17. Quadro d'emozioni e Chopin

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Le case sono un luogo molto spesso sottovalutato: chi ci vive e chi le visita spesso dimentica quanto del proprietario vi sia dentro; i muri conoscono segreti di noi che persino i nostri occhi non vedono e li proteggono gelosamente. Forse per questo, ho sempre avuto uno spiccato spirito d'osservazione quando venivo ospitata da qualcuno: l'iniziale ombra di invadenza ed imbarazzo veniva presto sostituita dai dettagli che quella dimora aveva da offrire.

Casa di Harry era a prima vista esattamente come pochi giorni prima: di fatto, al mio occhio sicuro non erano sfuggiti alcuni dettagli che dicevano tanto di lui; sul ripiano dell'isola, ad esempio, giaceva un bracciale sicuramente abbandonato lì per la fretta con il quale lo avevo costretto a raggiungerci e prepararci. Sulla sedia giaceva un libro, che si era sicuramente perso a leggere, il cui titolo non mi sfuggii: "L'arte di amareggiarsi la vita". Chiusi gli occhi quando Harry mi raggiunse e mi sfilò delicatamente il soprabito, mentre non potevo fare a meno di notare come la casa avesse subito preso il suo profumo, in grado di stregare i miei sensi.

Mi allontanai di qualche passo da lui, mentre riponeva le nostre giacche, e presi fra le mani il libro. Notai come sembrasse consumato, letto più e più volte e quando, incuriosita, mi ritrovai a sfogliarlo vidi appunti e pensieri lasciati su ogni spazio a sua disposizione: sorrisi pensando che quel libro dovesse piacergli molto e ripensando agli appunti che io stessa avevo scritto sul mio libro preferito.

"E' un libro molto bello" parlò, ricordandomi il suono della sua voce che avevo sentito appena durante il viaggio. Il mio assenso sembrava averlo fatto pensare, visto che probabilmente non se lo aspettava; d'altro canto, io non ero stata una grande interlocutrice, presa dai miei pensieri riguardo quella notte e non sapendo esattamente come comportarmi.

"Di che parla?" gli chiesi, per la prima volta timida. L'idea di trovarmi in casa sua, nel cuore della notte, mentre gli chiedevo di esternarmi un'evidente parte di sé mi colpii. Sorrise, mentre sembrò pensare a come spiegarlo esattamente.

"Spiega come essere felici" rispose "o meglio, come evitare di essere infelici" precisò, rendendomi chiara la differenza. Mi ritrovai allora più interessata a sapere cosa avesse scritto; Harry era felice? Inseguiva la felicità? La felicità era qualcosa di così generale e atipico per me, da non averla mai analizzata veramente e pensai a quanto quel libro potesse interessarmi.

Lo lasciai sull'isola, mentre mi guardavo attorno, prima che la sua mano mi avvolgesse la vita gentilmente; sobbalzai a quel contatto inaspettato, rendendo evidente il mio nervosismo.

"Mi sembri nervosa" confessò, mentre mi guardava confuso e incuriosito "sei già stata a casa mia" disse, per rassicurarmi. Alzai lo sguardo verso il suo, percependo la carezza della sua mano sinistra sulla mia guancia, in un ulteriore tentativo di conforto. Sospirai appena, sapendo che avrebbe sentito comunque, mentre continuava a portare lo sguardo ovunque tranne che su di lui.

"Lo so, solo che è molto diverso oggi" risposi sinceramente, ravvivando i capelli e poggiando una mano sul suo petto.

"Vieni, ti mostro una cosa" mi disse sorridente, abbandonando la mia vita per incastrare le dita della sua mano destra con la mia mano sinistra. Sorpassò velocemente il salotto, dove sul divano notai una coperta malamente abbandonata. Quando si fermò davanti alla porta della sua stanza, il fiato si spezzò in gola mentre la realtà dei fatti mi colpiva: quella notte avevo accettato di dormire con lui, nello stesso letto, condividendo ben più di poche ore assieme.

Tuttavia quando aprii, l'ansia sembrò scemare sostituita da una primitiva forma di stupore; aprii la bocca, entusiasta, mentre lasciavo la sua mano dirigendomi verso la parete dietro il suo letto. Mi girai verso di lui, appoggiato appena sullo stipite della porta, sorridente. La parete, che ricordavo vuota e poco personale, era stata decorata da molte foto e anche un quadro. Ciò che prima avrebbe potuto essere una stanza qualunque, adesso era la stanza di Harry; le foto ritraevano lui, in più momenti della sua vita. Un piccolo Harry tra le braccia di una donna, che doveva indubbiamente essere sua madre; un'altra mentre abbracciava una giovane ragazza, nel suo giorno di laurea, nella quale esibiva una buffa linguaccia. Sfiorai con le mani, una foto della sua mano sinistra in bianco e nero, sulla quale una piccola croce spuntava. Altre ancora, polaroid per lo più, erano forse più belle: scattate in momenti puramente casuali, lo ritraevano mentre parlava con qualcuno o si copriva dall'obbiettivo.

CANTHARIDE- [H.S. AU]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora