24. Madri guastafeste e scomode sedute

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Nella vita c'è una netta separazione fra ciò che è prettamente maschile e ciò che è prettamente femminile; nella maggior parte dei casi, si parla di semplici stereotipi, banali convenzioni. Per esempio, quando si è molto piccoli e i piatti, stoviglie e cibi finti sono da bambine, ma i trenini, le macchinine e i finti attrezzi da meccanico sono per i maschietti. Avrei dovuto capire da allora che il mio rapporto con gli uomini sarebbe stato diverso, da quando, piuttosto che giocare con le Barbie, io preferivo di gran lunga le costruzioni. Mi divertiva giocare con mio padre per risolvere rompicapi, costruire castelli, case o trovare il pezzo mancante di un puzzle.

Crescendo mi sono resa conto di quanto quegli stereotipi infantili fossero distanti dal mio modo di vedere le cose: i miei migliori amici erano sempre dei ragazzi, e di fronte ad un bivio fra una partita nei campi e un pomeriggio a spettegolare, io ero già in tuta a correre. Ciò nonostante quelle differenze, che da piccola mi sembravano impercettibili, si erano sempre più ingigantite, peggiorate, radicate, senza che me ne rendessi conto.

Mi ero resa conto di quanto fosse difficile avere a che fare con un uomo che è più di un semplice amico, di quanto la psiche umana ragioni in maniera del tutto diversa da un individuo ad un altro, specie se fra i due vi è anche una differenza di genere. Ciò che avevo sempre ignorato degli uomini, ad esempio, è l'inesistenza dei principi di "problem solving": se nella mia bizzarra mente ogni problema andava studiato e risolto prima possibile, negli uomini con cui avevo avuto a che fare il problema non esisteva affatto. Quell'instabilità emotiva, quella continua ricerca della figura di mio padre, che mi aveva spinto per anni ad inseguirlo alla ricerca di una banale attenzione, in lui non c'era affatto; mai una carezza, mai una parola di conforto e poi, dopo i più importanti avvenimenti, l'oblio. Non che avessi avuto modo di discuterne di recente, ma ero convinta che mio padre si ritenesse padre di una solo figlia, ignorando la mia esistenza per evitare di doverci pensare troppo.

"Hai intenzione di ignorarmi a lungo?" mi chiese, alquanto stizzita, mia madre. Sbattei le palpebre velocemente, allontanando i soliti pensieri che mi riempivano la testa, prima di scuotere la testa lentamente, senza troppo peso.

"Scusa, sto dormendo poco ultimamente" mentii, con la prima scusa che mi venne. Anche se non era una bugia inventata di sana pianta: con gli orari di lavoro di Harry e le chiamate di sfogo di Rosie all'una di notte, i miei ritmi stavano gradualmente cambiando. Non che fossi mai stata una persona mattiniera, comunque.

"Gwen ha l'ultima prova dell'abito, fra un'ora" iniziò "e noi dovremmo andare in sala per controllare i dettagli" con il matrimonio ormai alle porte, queste ultime due settimane erano costellate di continui impegni legati all'evento, a cui mi sarei volentieri sottratta "hai scelto che acconciatura fare?" mi chiese poi, prendendo le chiavi della sua macchina e guardandosi attorno, per capire se avesse scordato qualcosa.

"No?" risposi retorica "non penso sia necessario che mi addobbi come un albero di natale, pensavo di lasciare i capelli al naturale" dissi, non che m'importasse. Mia madre chiuse la porta di casa dietro di me, mentre ci avviavamo alla macchina.

"Che sciocchezze, non puoi venire al matrimonio di tua sorella come se stessi andando al bar" mi rimproverò ironica "ne sceglierò io una per te" decise infine, facendomi immaginare il pessimo lavoro che avrei ottenuto in testa.

"Non preoccuparti, darò un'occhiata più tardi e ti farò sapere" la rassicurai, mentre le mi afferrò il mento in un accenno di dolcezza che mi pietrificò.

"Ottimo, cerca di non esagerare però" si raccomandò, aggiustando lo scollo della maglia estiva che indossavo, cercando di rialzarlo "ricordati che non sei la sposa" disse, lasciandomi sgomenta.

Per la mia famiglia io ero quella alla continua ricerca di attenzioni, che avrebbe fatto di tutto pur di trovarsi nell'occhio di bue, e se pensavo ai motivi per cui pensavano ciò il sangue mi ribolliva nelle vene dalla rabbia. Entrammo in macchina, mentre io morsi la lingua per evitare di risponderle e cercando di cambiare argomento.

CANTHARIDE- [H.S. AU]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora