• 18 - Stephanie professione agente FDM

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2 giorni dopo.

Ma si sa, la calma non dura mai tanto.

Prima o poi deve succedere qualcosa che la rovini no?

E questa cosa che ha rovinato la calma indovinate un po' cos'è? O meglio, chi è.

Non serve un genio per capire che si tratti di Richard.

È scomparso, come è solito fare ogni volta che le cose si sistemano.
E io ho sorvolato tante volte su questa cosa ma ora basta. Non è un adolescente bisognoso dei suoi spazi oppure di tempo, perché credetemi, di tempo ne ha avuto tanto.
Con questo non sto assolutamente dicendo che deve sempre stare con me,o che deve sempre farsi vedere, ma siccome le cose iniziano a farsi più serie perlomeno dovrebbe avvisarmi di quando deve andare da qualche parte, cosa che non ha fatto, ovviamente.

Stavolta è andato in Germania, così.
Senza dire una parola.
Senza se, senza ma, senza un ciao.
Come se non esistessi, o meglio, come se io e le mie figlie non esistessimo ed è arrivato il momento di fargli capire che non ci si comporta così.

Perché io faccio la buona una, due volte. Ma non tre.

Buona si, fessa no.

Ora sono in ufficio, precisamente sono le nove di sera.
Non ho più visto il signor Ford da quando gli ho tirato quella sberla e mi stupisco di come mai non mi abbia licenziata.

L'idea che Richard gli abbia parlato di me mi sfiora la mente ma non credo che sia così.
Se, come ha detto Richard, litigano da quando sono qui, allora vuol dire che di certo non prenderanno un Thè insieme ogni pomeriggio scherzando.

Gli imponenti grattacieli di New York si stagliano alti davanti a me, un insignificante essere rinchiuso in uno di questi, intenta a sistemare scartoffie e ad incantarsi di fronte allo skyline notturno di questa bellissima città.

L'intero edificio è quasi vuoto,  il mio piano interamente.
Le luci di tutte le postazioni sono spente, solo la mia accesa.
L'oscurità regna sovrana, perpretra fino a me, fino alla mia scrivania, ma la mia luce resta accesa.

Io resto qui.
Seduta, con le gambe incrociate, le mani intrecciate e lasciate sul grembo, la mia bocca chiusa, la mia mente urla.
Urla pensieri e pensieri, teorie, ricordi che sbattono a destra e a sinistra,  il sapore delle sue labbra ancora sulle mie.

E si, mi piace Richard, anche tanto.
Ho avuto la fortuna di incontrare l'uomo con la quale ho avuto le mie figlie e di prendermi una cotta senza alcuna costrizione.

Voglio andarci piano, vedere fin dove arriviamo.
Perché si, credo di aver capito che gli piaccio anch'io, altrimenti non mi avrebbe baciata. Questa qui è la realtà, non una fanfiction sul bad boy e la brava ragazza.

Sinceramente non riesco neanche a capire come io abbia fatto a prendermi una cotta per lui, ma è anche ovvio.
È ovvio ma non lo capisco.
Che bella cosa, no?

È bello, intelligente.
Però è stronzo. Scompare all'improvviso, riappare, poi mi mostra il suo lato tenero e non riesco a non stargli vicina. È un evento così raro che voglio godermelo,  capite?

Però non voglio essere presa per la stupida di turno che fa la ruota di scorta.

Le mie mani spostano una pila di fogli a destra, poi mi passo una mano in fronte ed osservo le ultime figure che lasciano l'edificio.

E sinceramente è meglio andarmene da qui prima di rimanere chiusa dentro.

Annuisco prendo la mia borsa e mi avvicino alla finestra dando un ultimo sguardo di sotto ma un furgone nero che si piazza davanti l'entrata attira la mia attenzione.
Strabuzzo gli occhi un paio di volte.

Per un Manhattan di troppoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora