H.

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Harry.

«Prongs, dovresti davvero smetterla di agitarti. Stai facendo andare fuori di testa tutta la Sala Comune e no, questa non è affatto una cosa divertente. Potrebbe sembrarlo, ma non lo è.»

A stento sento la voce di Sirius, che è seduto su uno dei divanetti davanti al camino e sta creando con la sua bacchetta delle sfere luminose che non promettono nulla di buono. Se non ricordo male, l'ultima volta che ha usato distrattamente la magia il focolare è esploso, il pavimento si è interamente ricoperto di cenere e pezzi di tronco ed è rimasto impregnato di un fortissimo odore di bruciato per mesi interi. Esperienze di pulizia da non rammentare, tra parentesi, visto che in un modo o nell'altro era riuscito a trascinarmi in punizione con sé nonostante la mia completa innocenza.

«Non ci riesco.» confesso di getto, perché in effetti è esattamente così che mi sento.

Non riesco a calmarmi, non riesco a stare fermo, non riesco a non pensare che, prima, gli occhi della McGranitt erano così maledettamente seri da avermi trasmesso un pessimo presentimento.

Sirius stacca lo sguardo dalle sue mani, puntandolo dritto su di me e fissandomi in quel suo modo serio e vagamente intimidatorio che sfodera solo quando vuole darmi dell'idiota. So per certo, comunque, che il suo intento è semplicemente quello di trasmettermi un po' di quella lucidità e di quel buonsenso che al momento sembrano mancarmi. Dal momento che Sirius è Sirius, tuttavia, la cosa non sembra riuscirgli particolarmente bene.

«Avanti, cos'è che ti preoccupa?» mi domanda alla fine, cedendo con uno sbuffo di fronte alla mia così palese agitazione e decidendo di provare prima con le buone.

«Non ne ho idea, Padfoot.» confesso, sospirando e passandomi di nuovo una mano tra i capelli. «È più...una sensazione, se capisci cosa intendo. Sento quasi come se qualcosa non andasse.»

«Io non mi fiderei particolarmente dei tuoi istinti da cervide, Prongs, visto e considerato che l'ultima volta che abbiamo ascoltato il tuo sesto senso ci siamo persi nella Foresta Proibita. Di notte.»

«Dovresti essere grato del fatto che qualcuno tra noi abbia ancora un minimo di senso dell'orientamento.»

«Evidentemente no, visto che questo qualcuno non trovava la strada del ritorno e ci ha obbligato a dormire tra le foglie.»

«Tra le foglie? Tu eri completamente spiaccicato addosso a me.»

«Solo perché hai una pelliccia molto soffice e profumata.» Scuoto la testa alla frase di Sirius, mentre lui ride e incrocia le braccia dietro la testa. «Allora? Vuoi dirmi cosa senti che non va?»

«Ho visto gli occhi della McGranitt.» rispondo subito, prima di sospirare. «Quando ha aperto la porta della capanna di Hagrid era così...così assente da farmi quasi paura. Sembrava che non sapesse quali parole usare per chiamare Evans.»

«Conoscendo Minerva, non credo che si farebbe troppi problemi a chiamare qualcuno che ha fatto qualcosa di sbagliato per convocarlo nel suo ufficio.» Sirius dà voce ai suoi ragionamenti con aria pensosa. «Di conseguenza, niente punizione per Evans.»

«È proprio questo il punto: è successo qualcosa, glielo leggevo in faccia. E ho come la netta impressione che non sia niente di piacevole.»

Non appena finisco di pronunciare la frase, quasi a conferma delle mie parole il buco del ritratto si spalanca e rivela proprio la figura della nostra Capocasa che, stretta nel suo mantello verde scuro, si affretta a salire le scale del dormitorio femminile senza guardare in faccia nessuno.

Ora, sono in questa scuola da quasi sette anni e dunque so per certo che, nel momento in cui la McGranitt mette piede nella nostra Sala Comune, è perché è successo qualcosa di estremamente grave. O di estremamente illecito, ovviamente, come quella volta al secondo anno in cui io e Sirius abbiamo pianificato di dormire sotto il nostro tavolo in Sala Grande per arrivare prima di tutti gli altri studenti a colazione. Questa portentosa idea si era poi conclusa con un lungo giro di perlustrazione dei dormitori Grifondoro durante il quale la McGranitt aveva insistito a indicarci la posizione precisa dei nostri letti, sostenendo che in tutta la sua carriera non le fosse mai capitato di incontrare due studenti capaci di escogitare delle trovate di simile portata.

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