Capitolo 33 -2028-

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Test Ungheria 2028

"Dai, ti ho detto che ti raggiungo fra poco, ma non posso più posticipare, devo parlare con Luke e lui parte domani mattina, non rimane per il secondo giorno di test."

"Quanto pensi di metterci?"
Prendo in mano il telefono ora che ho finito di cambiarmi e tolgo il viva voce.

"Dipende da come va, potrebbero volerci 5 minuti perché si incazza, come potrebbe volerci un'ora perché ha voglia di parlarne..."
Lo sento sbuffare e un pochino in colpa mi sento.

"Lo so che da quando siamo tornati dalla Germania ero sempre al lavoro, ma dai ancora qualche giorno e poi ho la settimana di ferie."

"Io ne ho tre di settimane di vacanza."
Sorrido e scuoto la testa.

"Mi dispiace, ma io non sono un pilota super pagato, io lavoro per davvero."
Ride e sentirlo più sereno fa stare più tranquilla anche me, poi sento bussare alla porta.

"Deve essere arrivato, ci vediamo dopo."

"Ale, dimmi quando parti, così non mi preoccupo se non ti vedo arrivare."
Sorrido e mi mordo il labbro.

"Va bene tesoro, prima di salire in macchina ti invio un messaggio."

"Grazie, ti aspetto."
Chiudo la chiamata e provo a togliermi quel sorriso da ebete dalla faccia, ora non è il momento di scherzare.

"Allora? Cosa c'è di così importante che devi dirmi?"
Non appena apro la porta Luke entra e si butta sul letto, con il telefono in mano... mettiti comodo, eh.

"Intanto metti via quel cellulare."
Ride e lo mette in tasca, poi si tira su e si siede a gambe incrociate.

"Va bene, ma sputa il rospo, sono curioso, quando mi hai scritto sembrava importante."

Guardo il suo sorriso e vorrei davvero evitare, evitargli tutto questo... a pensarci noi due non abbiamo mai litigato, abbiamo sempre avuto quel tipo di rapporto per cui c'eravamo l'uno per l'altra, sempre.
Nessuno dei due ha mai giudicato più di tanto l'altro, il nostro rapporto quasi fraterno nasce anche da questo e ho paura che a mettermi contro di lui, contro la sua volontà di non rivedere i suoi genitori si possa rovinare tutto quello che abbiamo costruito in 3 anni, ma... è una cosa troppo importante.

"Prometti di lasciarmi parlare, è... è difficile, non ti piacerà quello che ho da dirti."
Mi guarda un po' confuso e inclina anche leggermente la testa.

"Sandy che succede? Mi fai preoccupare se inizi così..."
Mi siedo affianco a lui sul letto e appoggio la testa alla sua spalla, non ho nemmeno il coraggio di sostenere il suo sguardo, gli prendo una mano e inizio a giocarci.

"Si tratta di Silverstone..."

"Mi piace parlare di Silverstone."
Sorrido e gli stringo una mano, come se cercassi proprio da lui la sicurezza di cui ho bisogno per parlargli.

"Beh questo non ti piacerà... il sabato mattina, quando ho accompagnato Mary al circuito... beh, abbiamo discusso, lei mi ha detto che i tuoi genitori vorrebbero rivederti, è per quello che tua madre era là quel giorno."

"Spero che tu gli abbia detto che non ho intenzioni di vederli."

"Si, si, certo, è la prima cosa che ho detto, ma..."

"C'è un ma?"
Strattona via la sua mano dalle mie, ma non si muove, non ancora.
Prendo un bel respiro e provo ad essere il più convinta possibile delle parole che sto per dire.

"Si Luke, perché forse, anzi quasi sicuramente sono stata io a sbagliare aggredendola.
So tutto quello che hai passato, ma loro sono la tua famiglia, magari sarà la volta buona..."

Independent || Sebastian VettelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora