• 37 - Ti prendo a sculacciate.

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Alle mie narici giunge un forte odore di disinfettante che contribuisce ad aumentare il martellare incessante che affligge la mia testa.
Prendo un respiro profondo prima di aprire gli occhi e una forte luce mi colpisce in volto costringendomi a chiuderli.
E penso già di sapere dove mi trovo.

Riprovo di nuovo, ma stavolta riesco a guardarmi intorno e sbuffo quando capisco che i miei sospetti erano fondati.
Sono in un cazzo di ospedale, Cristo.

Alzo il braccio per sedermi ma un qualcosa mi tira il braccio e spalanco gli occhi quando vedo un ago infilato nella mia vena.
Seguo con lo sguardo il tubicino fino ad individuare un sacchetto contenente un liquido trasparente.
Ma siamo fottutamente seri?

"Aiuto...", rantolo a voce bassa.
Ho la bocca così impastata che non riesco a formulare una frase di senso compiuto.
Che schifo, mi sembra di aver appena vomitato.

"Ehi! C'è qualcuno?!", riesco finalmente a gridare.
Subito dopo la porta si spalanca e fa il suo ingresso Richard.

Ah.

"Sei già sveglia?",

"Come scusa?", chiedo inarcando un sopracciglio.
Mi basta guardarlo negli occhi per ricordare tutto quello che è successo in precedenza.
Flash della nostra conversazione in ufficio passano nella mia mente come diapositive e realizzo di aver perso i sensi.

"L'infermiera ha detto che non ti saresti svegliata prima di sei ore, come minimo. Eri molto stanca.", spiega grattandosi più volte la nuca con fare imbarazzato.

"Devo andare via da qui. Che schifo, non so chi caspita abbia dormito in queste lenzuola prima di me.", e no. Non sto affatto scherzando. Devo assolutamente andarmene di qui.

"Sei seria? Ti sei appena svegliata e la prima cosa che pensi di fare è quella di andartene perché le lenzuola ti fanno schifo?",

"Tutto degli ospedali mi fa schifo. Sono svenuta, mi sono sentita male per un attimo, ma ehi, sono sveglia. Adesso, se permetti,prendo le mie cose e me ne vado.", afferro il lenzuolo con le braccia e lo scosto scoprendo di indossare soltanto una camicia da notte bianca.

Fantastico.

"Tu non vai da nessuna parte. Se provi ad alzarti chiamo il primario.",

"Fa' un po' quello che ti pare. Io levo le ancore.",

L'unico ostacolo che rimane è l'ago infilato nella mia vena.
Lo fisso quasi come se si potesse togliere da solo e prendo un respiro profondo.
Avanti Stephanie, è solo un ago.
Afferro l'ago per l'estremità tirandolo verso l'esterno ma un dolore acuto prende interamente il mio braccio e mugolo.

Cazzo.

"Stephanie tieni quelle cazzo di mani al loro posto.", ringhia stavolta accorrendo verso di me.
Schiaffeggia la mia mano allontanandola dall'ago ma rispondo tirandogli un calcio sullo stinco.

"Stai al tuo posto. Io vado via di qui.",

Osservo un'ultima volta l'ago nella mia vena prima di prenderlo e di tirarlo via tutto in una botta.
Porca ciccina, sta uscendo un bel po' di sangue.

"Sei fottutamente impazzita?!", urla raddrizzandosi e carico un altro calcio in sua direzione ma afferra la mia gamba e mi spinge all'indietro facendomi perdere l'equilibrio e cadere sul letto.

"Lasciami andare via di qui!", continuo ad urlare scalciando ma si butta di peso sopra di me e mi si spezza il fiato.

"Ma porca di quella miseria, non sei leggero come una piuma!", provo a scrollarmelo di dosso ma non ne vuole sapere di andarsene.

Per un Manhattan di troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora