26. Amiche della sposa e tasso etilico

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Le riunioni familiari non erano sicuramente il mio forte, non che avessi qualche dubbio, ma ogni qualvolta vi ci capitavo ne ottenevo solo l'ennesima conferma; in primo luogo, per una persona riservata come me le domande erano sempre troppo invadenti, anche se a farle erano familiari a cui volevo abbastanza bene, non volevo mai rispondere, mai articolare, mi piaceva starmene in disparte e se, nella migliore delle ipotesi, la riunione fosse stata con i miei parenti materni mi assicuravo di stare attaccata Tom, per quanto questo mia ingegnosa trovata fosse venuta troppo volte meno vista la sua partenza. La famiglia di David, d'altro canto era un ramo genetico che ignoravo: sapevo che nessuno di loro mi aveva fatto nulla, ma meno evitavo situazioni in cui potessi incontrarlo, seppur casualmente, più riuscivo a vivere tranquillamente la mia vita. Era un anno che evitavo accuratamente determinati luoghi, luoghi dove sicuramente avrei corso un alto rischio di incontrarlo; non che parlargli mi facesse meno ribrezzo. Rifiutavo addirittura i suoi soldi, nonostante ne avessi abbastanza per poterli sperperare in qualunque modo, per me tagliare i ponti era la scelta più semplice e definitiva e mi sembrava che da parte sua non ci fossero stati troppi tentativi di recupero, il che era l'unica sua azione che, per assurdo paradosso, apprezzavo. Eravamo arrivati al punto di ignorare la reciproca esistenza, come se non ci vincolasse un innegabile legame di sangue, o la voglia di mia madre e Gwen di mantenere una facciata esterna di famiglia disastrosamente unita, che contava una coppia non ancora divorziata, ma che si comportava da tale.

Sapevo che il giorno successivo avrei dovuto preoccuparmi di rivedere David e la sua famiglia, vista la prova generale per il matrimonio, un'usanza che ancora faticavo a comprendere, ma mi riservai di affrontare un giorno problematico alla volta. Di fronte all'addio al nubilato che si sarebbe tenuto quella sera stessa nel locale di Harry, onestamente la prospettiva di rivedere David era quasi rassicurante: non che volessi rivederlo, ma perlomeno nella nostra tacita battaglia ognuno conosceva le armi dell'altro, nessuna sorpresa; niente a che vedere con questa assurda idea da addio al nubilato.

Le amiche di Gwen erano esattamente come lei: belle, viziate e probabilmente consapevolmente cieche dinanzi ai loro matrimoni; mia sorella era una delle ultime rimaste a dover compiere il grande passo, informazione non secondaria che sapevo avesse spinto ad accelerare i preparativi per non dover essere davvero l'ultima. Era stata, con mia grande sorpresa, costretta ad invitarle davvero tutte, anche quelle che avrebbe preferito fingere di aver dimenticato, perché un po' troppo diverse dai suoi standard. Non potei nascondere il sollievo e l'accenno di ilarità che mi pervase nel constatare che Mary si era presentata già quasi ubriaca, vociferando di come stasera avrebbe indubbiamente concluso la serata in maniera positiva, o perlomeno si auspicava quello. Io e Delilah eravamo quelle un po' fuori posto, neanche poi tanto considerando che ero la sorella della sposa, ma abbastanza se si considerava il rapporto che ci legava. Mia sorella era ancora a casa sua, che continuava a fingere di non sapere che oggi sarebbe stato il suo addio al nubilato: era stato abbastanza difficile convincerla a non avere informazioni riguardo la serata, come normalmente accadrebbe, perché la Cynthia che era in lei prevaleva nel voler avere il maggior numero di informazioni possibili, senza correre rischi, o peggio ancora, improvvisate.

Eravamo tante, non troppe: ignoravo i nomi di quasi tutte le presenti, come forse loro ignoravano il mio, nonostante ci fossimo presentate per l'ennesima volta qualche minuto prima: eravamo tutte nel parcheggio di fronte a casa mia a definire gli ultimi dettagli, qualcuno a saziare il piccolo vizio di una sigaretta, colpevole di non conoscere abbastanza bene mia sorella e la sua avversione al fumo.

"Harry ha detto che per le undici sarebbe stato tutto pronto" disse Delilah, cercando la conferma nel mio sguardo, mentre io annuivo sovrappensiero. L'idea di dover presentare Harry a mia sorella, mi spaventava più della presentazione a mia madre; il suo era il giudizio che gradivo meno, quello che chiedevo meno, quello di cui avevo meno bisogno, ma che Gwen mi avrebbe comunque dato senza che io glielo chiedessi. Non avevo fatto mistero delle mie titubanze neanche con il protagonista dei miei dubbi indigesti, mentre nella sua macchina lui si concedeva qualche tiro di sigaretta, dopo aver concluso un'ennesima giornata lavorativa. Io dal canto mio ero scesa di casa ancora con i miei occhiali da studio, per la fretta di vederlo e ci eravamo scambiati piacevoli attenzioni al chiaro di luna. Ma non ero riuscita a lungo a dimenticare quell'evento; lo invidiavo, vestito di naturale sicurezza di sé e innata avversione al timore: mentre io, forse per eccessiva conoscenza di Gwen, avrei preferito rinchiuderlo in una stanza e gettare la chiave, finchè lei fosse nei paraggi. Insisteva, che dopotutto al matrimonio, lui, ci avrebbe passato una giornata intera con me, senza troppe vie di scampo, e che niente gli avrebbe potuto far cambiare idea su di me. E allora il mio sguardo si era rabbuiato, sperando in quella sua promessa detta forse con troppa leggerezza, colpevole di non aspettarsi troppo.

CANTHARIDE- [H.S. AU]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora