°Capitolo 30•

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°Vago ricordo•

Guardare ed osservare. Sentire ed ascoltare. Piangere ed emozionarsi. Non è solo apparenza le prime? E le seconde non sono quelle emozioni, sensazioni che ci vengono vietate oggi giorno?
Essere deboli le chiamano. Che poi, non siamo noi stessi a costruirci le nostre debolezze? Facciamo erigere muri intorno a noi, forse per lo schifo che ci riserva il mondo, delusioni, sconfitte, porte in faccia. Ne abbiamo passato di momenti, e forse non si capisce il vero significato di ricordo fino a sentire il bisogno impellente di tornare indietro, di sentire nuovamente la presenza di persone, di luoghi, di cose che ci appaiono lontane quasi come se non fossero mai accadute. Fa così paure l'oblio, ma fa ancora più paura chi non vive la vita, chi non si appiglia ai ricordi. Sono solo loro che ci garantiscono la crescita della propria persona.
E forse era quello che io stavo facendo in quel momento, appendermi ad un ricordo, il più bello da qualche mese a quella parte. Fa male cercare di ricordare, e sopprimere i sentimenti, fa male far finta di niente, far finta di essere qualcuno che non sei. Pirandello mi avrebbe condannato per quante maschere stavo indossando, ma chi me ne può fare una colpa?
Le sue dita mi accarezzavano, scivolavano rude sulla mia pelle, la sgualcivano, la rompevano in mille pezzi, toccandomi alla luce soffusa del dolore e dell'orrore. Le sue mani brandivano il mio corpo, lo toccavano dove altre mani lo avevano amato, lo avevano contemplato. Quelle mani lo stavano torturando, lo stavano togliendo ogni ricordo, ogni passione, ogni bacio, ogni parola. Rimpiazzare un ricordo per un altro, è la cosa più sbagliata che un essere umano può commettere, perché ti ci perdi ad assaporare il torto, la vendetta, lo sbaglio di sostituire una cosa bella con una cosa brutta, solo per sentirti meglio.
Cosa c'era di bello di pensare alla notte di passione con Jungkook, se poi non c'era lui con me? Cosa c'era di passionale con Jungkook, se poi non era lui a possedermi? A toccarmi? Cosa c'era di bello di ripensare alle mani del mio Kook, se poi erano quelle di Billie a scavare tra la mia anima.
"Non saremmo qui, se non fosse stato per Jungkook" disse a bassa voce, rauca per il piacere, guardandomi negli occhi. Cercavo di essere forte, per gli altri, per Jin, Nam, Jimin, Yoon, Hobi, Kook; giuro io cercavo di esserlo.
"È stata una scelta mia, mi sembra di essere stato chiaro" la mia voce atona mi fece accapponare la pelle, perché non provare emozioni era come morire tante volte in una sola vita. Ed io sono sopravvissuto ad una cazzo di apocalisse zombie.
"Certo certo, come vuoi. Vedila nei miei panni, per un attimo, Jungkook ha provato a spararmi, Taehyung, a me" rise sputando un po' di saliva sul mio viso, che faceva comunque meno schifo di sentirla scivolare sul mio corpo "e tu, innocente innamorato, ti sei offerto come puttana da una notte" sfiorò la mia guancia.
Guardai in alto, verso il soffitto, nero come la pece, mentre ringhi di zombie cominciavano a sentirsi sempre di più. La bocca di Billie si appoggiò al mio collo, lo morse, lo leccò, le sue mani a stringere la mia vita, mentre il mio nome veniva urlato dalla voce di Kook.
"Ti prego" sussurrai con voce spezzata, staccandolo dal mio collo, portandomelo davanti "sto accettando la mia sconfitta, mi sto donando a te, ma perfavore, colpiscilo e fallo svenire. Non deve soffrire".
Billie rimase con il dito a mezz'aria, riflettendoci due secondi prima di annuire ed ordinare ad un suo scagnozzo di far addormentare il mio bambino, il mio piccolo amore segreto che, di quella notte, doveva avere solo un ricordo vago.
"Ora non avere paura, piccolo Taehyung-ie".
Pregai il Signore che quella tortura durasse il meno tempo possibile, Lo pregai di trasformarmi in una goccia di acqua e farmi sparire in una nuvola, alta, dove le cattiverie non reggono. Pregai che la mia anima si fosse mantenuta integra dopo l'ennesima crepa.
Billie non era delicato, non era passionale, non era uomo, non era umano. Billie si avvicinava all'incarnazione del demonio, riusciva a leggerti dentro e utilizzare le tue incertezza e i tuoi dubbi contro di te. Billie non era Jungkook.
"Voglio che mi guardi-AH- negli occhi" gemette, sollevando la mia testa. L'avrei rivista sempre, quella faccia, nei miei incubi notturni e diurni, l'avrei rivista in ogni momento bello o brutto che sia. La sua faccia contratta dal piacere, mentre gemeva e succhiava il suo labbro, mentre il suo corpo faceva leva sul mio e lo penetrava facendo sì che, ad ogni spinta, una freccia di Artemide si avvicinasse al mio cuore*.
Lo guardai negli occhi e ci lessi il buio più oscuro, l'anima più nera fino ad ora. I suoi occhi erano vitrei. Pietra dura come il suo cuore.
Mi chiesi se uno zombie sarebbe stato più delicato, più veloce. Alla fine i mostri non erano proprio loro, ma coloro che ci circondavano, come sempre. Non c'era cosa, affermazione, atto peggiore di distruggere un'anima, e credetemi, per ricomporla non ci sarebbe stato verso. Siamo nullità in un vuoto cosmico. E forse era meglio così.
Billie rilasciò il seme fuori dal mio corpo, e gliene ero grato, e poi si stese di fianco a me, tremante con occhi grondanti di lacrime mischie a sangue.
"Sei stato bravo, ora puoi andare" la mia testa si girò di lato, a vedere la schiena del mostro fare su e giù segno che si fosse addormentato. Guardai il soffitto, nero come la pece, e in fin dei conti, la mia anima lo era quanto lui. Ero macchiato, forse marchiato, ma ero Taehyung, rotto, spezzato, furioso, deluso, zoppicante, ma ero comunque quel ragazzo innamorato e vendicativo.
"Dormi bene, Billie" dissi, con voce che non aveva niente a che fare con me, non ero io che parlavo, forse solo la mia parte demoniaca.
Passi strascinati, dondolanti, simili a quello degli zombie, mi accompagnarono fuori dalla stanza, dove c'erano i miei compagni con gli occhi vuoti, quasi spenti come i miei. Jimin mi abbracciò, ma sembrava quasi come se non sentissi niente, se non quelle mani così feroci, così odiose. Non la volevo quella sensazione, di essere profanato anche quando erano altre mani a toccarmi. Avevo così tante paure che un'altra non l'avrei gestita.
"Mi dispiace, perdonami...mi dispiace" piangeva il biondo sulla mia spalla, e lo capivo, capivo che avevo rovinato tutti loro. Una vita per sette.
"Non fa niente, Jimin-ie... passa" avevo sussurrato, con rabbia, le spalle piene di graffi, il collo di morsi, il cuore a metà. Sarebbe passato, con o senza forza.
"Guarda come l'ha ridott-" Jin si interruppe per piangere, e nascondersi nel petto di Nam, che mi guardò con occhi lucidi, diversi, quasi compassionevoli.
Yoongi si alzò e mi fece sedere e, come un povero coglione, aveva iniziato a passare una spugna su tutti i miei lividi, con occhi sgranati, provando a toglierli.
"Non escono, Yoon, gli stai facendo male" disse Hoseok, tirando i suoi capelli e mettendomi una coperta a coprirmi.
"Lascialo fare, magari quel dolore ne va a rimpiazzare un altro" dissi, facendo scorrere lo sguardo sui miei compagni.
"Jungkook è impazzito. Non era in sé, ha provato a scassare la porta, finché non l'hanno messo fuori" mi informò Hoseok, che tra tutti sembrava il più calmo.
"Lo so, l'ho chiesto io"
"Perché?"
"Perché non si meritava di vivere tutto ciò"
"E perché a noi si? Perché non ci hai risparmiato questo fardello?"
"Per due motivi. Il primo è che Billie voleva qualcosa in cambio, per Jungkook una sega" lo guardai negli occhi "secondo perché volevo qualcuno a sostenermi e, Jungkook, non sarebbe stato in grado di farlo ed io ho bisogno di lui" e per la prima volta, in quella serata piansi. Per me, per loro, per il mondo andato a puttane, per Jungkook, per la mia anima, per i miei ricordi. Piansi e mi liberai di gocce nelle quali non mi trasformai.
"Vendetta, solo vendetta" chiesi, prima di alzarmi e vomitare tutto in un angolo della stanza.
°•°•°•°•°•°

*Quando una persona nell'antica Grecia moriva senza essere malata o comunque uccisa, si pensava fosse colpita da frecce invisibili della dea Artemide è così, secondo i moderni, che i Greci spiegavano la morte di crepacuore (esempio importante è quello della madre di Andromaca, all'interno dell'Iliade).

Non c'è nulla da dire, ho sentito la mia anima dipingersi di nero.

-Lougtout

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