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-Cosa è successo?- sentì chiedere e Damiano sollevò gli occhi verso l'uomo che gli si era fatto vicino: gli ci volle un po' per riconoscere in lui Leonardo. La sua mente era ancora confusa da quanto accaduto nell'ufficio della Cavitolo: era riuscito a mantenere solo brevi ricordi degli avvenimenti che lo avevano condotto in quella sala d'attesa di un ospedale. Non aveva idea nemmeno di quale fosse, dato che si era limitato a seguire l'ambulanza che aveva condotto lì Aurora, troppo preso dal pensiero di lei.
Il fatto che venissero fuori da una settimana d'inferno non lo aiutava di certo: in quei giorni si era trovato troppo spesso spaesato, disperato e proprio mentre cercava di lasciarsi tutto quello alle spalle era arrivata l'ennesima botta a minare le sue sicurezze.

Damiano si alzò di scatto, lasciando la sedia di plastica che aveva occupato sino a quel momento: le braccia corsero a cingere le spalle di Leonardo, lo strinse a sé con forza, affondando il naso nel suo petto, cercando di riempirsi i polmoni del suo profumo, toccandogli le braccia, la curva delle spalle, sperando di sentirlo il più possibile sotto le mani. Leonardo si irrigidì guardandosi intorno: immaginava che l'aerea fosse videosorvegliata, ma decise di far finta di non saperlo – dopotutto non ne aveva l'assoluta certezza.

Ricambiò l'abbraccio del suo compagno con altrettanto forza, tentando di sostenerlo in quel loro momento difficile eppure, forse proprio a causa della sua vocazione, la mente prese a vagare presto lontano da lì, prendendo le distanze da ciò che stava accadendo. Qualsiasi cosa fosse successo ad Aurora, tante erano le cose che presto li avrebbero visti coinvolti: conosceva bene il modus operandi che veniva messo in pratica in casi come quello.
Era un medico anche lui.
Sentire Damiano così fragile e disperato non lo aiutava e temeva che molte cose che, solitamente, rientravano in azioni e situazioni ordinarie, presto, per loro, sarebbero potute diventare straordinarie e non in maniera positiva. Non voleva ferire il suo compagno, né dargli l'impressione di essere indifferente a quanto stava accadendo alla loro piccola famiglia, tuttavia, non poteva permettersi di lasciarsi trascinare all'interno dei propri sentimenti.

Si guardò intorno, trovando poche persone che sarebbero potute diventare testimoni involontari di ciò che stava loro accadendo: un paio di infermiere stavano spingendo un carello, dirigendosi verso l'ascensore in fondo al corridoio. File di sedie di plastica, di colore arancione, costeggiavano entrambe le pareti della stretta stanza e alcune erano occupate da degli individui anonimi come loro, evidentemente stretti in un dolore diverso, ma per certi versi, simile a quello che stava provando Damiano. 

Il proprio, di dolore, Leonardo lo relegò in un cantuccio del suo cuore, ignorandolo con tutte le forze. Strinse ancora il compagno tra le braccia, affondando il viso nel suo collo, accarezzandogli dolcemente il capo con una mano, percependo i suoi muscoli rilassarsi mentre lui tentava di calmarsi a sua volta, attingendo alla sua, preziosa vicinanza.

-Cosa ti hanno detto?- gli chiese poco dopo, sussurrandogli quelle parole in un orecchio e Damiano scosse piano la testa, scostandosi appena da lui.
-L'hanno portata dentro circa un'ora fa. Ancora non so nulla- mormorò, ma si interruppe nel vedere un medico dirigersi verso di loro con un'espressione indecifrabile dipinta in viso.

Leonardo tornò a irrigidirsi, seppure per motivi diversi rispetto quelli che l'avevano innervosito poco prima. Sciolse il loro abbraccio, facendo in modo che Damiano gli si affiancasse, ma restando un passo dietro di lui.
Chiuse gli occhi per un paio di secondi, rendendosi conto di non essere davvero preoccupato per Aurora: non credeva avesse nulla di così orribile; era più propenso a credere che avesse avuto uno svenimento, causato dallo stress accumulato nell'ultimo periodo. Credeva nella medicina, ovviamente, e sapeva che qualsiasi cosa lei potesse avere – dopo averla osservata a lungo e con attenzione, senza vederle manifestare sintomi preoccupanti – era anche, in buona percentuale, risolvibile.

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