|Capitolo 4|

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Quando arrivò il fattorino con le pizze, Jungkook si fiondò al piano inferiore morente per la fame. Vide Tae chiudere la porta con due cartoni di pizza fumanti in mano, le appoggiò poi sul bancone in cucina e lo richiamò per mangiare.
"Sicuro che possiamo mangiare qui?" Jungkook, giustamente, era intimorito dalla severità di Mark, perciò preferiva evitare di fare qualsiasi mossa sbagliata.
"Vedi mio padre? No, allora nessun problema" rispose l'altro secco, ma anche intenerito dalla faccia buffa di Jungkook. Aveva gli occhi e la bocca leggermente spalancati e la sua espressione trasudava solo confusione.
Erano seduti uno di fronte all'altro, ma tenevano entrambi lo sguardo basso anche se Jungkook cercava ogni tanto di sbirciare qualche movimento o espressione di Tae.
Il maggiore, dal canto suo, poteva godersi finalmente una cena piacevole, senza grida o rimproveri. Nonostante non andasse particolarmente d'accordo con il ragazzo più piccolo, apprezzava la sua capacità di restare in silenzio per non rovinare la quiete.
"Tae, posso farti qualche domanda?" Lo interruppe dai suoi pensieri Jungkook.
Il maggiore alzò lo sguardo verso il suo e poté notare la speranza nei suoi occhi, forse di riuscire a fare amicizia con lui finalmente.
"Mh sì, ma non esagerare" rispose, addentando l'ultima fetta di pizza rimasta.
"Elliot quanti anni ha?" Decise di iniziare con alcune domande innocue, per evitare di spaventarlo o di metterlo a disagio in qualche modo.
"Sono sei il ventiquattro di gennaio" mise da parte il cartone della pizza vuoto, incrociò le braccia sul ripiano del bancone e si sporse leggermente in avanti, osservando con attenzione il ragazzo più piccolo.
"Oh, non manca tanto" mormorò Jungkook, pensando già a cosa fare per quel povero bambino che all'improvviso si è trovato catapultato in una nuova vita.
"Di solito, il giorno del suo compleanno, lo porto al Luna Park per rendere quella giornata speciale. Mio padre non organizza mai nulla per i nostri compleanni, perciò cerco di fare qualcosa io. Se vuoi, puoi unirti a noi quest'anno" asserì Tae, mantenendo un tono di voce apparentemente calmo.
"Tu...tu e tuo padre avete un buon legame?" Si azzardò a chiedere poco dopo, cercando una risposta ai presentimenti avuti la sera precedente.
"Non è importante" proferì l'altro, facendo intendere di non voler continuare quel tipo di discorso. Odiava parlare del rapporto con suo padre, perché non vi era un vero e proprio rapporto. Non si apriva mai con nessuno, tranne che con il suo migliore amico, perciò non doveva nessuna spiegazione neanche a quel bellissimo ragazzo che, nonostante tutto, era lì pronto ad ascoltarlo.
"E invece il rapporto con tua madre?" Continuò Jungkook, abbassando il tono perché sapeva che quello era un tasto dolente per il ragazzo.
"Tu fai davvero troppe domande" rispose l'altro, prima di alzarsi dallo sgabello per buttare i cartoni vuoti.  Si stava innervosendo e non voleva ferirlo, perciò preferì allontanarsi da quella situazione il prima possibile.
"Non mi hai risposto" ribatté il più piccolo, intenzionato a scoprire più caratteristiche di quel ragazzo. Sì, sapeva di essere un impiccione, ma voleva scoprire e aiutare quel ragazzo che sembrava esausto dalla sua vita.
Conosceva benissimo quello sguardo perso, la rabbia incontrollata, il tenersi tutto dentro. Lo aveva sperimentato in prima persona e capiva perfettamente come si sentiva il ragazzo, aveva solo bisogno di qualcuno pronto ad ascoltarlo.
"Perché non fai queste domande ai tuoi amici? O forse non ne hai?" Sputò Tae con cattiveria. Non voleva veramente ferirlo, ma si era lasciato trasportare dalla rabbia e la sua bocca agiva di conseguenza.
Capì di essere stato troppo duro, quando incontrò gli occhi feriti e lucidi del più piccolo.
Dopo quelle parole, Jungkook sentì un forte dolore al petto e rimase senza fiato.
Lui non aveva amici, non aveva mai avuto qualcuno al suo fianco che potesse considerare un migliore amico e quelle parole, dette con noncuranza, lo ferirono ancora di più.
Ci provava, cercava sempre di fare amicizia e conoscere più persone possibili, ma ogni qualvolta veniva preso in giro. Era stanco di tutto ciò, per questo aveva smesso dopo un po' di cercare amici ed era rimasto solo. Solamente da un paio di giorni aveva conosciuto Jimin ed era rimasto piacevolmente sorpreso dal ragazzo, tuttavia ancora non si fidava di lui.
Scosse la testa, come a rimuovere la tristezza dal volto
"hai ragione...i-io ora vado a riposare, ci vediamo dopo" sussurrò la fine con voce tremante, per via delle lacrime che spingevano per uscire. Sfiorò il maggiore per andare verso le scale, ma venne fermato da una mano grande e calda sul suo avambraccio.
"Scusa Jungkook, davvero non volevo..." iniziò l'altro, ma si bloccò appena vide il volto del più piccolo rigato da una lacrima solitaria.
"Sto bene, sono solo stanco" tirò su con il naso e tolse il braccio dalla sua presa. Salì di corsa le scale e, una volta entrato in camera sua, si rifugiò sotto le sue coperte per piangere.
"N-non v-volevo...sono un disastro" sussurrò a se stesso, lasciandosi andare a un pianto liberatorio. Non capiva cosa ci fosse di sbagliato in se stesso, ma voleva davvero avere qualcuno con cui parlare.
Pianse per una mezz'oretta, prima di addormentarsi con il viso bagnato, gli occhi rossi e gonfi, e un forte mal di testa.

Tutto buio attorno a lui. Solo una piccola luce, proveniente da destra, illuminava la breve distanza tra Jungkook e lo specchio di fronte a sé. Si avvicinò a passi lenti, era stranamente stanco, persino quei semplici passi erano sfiancanti. Riuscì a vedere solo il suo corpo riflesso, dal momento che il volto non era illuminato dalla luce.
"Jungkook" sentì una voce femminile sussurrare il suo nome.
"Chi è?" Chiese allarmato, voltandosi.
"Jungkook" un'altra voce, sta volta di un uomo. Iniziò a guardare a destra e a sinistra, ma la poca luce non gli permetteva di vedere oltre mezzo metro di distanza.
Le voci si ripresentarono, stavolta più numerose e più soffocanti.
Jungkook...Jungkook...Jungkook
Ancora ed ancora, si inserirono nelle orecchie del ragazzo, portandolo a sentire dolore in tutta la testa.
Si arrestarono solo quando una voce più forte e impostata delle altre non lo fece voltare di scatto verso lo specchio.
Poteva finalmente vedere il suo volto, ma era di un grigio scuro, gli occhi neri e dalle labbra fuoriuscivano fiotti di sangue.

Un urlo straziante uscì dalle sue labbra, mentre calde lacrime rigavano il suo volto stanco. Continuò ad urlare ed ad agitarsi, finché non senti due braccia forti cingergli le spalle.
"Jungkook calmati! Ei svegliati, sono io!" Disse la voce di Tae, risvegliando il più piccolo dal suo incubo. Appena aprì gli occhi, si aggrappò con forza alle braccia di Tae, respirando a fatica.
"Ei, era solo un incubo. Basta piangere" sussurrò Tae, accarezzandogli il viso con entrambe le mani per rimuovere le lacrime che continuavano a scorrere interrotte.
"Dio guarda che hai fatto!" Esclamò il maggiore, non appena vide il braccio del ragazzo coperto di graffi profondi dai quali usciva del sangue.
"S-scusa..." mormorò il più piccolo, tremando a causa dello spavento.
"Vieni, ti aiuto" Tae si alzò e aiutò Jungkook a fare lo stesso, per dirigersi nel bagno del maggiore.
Aprì l'armadietto sulla sinistra e prese del disinfettante e alcune garze.
Ripulì le ferite del ragazzo, il quale emetteva sibili per via del bruciore, poi fasciò i graffi più profondi, affinché non fuoriuscisse più del sangue. Ripose il necessario nell'armadietto e si voltò verso il minore, che ancora teneva lo sguardo basso.
"Scusa per prima, sono stato cattivo e non te lo meritavi. Mi sono lasciato trasportare dalla rabbia" mormorò lui, abbandonando le braccia lungo i fianchi. Non gli era mai capitato di scusarsi con qualcuno che non fosse il suo migliore amico e questo lo metteva parecchio a disagio. Per non parlare del fatto che aver provocato il pianto di Jungkook, aveva fatto sentire Tae ancora di più in colpa.
Non ne conosceva neanche lui il motivo, ma ferire quel ragazzo così innocente lo mandava in totale confusione di emozioni.
"Neanche io volevo ritrovarmi in questa situazione, ma sono stato obbligato come te. Perché non cerchiamo di essere amici e di fare squadra, invece di andare l'uno contro l'altro?" Disse Jungkook, alzando il viso verso l'altro, aspettando ansiosamente una sua risposta.
"Credo tu abbia ragione" sorrise debolmente il maggiore, spiazzando l'altro. Ma ciò che sorprese veramente entrambi, fu la mossa di Jungkook, il quale preso da un moto di affetto, abbracciò Tae. Il più grande rimase fermo inizialmente, per poi seguire le mosse del ragazzino davanti a lui. Strinse le sue braccia attorno al corpo magro e freddo del giovane e ne inspirò il dolce profumo di vaniglia.
Posò il viso sul suo collo e lo accarezzò leggermente con il naso, mentre continuava a muovere la mano sulla schiena dell'altro.
"Grazie per averci provato" proferì poi, mentre Jungkook continuava a stringerlo forte per paura che si allontanasse improvvisamente.
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Ciao, vi voglio un mondo di bene. Grazie a tutti per le visualizzazioni, i voti e i commenti in tutte le mie storie.
Buona serata!

𝐄𝐬𝐜𝐚𝐩𝐞 - 𝐭𝐚𝐞𝐤𝐨𝐨𝐤Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora