#CAPITOLO20.

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...

SABATO.

Anche quel giorno dovevo lavorare. Tutto ciò stava iniziando a diventare abbastanza stressante. 

Appena trovai lavoro, ovvero pochi giorni prima, avvisai Britney che non sarei più andato a scuola siccome adesso avevo un lavoro. Avevo dei giorni festivi, due per la precisione ed erano il martedì e la domenica. Uno dei clienti di quel giorno fu Dylan, mio fratello, che aveva bisogno di rifarsi, completamente, il guardaroba. Non gli piaceva andare a comprare sempre vestiti, per lui era una perdita di tempo. A me invece è sempre piaciuto fare shopping e comprare sempre abiti nuovi. 

'Ohoh, il mio fratellino scansafatiche sta lavorando, cose che non succedono tutti i giorni, aw. Dovremmo commemorare questo giorno.' Rise, prendendomi in giro.

'Dai Dylan, cosa ti serve?' Risposi calmo, non volevo arrabbiarmi.

'Devo rifarmi il guardaroba ed ho bisogno del tuo aiuto.' 

'Oh, ma finalmente! Dai ti aiuto io.' Risposi ridendo.

Gli procurai molte cose, come: camicie, maglie, pantaloni, canotte, pantaloncini e chi ne ha più ne metta. Comprò quello che gli serviva e se ne andò, come quel giorno. 

Volevo raccontare tutto quello che mi era successo con Nathan a Britney, ma non potei. Quel lavoro mi stava sfinendo, speravo vivamente che avrebbero trovato un nuovo commesso, così magari il lavoro si sarebbe alleggerito. Quel giorno non vidi nessuno, ne Britney e nemmeno Nathan. Il giorno seguente era domenica e questo voleva dire soltanto una cosa: giornata libera! Un giorno di pausa era quello che ci voleva. Mi arrivò un messaggio sul mio telefono, era Nathan, mi disse che quella sera mi avrebbe portato da una parte che non specificò. Passai la giornata a scegliere cosa mettermi, a prepararmi, e passai anche una mezz'oretta ad aggiustarmi i capelli, li avevo molto lunghi e quindi decisi di lisciarli(?) tutti da un lato. Misi una camicia nera trasparente, un pantalone bianco e un paio di scarpe nere. Mi chiamò sul cellulare per dirmi di scendere. Appena mi vide rimase a bocca aperta.

'Ehm...cos'hai?' Dissi ridendo.

'Sei...Sei bellissimo.' 

'Aw, amore. Ti amo.'

Ci baciammo. Poi mi portò in un prato. Non conoscevo quel posto e non lo avevo mai sentito nominare, pensai che non ci andasse mai nessuno in quel posto ed avevo ragione. Nathan mi disse che lui ci andava quando voleva stare da solo, quando era triste. Era il suo 'nascondiglio' ed ora voleva farmelo conoscere a me. Ci stendemmo su quell'erba soffice ed iniziammo a parlare, ogni tanto ci davamo dei baci. Poi gli venne l'idea di incidere le nostre iniziali, D e N, su un albero, circondato da un cuore. La serata passò ed io tornai a casa, dove mi spogliai ed andai a dormire. Il giorno successivo andai a lavorare e, nella mia pausa pranzo, andai a parlare con mio padre sulla questione della mia omosessualità. Un punto a mio sfavore era il fatto che lui era molto credente, e per questo, non l'avrebbe presa sicuramente bene. Ma speravo che potesse capirmi. Non poteva mica cacciarmi di casa per una cosa del genere? Pensavo male, lo fece. Eravamo a tavola, stavamo mangiando, faceva il cuoco ed io amavo da matti la sua cucina. Dylan non c'era, era uscito con amici.

'Papà...devo dirti una cosa. Non arrabbiarti, per favore, per me è importante. Vedi, il fatto è che, so che sei molto credete, ma, vedi, io sono gay...e sono anche fidanzato.' Dissi tutto d'un fiato.

Rimase sconvolto e la prese malissimo.

'Cosa!? Sei un fr*cio di m*rda?! Sei un f*ttuto errore, non meriti di vivere. Sei contronatura! Urlò.

'Ma papà...'

'No niente ma! Ti voglio fuori di casa MIA entro stasera!' Continuò ad urlare.

'Ma dai! Vuoi cacciarmi di casa per una c*zzata del genere?!' Risposi, iniziai ad alterarmi.

'Hai il coraggio di chiamarla c*zzata!? E si! Lo faccio, per le 9 non ti voglio vedere più, sai, non vorrei essere infettato.' Disse ironico prendendomi in giro.

Corsi in camera mia a piangere. Piangevo perché non mi sarei aspettato una reazione così esagerata. Piangevo perché non sapevo dove andare, dove rifugiarmi. Piangevo perché per una cosa del genere avrei dovuto abbandonare quella casa che per me era piena di ricordi della mia infanzia. Pensai di tornare in Italia, ma non potevo, non avevo abbastanza risparmi. Decisi di chiamare Britney che, a casa sua, aveva una camera degli ospiti, magari poteva ospitarmi e, dopo averle raccontato tutto ciò che era successo, mi ospitò per tre-quattro mesi, giusto il tempo di trovare abbastanza soldi per comprarmi un piccolo appartamento.

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