Capitolo 1.

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Macerie. Macerie ovunque.
Era questo che il terremoto aveva apportato alla povera San Francisco, che vittima di un violento terremoto e, ahimè, forse il più violento mai esistito nella storia dell’uomo, era crollata sotto un cielo grigio.
Quest’ultimo sembrava quasi triste ad osservare quella scena. Gente che piangeva, gente che gridava aiuto, gente ammassata, gente dispersa…E gente, che, per opera dell’Eterno padre, aveva avuto fortuna, ed era sopravvissuta a quella grande strage.
Louis, il 18 aprile del 1906, pianse; Ma non pianse perché qualcuno dei suoi cari morì, assolutamente, ma pianse perché lui sapeva che ormai la sua vita era rovinata, devastata, legata con una catena alla sfortuna e al dolore.
Mentre il ragazzo, dai soli 22 anni, teneva strette le sorelline più piccole in un abbraccio, la madre si avvicinò e lo guardo con un’espressione indecifrabile. Si, Louis se lo sentiva, Louis e la sua vita sarebbero cambiati radicalmente, anche nel giro di pochi giorni.

“Louis, caro, non abbiamo speranze, devi andare a Londra.” Disse la madre al ragazzo, che con le lacrime agli occhi, non capì quelle parole.
Johanna, così si chiamava quell’ottima madre di famiglia, carezzò la guancia fredda del figlio maggiore, guardandolo negli occhi che avevano assunto lo stesso colore del cielo di quel giorno. “Lou, devi andare a servizio della famiglia Styles. Abbiamo bisogno di soldi.”

Adesso la domanda di Louis non era quella di sapere per quale motivo lui sarebbe dovuto andare a Londra, ma era quella di sapere chi diamine fosse la famiglia Styles.
Louis non era mai stato un ragazzo al quale piaceva sgobbare per altra gente, ma anzi, era un ragazzo abbastanza pigro, anche se, c’era da riconoscere che quando qualcuno aveva bisogno di lui, lui c’era sempre, in ogni situazione. E anche questa volta fu così: Louis c’era. Louis c’era per la sua famiglia, che, abbandonata dal padre per colpa della guerra, era costretta a lavorare. Anche le piccole sorelline di Louis, nonostante la loro giovane età, si davano da fare nella piccola e umile panetteria della famiglia Tomlinson.
La famiglia Tomlinson non era mai stata ricca, per carità, ma benestante, grazie alla panetteria.
Solo che il problema in quel momento era che quest’ultima, come il resto della città, fu distrutta.

“Dimmi quando devo partire mamma.” Disse Louis, con un tono autorevole, quello che non aveva mai assunto, quello che secondo lui era da persone coraggiose.
Si, Louis non era coraggioso, Louis era un fifone.
Louis ha sempre avuto paura di ogni cosa che lui definiva orribile, Louis aveva paura della gente.
Non sapeva esattamente per quale motivo, ma aveva il terrore dei loro giudizi e dei loro sguardi, a volte.
Louis quella volta ebbe paura dello sguardo della madre.

“Ora.”


Louis era alla stazione. Fortunatamente quella rimase quasi intatta, ma era piena, piena di gente urlante e dal volto spaventato e ancora scioccato dall’avvenimento. Gente senza speranza.
Per Louis la speranza era la cosa principale nella vita, insieme alla fede. Se tu, uomo o donna, piccino o piccina, non munivi di questi due elementi, per Louis eri vuoto.
Vuoto come l’animo di ogni persona che aveva lì davanti, che piangeva e si metteva sulle ginocchia, rassegnata.
Louis era in piedi, con una valigia in mano. Louis non era sulle ginocchia. Louis aveva lo sguardo puntato dritto verso dritto, Louis non aveva lo sguardo perso nel vuoto.
Louis era pronto.
Il treno fece il suo arrivo con un fischio, che nell’aria si disperdeva, facendo zittire quasi tutta la gente dentro la stazione, la quale rimase in silenzio, a contemplare quella fonte di salvezza.
Si, un treno, un treno poteva essere la salvezza.
Non sempre la salvezza è l’essere difeso da un altro ragazzo quando ti prendono a pugni, la salvezza è nelle cose essenziali, la salvezza certe volte si racchiude in persone e cose che non conosci.
Louis non aveva mai preso il treno, ma in esso, in quel momento ci vide la speranza.
Così, con l’aria triste, salutò velocemente le sue sorelle che erano vittime di un pianto isterico e la sua mamma che lo guardava con stima, con amore.
L’amore.
Cos’era l’amore per Louis? Secondo Louis l’amore era una mamma che si toglie il pane dai denti per darlo al proprio pargolo, una mamma che per il proprio figlioletto o figlioletta dà tutta sé stessa, nel bene e nel male. Louis non ha mai creduto nelle coppie, ha sempre pensato che prima o poi, si sarebbero dovute separare. I suoi genitori lo fecero.
I suoi genitori non andavano più d’accordo. Louis aveva solo sedici anni quando il padre e la madre firmarono il divorzio. Quella fu l’ultima volta che Louis vide il suo papà, perché subito dopo partì per la guerra.
Louis ha sempre avuto paura delle guerre. Ma non solo quelle con le armi, quelle rosse come il sangue dei soldati, del popolo…Ma soprattutto delle guerre interiori.
Louis è sempre stato ritenuto diverso dalla massa di giovani, lì, a San Francisco.
Erano tutti propensi a divertirsi, a fare feste quasi ogni giorno…Ma Louis era diverso. A Louis piaceva ascoltare le composizioni dei più grandi pianisti, dei più grandi violinisti. A Louis piaceva leggere.
Ma Louis non era un tipo tranquillo, come fuori sembrava. Louis aveva l’animo tormentato.
Louis aveva periodi di felicità e periodi di tristezza, come tutti gli esseri umani, ma lui era diverso, lui non veniva capito, o meglio ancora, lui non capiva se stesso.
Louis quando salì su quel treno e vide le porte di quest’ultimo chiudersi, provò tristezza, ma non la diede a vedere. Mandò un dolce bacio con la mano e sorrise alle uniche donne della sua vita. Dopo di che, il treno partì, lasciando al ragazzo l’immagine della madre che salutava con un cenno della mano e le sorelline che guardavano, asciugandosi gli occhi ancora pieni di lacrime con i pugni.

Slave - Larry Stylinson Fanfiction.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora