No. No.

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[ sherlock (BBC). ]

John's P.O.V.

Erano le cinque di mattina. Era una normalissima mattina al fronte. Come tutte le mattine fu Mark a svegliarmi.

Scesi dalla branda velocemente, guardando verso quella del mio migliore amico. Sherlock stava ancora dormendo.

«Svegliati!» lo scossi. Si svegliò con non poche proteste, e mi guardò stranito.

Poi si ricordò: oggi avremmo dovuto fare l'assalto finale ad una base afgana.

Velocemente si alzò ed indossò l'uniforme. Stava così bene, in uniforme!

Si armò ed uscì fuori dalla tenda che usavamo come base.

Il plotone di cui facevo parte fu il primo ad uscire. Io, vicino a Sherlock e Gregory, eravamo fra le ultime fila.

«Graham, John...oggi faremo la storia.» disse il bel riccio che avevo davanti.

«John, qualche problema?» mi chiese, non sentendo una risposta da parte mia. Greg, dal suo canto, gli aveva già risposto ricordandogli il suo nome.

«Uhm...no, no, sì, sì, sto bene..andiamo, dobbiamo vincere questa battaglia.»

Marciammo verso la base. Il caldo ci faceva continua compagnia, ma noi eravamo riusciti ad abituarci a ciò.

Gregory abbandonò il suo posto vicino a noi, per spostarsi verso la torretta principale del nemico.

Avrebbe dovuto liberarla con la sua squadra.

Io, nel frattempo, andai avanti a marciare, assieme a Sherlock. Lui, grazie alla sua bravura con i composti chimici, era diventato artificiere.

Viaggiava quindi assieme a noi medici nelle ultime fila, perché nell'acquisto si trovavano i soldati regolari.

Noi, venendo da quella via, eravamo stati soprannominati "Gli Irregolari di Baker Street". Questo soprannome era anche una presa in giro che, assieme a quando chiamavano Sherlock "psicopatico", mi faceva andare in bestia.

Ma questa non è la nostra storia. Stavamo, dunque, marciando verso una roccaforte nemica.

Sherlock fu chiamato in prima linea, avevano bisogno di un artificiere, e lui era il migliore fra i tanti.

Fu lì che accadde. Stava disinnescando un ordigno, con il suo solito modo di fare, molto professionale. Prendeva in giro gli altri artificieri che sbagliavano qualcosa.

Ma...la sua bravura non lo salvò. Una vendetta nemica, appostata fra i cespugli, sparò un solo colpo. Un colpo dritto nel centro della sua perfetta fronte. Un solo colpo, e lui cadde a terra, il suo respiro fissato. Corsi verso di lui, anche se non c'era più nulla da fare.

Nella mano stringeva un biglietto. Quando lo lessi il mio mondo crollò, forse per la seconda volta.

John Watson. Caro bello e perfetto John Watson, non è che ti andrebbe di diventare, non so, il mio ragazzo? -SH

«SÌ!» Urlai questa parola al vento. Sì, gli avrei risposto, se solo non fosse morto lì, davanti ai miei occhi.

Con gli occhi bagnati dalle lacrime portai il cadavere del corpo che amavo alla tenda e...

E...e mi svegliai. "Era solo un incubo" mi dissi. Sherlock, l'uomo con cui ero felicemente sposato, era seduto vicino a me nel letto, le guance rigate della lacrime, com'erano le mie. Senza parlare ci abbracciammo, capendo entrambi di essere stati svegliati da un incubo.

Sherlock's P.O.V.

Era sera. Era la sera del 24 Dicembre. Avevo pensato veramente molto cosa regalare a John. Stavamo insieme da tre anni, ormai, ma era il primo Natale in cui anche io avevo preso qualcosa per lui, sperando in una sua approvazione.

Quando, per essere sicuro, avevo chiesto a Myc un aiuto, ci eravamo detti, come quando eravamo piccoli:

«Lei, signore, è un genio.»

«È il mio hobby.»

Ero quindi quasi sicuro che il mio regalo sarebbe piaciuto a John.

Andai a dormire con questa incertezza, l'uomo della mia vita addormentato accanto a me.

La mattina dopo mi svegliai eccitato e felice. Prima di allora non avevo mai aspettato il Natale, non prima di John.

Notai che John era già sveglio. Poco male, mi dissi. Avrà già visto il regalo.

Era al solito fornello, a preparare il tea.

Arrivai di soppiatto dietro di lui, abbracciando e baciandogli il collo, come quasi tutte le mattine. Lui rimase stranamente freddo a quel gesto, e non ricambiò.

"Avrà molto a cui pensare" azzardai. "Magari sta pensando al suo lavoro all'ambulatorio..."

Andammo a sedersi al divano, gli occhi puntati contro l'albero di Natale che era lì in salotto.

«Prima tu» lo spronai, fornendogli il mio regalo.

C'era dentro un bel po' di roba: un cd di canzoni che gli cantava sua madre da piccolo, un cd del suo gruppo preferito, un nuovo maglione molto colorato, de cioccolato belga (ero andato il Belgio per un caso ed avevo pensato a lui), della marmellata (l'avevo finita), un portachiavi con un riccio ed una lontra (fatto da uno dei follower del blog di John) e delle calze. Lui mi aveva detto di volere delle calze.

Non si dimostrò sbalordito del mio regalo. Anzi, era quasi triste.

«Ho sbagliato qualcosa? Non dovevo farti un regalo così? Mi dispiace, non sono mai stato bravo in "Natale"...»

«No, non è nulla. Ora, Sherlock, è il mio turno. Ho scelto di cambiare quest'anno. Non faccio un regalo a te. Ma all'umanità.» disse, togliendo dal suo pacco regalo un pugnale, puntandomelo contro.

«Buon Natale» disse, mentre, con veri colpi da maestro, mi toglieva la vita usando il pugnale. «Il regalo migliore me lo hanno già fatto...» detto questo Mary spuntò da appena fuori la porta.

Probabilmente è successo altro, ma io non l'ho visto perché sono...

Perché sono...mi sono svegliato. "Era un incubo" mi ripete il mio subconscio. Non era reale.

Guardo John dormire accanto a me. "Questo è reale" mi dico.

Ad un certo punto si sveglia, e mi guarda con gli occhi pieni di lacrime. Lo abbraccio, capendo che anche lui si è svegliato a causa degli incubi.

[ 937 parole. ]

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