E mentre fuori pioveva, la gente sperperava e i tuoni rimbombavano nel cielo, Louis era steso accanto ad Harry, ed Harry accanto a Louis. I loro copri nudi, malcoperti da un semplice lenzuolo erano stretti l’uno all’altro. Le sfilate dita del ragazzo più piccolo disegnavano cerchi immaginari sulla pelle di quello più grande.
Sorridevano. Sorridevano con le bocche, con gli occhi, con il corpo. Sorridevano, e basta.
Avvinghiati, si procuravano il calore che quella stoffa non dava loro.
“E’ stato bellissimo, Harry.” Mormorò Louis, quasi a corto di voce. Il suo stomaco brontolava di fame, ma non importava.
Harry si sollevò appena, su un fianco. La testa poggiata al palmo della mano. “Tu sei bellissimo, Lou.” Rispose.
E Louis voleva di nuovo fare l’amore con Harry, avere il suo copro sopra il proprio.
Sapeva che avrebbe sempre voluto farlo, per averlo ancora più vicino.
Il suo ragazzo lo stava guardando con occhi di chi ama, le labbra piegate in un sorriso fiero.
“No, Harry, tu sei bellissimo.” Soffiò.
Le labbra del ragazzo riccio increspò le labbra, e ribatté: “No, Louis, tu sei bellissimo.”
E così continuarono. Harry stava contrastando Louis. Gli teneva i polsi bloccati sulla testa e gli solleticava lo stomaco.
Il ragazzo più grande rideva, e implorava al suo amante di smetterla, mentre si agitava sotto il suo corpo.
“La smetto solo se ammetti di essere bellissimo.”
“E va bene, va bene. Sono bellissimo.” Disse difficilmente Louis, tra le risa, che gli bloccavano le parole in gola.
Harry sorrise soddisfatto. Lasciò andare i stretti polsi di Louis, e rotolò nuovamente al suo fianco.
Louis stava ancora riprendendosi dalle risate, che gli avevano fatto venire un leggero mal di pancia.
Ma quando si riprese, quei capelli rossi gli invasero la mente. Socchiuse gli occhi e strinse i pugni.
Harry dovette accorgersene, perché si rabbuiò presto.
“Che succede, piccolo?” Le dita carezzavano la guancia di Louis, ma quest’ultimo non aprì gli occhi, per domandare “Chi è quella ragazza?”
Harry sgranò gli occhi, serrò le labbra in una linea dura e sottile.
“Mio padre lo sa.” Rispose soltanto, cercando di evitare una piccola via del discorso, sperando che Louis chiedesse solo cosa Des sapesse. Non voleva che il suo amato sapesse l’amara verità. Non voleva che la vivesse.
“Cosa sa, tuo padre?”
“Che ti amo, Louis. Che mi sono innamorato di un uomo. Un uomo come me.”
Stavolta, furono gli occhi inizialmente chiusi di Louis, a sgranarsi. Ad un tratto, le sue capacità di parlare, di riflettere, volarono via, lontano da lui.
Harry immaginava la sua reazione, ma prese la sua mano e la strinse alla propria.
“Va tutto bene, Lou.” Si affrettò a dire, confortando il suo silenzioso compagno.
“E lui che ha fatto, Harry?” domandò, invece, Louis. No, questo Harry non se lo immaginava. Non se lo aspettava assolutamente.
“Ha portato questa ragazza. Si chiama Kate. Ha detto che lei è la mia nuova fidanzata.”
Louis era un ragazzo calmo. Lo era sempre stato. Un pezzo di pane, vero e proprio, con tutti. Silenzioso, tranquillo e sereno. Ma non lo fu in quel momento. Strinse in denti, le lacrime gli solcarono il viso, inaspettatamente.
Il suo viso perse quell’acceso colorito, lasciando spazio ad un colore pallido.
Harry quasi si spaventò.
“Lei non è la tua fidanzata, Harry.” Ringhiò, stringendo con forza la mano che Harry gli aveva porto.
Harry non si lamentò, per quella stretta. Niente avrebbe potuto fargli più male di vedere Louis piangere per tristezza.
“No! Sei tu il mio fidanzato. Mio padre non riesce ad accettarlo. Lui mi odia.”
Ma Louis non rispose con le parole, ma con un singhiozzo, che procurò ad Harry una stretta al cuore. Avvolse il suo ragazzo in un abbraccio. Il suo corpo sembrava più freddo.
“Lou, ne usciremo da questa situazione. Te lo prometto.” Sussurrò Harry, all’orecchio del suo amato.
Il corpo di Louis pareva ancora più piccolo, ma stava crescendo a dismisura quando il ragazzo smise di piangere, sotto lo sguardo vigile di Harry.
Ad un tratto, per Louis, era come se non ci fosse più la pioggia, fuori dalla finestra.
Le parole di Harry, gli diedero tale conforto, da fargli credere che quei tuoni fossero solo frutto di una triste poesia, che vagava per la sua mente.
Le sue lacrime smisero di scorrere, portò le dita ad asciugarle.
“Te lo prometto anche io, Harry. Scapperemo da questa realtà. Non ci appartiene.”
Gemma era una gran chiacchierona. Parlava in continuazione. A volte di cose completamente prive di senso, a volte di cose interessanti per le orecchie di Eleanor.
Nonostante fossero le dieci di sera, le due ragazze erano sedute sul piccolo letto di Eleanor.
“E’ da circa tre ore che non vedo Harry e Louis.” Disse Eleanor, perplessa.
Per un attimo pensò che i due ragazzi fossero scappati verso chissà quale confine.
Gemma, che sapeva tutto dopo aver origliato alla porta della sala degli ospiti quel tardo pomeriggio, abbassò la testa. Prese a torturarsi le mani. Pensò a quanto lei fosse fortunata ad essere libera di amare chi volesse.
“Gemma, va tutto bene?” Eleanor la fece risvegliare dai pensieri.
La ragazza scosse la testa e, con uno strano dolore al petto: “Mio padre ha costretto Harry a fidanzarsi con una put- Con una ragazza. Lo ha minacciato, El.”
Eleanor rimase immobile per qualche secondo, sperando che Gemma gli dicesse che stava ovviamente scherzando. Ma l’espressione della bionda e il suo corpo apparentemente privo di forze, gli fecero capire che non c’era nessuna beffa dietro quelle parole.
La serva, portò una mano alla bocca. “No!” esclamò.
“No, diamine.” Continuò, alzandosi da quel letto. Si portò le mani tra i capelli. “Quel lurido verme.”
Scosse la testa, nel panico. Sapeva che non avrebbe dovuto urlare quelle parole ad Anne, quel giorno. Avrebbe dovuto ricordare la presenza di quell’uomo che pareva un fantasma.
“Dobbiamo fare qualcosa, Gemma. Louis ed Harry non possono lasciarsi.”
“Oh, beh, si, ecco…Non credo si siano lasciati, nonostante tutto questo.” D’un tratto, quella tristezza che si era impossessata di Gemma, scomparve. Arrossì, mordendosi il labbro inferiore, apparendo come una bambina che aveva appena fatto una delle sue peggiori monellerie.
Eleanor si calmò, fermandosi e inarcò un sopracciglio. “Perché dici questo?”
“Oh, Eleanor. La camera di Louis è attaccata alla mia. Sono chiacchierona, mica sorda!”
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Salve a tutti. Ecco il ventiduesimo capitolo. SHISH.
Scusate il ritardo e perdonate i miei eventuali errori grammaticali.
Non mi dilungo troppo, oggi, sull'angolo autrice. Volevo solo ringraziarvi, per continuare a leggere la mia storia, per commentarla, e per lasciarmi messaggi riguardo essa. Mi fa sentire fiera del mio lavoro. Davvero, grazie.
A presto.
-Aurora. xx
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Slave - Larry Stylinson Fanfiction.
FanfictionTRAILER: https://www.youtube.com/watch?v=1zhGgqNqyMg Tratto dal capitolo 1: Louis è sempre stato ritenuto diverso dalla massa di giovani, lì, a San Francisco. Erano tutti propensi a divertirsi, a fare feste quasi ogni giorno...Ma Louis era diverso...