G.

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Guerra.

Dovevo immaginarlo.
Dovevo semplicemente immaginarlo.

Fin dal primissimo istante in cui ho scoperto di aver firmato la mia condanna a morte, vale a dire dover collaborare con Potter in qualità di Capiscuola, avrei dovuto semplicemente immaginare che nulla sarebbe stato così normale come speravo. Controllare gli studenti del primo anno si sarebbe tramutato in un'impresa più che titanica, condividere un'intera Sala Comune con lui sarebbe stato l'apoteosi delle disgrazie, essere noi due i punti di riferimento per tutta la popolazione di Hogwarts sarebbe stato ai limiti dell'assurdo...

E, onestamente, con quale pretesa potevo pensare che almeno le ronde sarebbero andate per il verso giusto?

Così ci ritroviamo inevitabilmente nell'ufficio di Silente, a mezzanotte inoltrata, seduti proprio di fronte alla scrivania del Preside. Quest'ultimo ci osserva composto dalla sua grande poltrona, senza apparire minimamente turbato dalla situazione atipica che si è creata e come se nessuno l'avesse svegliato a tarda sera, tutto intento a guardarci con curiosità al di là dei suoi occhiali a mezzaluna.

Quando siamo piombati nell'ufficio di Silente, il braccio di Potter era completamente tumefatto e persino la mia camicia era tutta macchiata di sangue per essere stata a contatto con quella parte del suo corpo. Le condizioni di entrambi non erano certamente delle migliori, ma il Preside è rimasto comunque perfettamente imperturbabile. Non ha fatto alcuna domanda, ma si è limitato a mormorare qualche incantesimo che potesse identificare la fattura sconosciuta che ha provocato la ferita di Potter, per poi fasciargli il braccio e ripulirlo fino all'ultima goccia di sangue.

A quanto pare l'incantesimo ha solo sfiorato un angolo della sua pelle, ma è comunque stato sufficiente a lacerarla in molteplici punti e a far provare a Potter un dolore non indifferente. Mentre Silente lo medicava, infatti, ha fatto davvero di tutto per restare impassibile e nascondere la sofferenza che evidentemente stava provando, ma quella piccola smorfia di dolore che aveva sulle labbra so per certo che resterà stampata nella mia mente ancora per tantissimo tempo.

«Li ho scovati in mezzo al corridoio, colti in atteggiamenti alquanto indecorosi davanti alla parete che avevano fatto crollare.» esclama Gazza, indicandoci con un gesto sbrigativo della mano e con un sorriso vittorioso stampato sul volto.

«Atteggiamenti indecorosi?» ripete Potter, scuotendo la testa ed emettendo una piccola risata sarcastica. «Ti chiedo scusa se il mio braccio devastato non era abbastanza dignitoso per te, Gazza.»

«Il tuo braccio devastato non ti ha comunque impedito di lasciarti andare ad atti osceni in luogo pubblico, Potter.»

I miei occhi saettano proprio su quest'ultimo, perché la sua momentanea conversazione con Gazza ha per davvero dell'assurdo e nessuno dei presenti si sognerebbe minimamente di intromettersi nel loro acceso discorso e nella loro buffa guerra di sguardi.

«Ma di che diamine stai parlando?»

Il vecchio custode sfodera una smorfia disgustata, prima di spostare lo sguardo su di me e indicarmi con un veloce cenno della mano.

«Vuoi davvero che confessi davanti al Preside che tu e la signorina stavate amoreggiando in mezzo al corridoio?»

«Cosa?» esclamiamo contemporaneamente io e la McGranitt, scambiandoci uno sguardo estremamente turbato, prima che io riprenda coscienza di me e mi affretti a precedere la bocca già pericolosamente spalancata di Potter. «Oh no, no no, deve esserci stato un malinteso. Nessuno stava amoreggiando, per Godric, men che meno io e Potter. In mezzo al corridoio, poi.»

«Durante una ronda.» soggiunge la nostra Capocasa in un sussurro e già la vedo, povera donna, con qualche tonalità di colore in meno sulle guance già naturalmente pallide e con lo sguardo perso nel vuoto, probabilmente per colpa del trauma momentaneo causato dall'affermazione di Gazza.

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