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Un incidente di percorso.

James ha trascorso tutta la settimana successiva in infermeria, immobile sul letto e circondato da tutti i suoi amici che, al suo capezzale, non hanno fatto altro che prostrarsi ai suoi piedi per qualunque sua necessità. E lo so che probabilmente non è la cosa più saggia da fare, ma l'intera situazione mi fa dannatamente ridere: se da una parte, infatti, James e la sua incapacità di starsene per più di mezz'ora fermo vorrebbero farlo evadere il più velocemente possibile, dall'altra la sua tendenza a fare il melodrammatico lo obbliga a fingere di essere in punto di morte praticamente tutte le volte che riceve qualche visita.

Io stessa ho fatto avanti e indietro ogni singolo giorno, cercando di tenergli almeno un po' di compagnia e provando a rendere meno pesante la sua prigionia, come gli piace tanto chiamarla, e proprio così ho avuto modo di constatare quanto gli piaccia essere al centro dell'attenzione. Non in quel modo egocentrico e fastidioso di una volta, ecco, solo più...tenero, sì. Come se ricevere un briciolo delle mie attenzioni fosse una cosa del tutto nuova per lui e volesse approfittarne più che può.

«Devi già andartene?» mi domanda ad un tratto, sfoderando un'espressione decisamente affranta e appoggiando la testa sul cuscino.

Le sue condizioni rispetto a sette giorni fa sono decisamente migliorate, il braccio è del tutto rigenerato e Madama Chips è d'accordo nel dimetterlo entro ventiquattro ore.

Mi risiedo vicino a lui, sospirando. «Tra venti minuti iniziano le lezioni pomeridiane, lo sai.»

«Potresti saltarle.»

«Non dirlo neanche per scherzo.»

Sbuffa ancora, ma dal modo in cui gioca con i miei capelli capisco che sta semplicemente temporeggiando per non farmi andare subito via. «Stasera torni?»

«Come ogni singola sera, James.» replico, alzando gli occhi al cielo ma senza reprimere un sorriso divertito. «Me ne vado solo per tre ore.»

La mia precisazione probabilmente non deve piacergli, perché emette un verso simile a un lamento che mi fa ridere. Forse, quelle che per me sono tre ore, per lui tra queste quattro mura durano in eterno.

«Sirius viene?»

«Certo, non credo che si faccia troppi problemi a saltare Babbanologia.»

«Perché lui ci tiene veramente al suo migliore amico.» precisa, fintamente offeso.

«Io non sono la tua migliore amica, perciò non puoi rimproverarmi nulla.»

Subito dopo aver pronunciato la frase, percepisco le mie guance andare a fuoco e all'istante mi pento di aver aperto bocca. Perché nessuno di noi due ha mai pensato neanche lontanamente di chiarire che cosa fossimo effettivamente in questo istante. Certo, è da una settimana a questa parte che ci comportiamo esattamente come se stessimo insieme, ma non abbiamo mai parlato chiaramente di questo e onestamente mi è sempre andata benissimo così.

«Cos'è?» mi affretto a cambiare discorso, indicando un involucro posato sul suo comodino.

«Quella?» Si volta verso l'oggetto incriminato e io annuisco. «Non ci crederai, ma è un regalo da parte della McGranitt. Guarda un po' cosa c'è sotto.»

Mi avvicino curiosa e rimuovo lentamente i vari strati di carta, scoprendo poco alla volta un manico lucente e, per finire, una scopa nuova di zecca.

«Una scopa? La McGranitt ti ha regalato una nuova Nimbus?» chiedo, ancora allibita.

Annuisce, sorridendo compiaciuto. «La mia è stata distrutta, lo sai. E credo che la McGranitt abbia a cuore la salute del suo migliore Cercatore, quasi quanto il desiderio di vincere anche quest'anno la Coppa.»

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