• 2 - Una piccola bugia

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"Stai attenta."

"Hai sbagliato questo calcolo"

"Ma a cosa pensi?"

È questo quello che sta mormorando da tre fottutissime ore.

Mi è difficile lavorare con un grandissimo stronzo del genere.

"Hai fatt-",

"Con tutto il rispetto del mondo, signor Ford, non crede che sia arrivato il momento di chiudere un po' la bocca?", ringhio a denti stretti.

Se ribatte me lo magno.
Oh si che me lo magno, non lascio nemmeno un pelo.
Bastardo.

"Non posso stare in silenzio se affianco a me ho un incompetente che rischia di mandare all'aria la mia azienda.", si volta verso di me.
Il viso è inespressivo, non mostra nessun segno.
Nè fastidio, nè irritazione.
Nulla.

E a me questa cosa mi fa ribollire ancora di più il sangue nelle vene.

"Incompetente?! Ma con chi crede di parlare? Lavoro qui da tre anni. Conosco questo posto come le mie tasche.", ribatto poggiando le mani sui miei fianchi e voltandomi del tutto verso di lui.

Adesso lo uccido.
Attenti che lo faccio.

"Adesso credo di aver compreso il motivo per la quale l'azienda ha avuto così tante perdite. Credo proprio che la farò licenziare, signorina.",  il modo in cui mi guarda mi fa rabbrividire e al solo pensiero di me senza lavoro una stretta mi avvolge lo stomaco.

È il figlio del capo, uno stronzo, potrebbe farmi licenziare su due piedi.
Raccomandato di merda.

Kylie, Chloe, la mamma lo fa per voi.

Sospiro e raccolgo il mio materiale da lavoro, poi mi allontano velocemente dal mio ufficio sbattendo i tacchi a terra.

Lavorerò, ma non con quel bastardo a pochi centimetri da me.

***

Millequattrocentosettantaquattro più duemilasettecentosessantadue uguale quattromiladuecentotrentasei.

Ho finito.

HO FINITO!

Mi guardo intorno e mi trattengo dall'urlare solo perché c'è della gente intorno a me e non vorrei essere licenziata dopo aver fatto tutti questi conti e sbrigato tutte le pratiche burocratiche.
Sistemo tutti i fogli in ordine alfabetico nella cartella datami in precedenza dal mio baby capo, metto la mia borsa sulla mia spalla e mi dirigo a testa alta verso la postazione di quel bastardo.

Busso alla porta dell'ufficio e, dopo aver sentito un avanti la spalanco e mi avvicino alla scrivania, dove lui se ne sta seduto.
La giacca poggiata su un'altra sedia, è rimasto solo in camicia, sbottonata nei primi due bottoni e con le maniche alzate.

Oh mio dio.

I capelli gli ricadono sulla fronte mentre sta concentrato su una serie di fogli.
È bello, una bellezza rara. Che non si vede tutti i giorni.
Peccato che sia stronzo.

Ma stronzo forte.

"Ho finito tutte le pratiche da sbrigare, signor Ford. Adesso se non le dispiace dovrei andare.", metto su un sorriso finto, alzo i tacchi ed esco dall'ufficio sospirando.

Adesso devo andare a fare la spesa.

Proprio quando sto varcando la soglia dell'uscita del grande palazzo, sento la suoneria del mio telefono e rispondo distrattamente mentre cerco le chiavi della mia macchina.

Per un Manhattan di troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora