Capitolo 10

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«Sicura di non aver bisogno niente al drugstore?» domandò Pamela, incerta. Si sedette ancora una volta su una sedia della cucina e con sguardo leggermente teso osservò Harleen, seduta sul divano cigolante della piccola sala che faceva le coccole a Hugo.

Rialzò lo sguardo verso la donna e scosse il capo, poi socchiuse gli occhi e si portò l'indice alle labbra. «Compra qualche decina di pacchi di assorbenti, così possiamo tappezzare la casa! E magari anche il corridoio. Facciamo uno scherzo alla signora Polinski.»

Pam sorrise dolcemente. «Non credo che la prenderebbe bene.»

«Ma almeno tutto il mondo saprebbe per anche Harley Quinn e Poison Ivy sono donne come tutte le altre, che hanno bisogno di un assorbente, ogni tanto. Per fugare ogni dubbio che non siamo mostri, non ci nutriamo di carne umana e non beviamo sangue come i vampiri.»

«Potrebbe essere un'idea...», mormorò Pam senza convinzione. Scosse il capo e raccolse le mani in grembo.

«Pam...», la richiamò la ragazza dalle sue fantasticherie. «Davvero, sto bene.»

«Sì, lo so, Harleen, lo so», replicò la donna distrattamente. «Non c'è bisogno che...»

«È tutto okay, Pam», ripeté. «Stavolta farò la brava. Non combinerò niente di pazzerello e quando sarai tornata dalla spesa, sarò ancora qui ad aspettarti. Promesso.»

Pamela fissò i grandi occhi azzurri e l'espressione gioiosa di Harleen. Le erano rimasti solo quelli della vecchia se stessa. I corti capelli ramati e il lungo ciuffo che le ricadeva sulla fronte la nascondevano a dovere. Scrutò la sua figura magra con il piccolo bastardino grigio tra le braccia e non poté trattenersi dal sorridere ancora.

«Promesso», disse di nuovo la ragazza.

«Comprerò degli assorbenti», scherzò allora, dopo una manciata di secondi. «Una scatola a testa», aggiunse. «Però niente scherzi a quella polacca del pianterreno, altrimenti è la volta che ci butta fuori a calci da questo posto.»

«Almeno potremmo cambiare aria, no?»

«E dove lo troviamo un altro appartamento sicuro, senza sbirri in giro a cercarci, con un affitto tanto basso?»

«Oh...», fece Harleen. Non aveva riflettuto su quell'aspetto della faccenda. Come sempre prendeva le cose con leggerezza.

La donna si rimise in piedi e mosse qualche passo verso la finestra. Guardò fuori nella notte piovosa. Non aveva voglia di uscire in strada e prendersi tutta quell'acqua in testa, ma il frigorifero era quasi vuoto, le bottiglie d'acqua erano terminate e si ammassavano in un piccolo sacco di plastica accanto all'ingresso e anche Hugo guaiva più spesso per la fame, dato che anche il sacchetto del cibo per cani era praticamente vuoto.

Improvvisamente un lampo illuminò la notte e per un istante il cielo si tinse di bianco, delineando il profilo e la facciata del vecchio palazzo mezzo diroccato dall'altra parte della strada. Un sottile intrico scorbutico di lamiere disegnava la scala antincendio sul lato della costruzione, ma ciò che colse l'attenzione di Pamela fu un'alta figura striminzita, avvolta in qualcosa di lungo e nero come poteva essere un mantello o un impermeabile.

Aguzzò lo sguardo e si avvicinò al vetro, incuriosita e timorosa al tempo stesso. C'era qualcuno là che la stava fissando.

Percepì un brivido percorrerle la schiena e per un istante una scarica elettrica quasi dolorosa le attraversò tutto il corpo.

Fu Harleen ad avvicinarsi e a chiederle come mai stesse lì ferma a guardare fuori dalla finestra.

Un altro lampo illuminò la notte.

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