Sono ormai pronto al peggio. “Hanno fatto il possibile. Non è colpa loro. C’era una percentuale di riuscita troppo bassa” continuo a ripetermi, per fingere di credere realmente a queste parole.
«...Suo marito -continua il medico- è un uomo forte. -a quell “è” sobbalzo. Perché usa il presente? Non deve dirmi che...che...che non ce l'ha fatta?- Ha superato le complicazioni magnificamente. -il mio cuore perde un battito, e nella mia testa iniziano ad insinuarsi strani pensieri- Ora è impossibile ma, forse, fra qualche minuto potrebbe essere sveglio, ed addirittura rispondere alle sue domande»
“Grazie, Sherlock,” penso solo “hai fatto due miracoli magnifici.”
Dopo circa due minuti mi fanno entrare in quella che sembra essere la sala post-operatoria e lo vedo lì.
Con i riccioli tagliati e rasati, per poter effettuare l'intervento.
Con le flebo attaccate alle braccia per poter ricevere i liquidi necessari, e con essi anche il cibo.
Sembra così fragile ed indifeso.
Ma è vivo. È questo che conta.
Noto una figura accanto a lui. È Mycroft. Nonostante stia cercando di trattenersi, vedo due lacrime solitarie rigargli il volto. L’uomo di ghiaccio si è sciolto.
Appena mi vede si alza dalla sedia su cui era e si appresta ad uscire dalla stanza, ma io lo fermo.
«Rimanga pure -dico, con voce rotta dalle lacrime di gioia che sto versando- è suo fratello, infondo. È la sua famiglia.»
Ad un certo punto sentiamo un sussurro, flebile ma percettibile. È una parola ripetuta migliaia di volte.
«John? John, John, John» dice la voce.
Mi accosto al letto, cercando di fare meno rumore possibile. Poso la mia mano sul suo petto e sento il suo cuore. Batte.
«Sono qui» dico, e senza riflettere avvicino le nostre labbra, che si toccano come l'ultimo bacio dato prima di questo. Solo che questa volta le parole non dette vogliono affiorare, e noi le lasciamo fare.
«Ho avuto paura -dice lui, con la voce che è ancora un sussurro- ho avuto paura di non rivederti più. Di non rivedere mai più la tua bellissima faccia e di non poter mai più fare questo.» inizia a passare la mano sul mio viso, senza tralasciare nessuna parte di essa.
«Ho pregato, Sherlock. Non lo facevo da quattro anni. Da quando tu, insomma...»
«Ho capito. Non serve parlarne ora. C’è Mycroft anche? O è andato via?»
Il maggiore degli Holmes si avvicina al letto e, con voce ferma, risponde affermativamente.
«Vedi? Ce l'ho fatta. Sono il primo Holmes a sopravvivere. Non serve che ti trattieni, ho sentito le lacrime bagnare il mio corpo, anche se ero addormentato. Piangi pure, Mycroft.»
L’uomo di ghiaccio si dimostrò sorpreso. Ma ricomincia comunque a piangere. A piangere calde lacrime vicino a suo fratello, che oramai si era quasi svegliato del tutto.
Non appena l’infermiere nota questo cambiamento, ci intima di allontanarci. Fa i soliti check-test e ci dice che avremmo dovuto aspettare un po’. Sherlock ha solo bisogno di riposarsi, ora come ora.
Sherlock’s P.O.V.
Dopo quelli che sembrano essere giorni da quando ho parlato con John l’ultima volta, riapro gli occhi. Sono in una stanza dalle pareti bianche, che sembra fin troppo piccola per i due letti che la occupano. Da come è messa la stanza, comunque, deduco di non avere alcun compagno di stanza. “Meglio,” penso.
Sento comunque un respiro regolare provenire dal letto di fianco, che è stato spostato per essere attaccato al mio.
Con non poca fatica giro la testa verso il rumore sconosciuto e vedo John. È rimasto a dormire qui.
Quando si sveglia, qualche minuto dopo, inizia a chiedermi come mi sento almeno cento volte. Vorrei rispondergli, ma nella mia mente c'è un solo pensiero. “Bacialo,” dice tutto il mio Mind Place in restauro.
Mi giro, siccome lui è ancora sdraiato, e lascio posare le mie vogliosi labbra sulle sue. Subito dopo aver fatto una faccia sorpresa sorride, ed inizia a baciarmi anche lui, dolcemente, per paura di farmi male.
Dopo circa mezz’ora da quel momento magico entra Mycroft, seguito da Lestrade, Mrs. Hudson con Rosie e tutta la squadra al completo.
«Vedo che non perdete tempo!» inizia a dire Mrs Hudson, e tutti ci mettiamo a ridere. Mi ci voleva proprio.
Parliamo un po’ delle avventure dei giorni passati, cercando di non andare a parare mai sulla mia condizione.
Myc non ce la fa a tenere tutto dentro ed allora, con il sorriso di un bambino che a Natale riceve una bomba atomica mi chide se posso fare il testimone ad un eventuale suo matrimonio con Lestrade; poi si mette in ginocchio e lo chiede al diretto interessato.
Lui risponde affermativamente, con negli occhi la luce di un esplosione nucleare.
Dopo circa due mesi di ricovero decidono di farmi tornare a casa.
John, felice, mi sta aspettandosi porta e, entrando, scompiglia i miei riccioli, che stanno ricrescendo.
# Inutile spazio finale #
Ho sempre odiato rileggere cose scritte da me, ew.
Comunque, dedico questa One Shot, completata, in parte a Gio_Fandom, siccome mi aveva chiesto di scrivere qualcosa su Sherlock, nonostante questo non sia nullo di nuovo. Stay tuned, non si sa che cosa succederà dopo “Gay con la effe” >>>>>Vi lascio al mio egocentrismo che mi chiede di obbligarvi a leggere uno spoiler della prossima:
“Stavo camminando da ormai qualche minuto, e davanti a me apparve la casa della mia ex-moglie. Ancora non capivo perché mi avesse lasciato. Stavamo bene assieme, dicevano gli amici.”
[ 2,208 parole. ]
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𝐎𝐍𝐄𝐒𝐇𝐎𝐓𝐒 → Multifandom
RandomHo iniziato a scrivere questa storia verso maggio/giugno 2017, quindi sì, il mio modo di scrivere è cambiato. Mi sentivo in colpa a non tenere questo piccolo pezzo della mia storia nel mio profilo, quindi. - Aggiornamenti every now and then. - #2 in...