poco Bullock non sentì la cena d'asporto comprata al cinese che gli tornava su per l'esofago. Si trattenne a forza, dominando il disgusto. Dopotutto non era più un pivellino appena uscito dalle aule dell'accademia di polizia.

Si aggirò silenzioso tra gli scaffali e alla fine trovò il secondo poliziotto sgozzato, in un lago di sangue e accanto al bancone, il cadavere del proprietario del negozio.

Negò a se stesso di provare pietà per ciò che stava osservando con freddo occhio indagatore. A Gotham non poteva permettersi la pietà. Ispezionò con cura ogni centimetro dei corpi e ciò che nuovamente destò la sua attenzione riempiendolo di rabbia furono alcuni piccoli pacchetti trasparenti che contenevano delle pasticche bianche simili a caramelle. Non ebbe dubbi su cosa fossero.

A quel punto venne richiamato da un collega della scientifica che gli porse un biglietto macchiato di sangue con qualche parola scribacchiata a penna. Bullock afferrò la prova, sistemata dentro un piccolo sacchetto trasparente e se la portò vicino agli occhi.

«Era attaccata alla fronte di...», e con un cenno del capo, l'uomo indicò la testa dell'agente decapitato che stava alle spalle di Bullock sul ripiano più alto dello scaffale. «L'abbiamo trovato lì.»

«Bene», ringhiò il piedipiatti leggendo le parole. «Grazie.» Fece mente locale e si rese conto che quella scrittura corsiva e spigolosa indicava un indirizzo della vecchia Gotham. Ghignò.

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