Capitolo 12.

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Due mesi dopo, Louis era di nuovo tra le braccia di Harry. Si stavano abbracciando saldamente, con la paura che uno dei due sarebbe sparito da un momento all’altro come per magia. Ormai quello era il loro buongiorno; Un caldo abbraccio; ancora più caldo dei loro letti e le loro coperte. Dopo di esso, c’era sempre qualche fuggitivo bacio sulle guance. Erano passati due mesi, e Louis, arrossiva ancora.
Aveva le piccole mani poggiate sulla schiena di Harry e la testa poggiata sul suo petto. Le mani dell’altro, invece, erano tra i capelli lisci del più basso, il quale, tra le braccia di Harry, neanche si vedeva più. Sembravano quasi un’unica persona, un unico pezzo umano.
Nel palazzo regnava il silenzio. Stavano dormendo tutti. Erano solo Louis ed Harry, unici folli, ad essere svegli alle sei del mattino.

“Adesso sbrighiamoci, altrimenti ci perdiamo l’alba.” Sussurrò pianissimo Harry, all’orecchio del suo amico.

Era tutto buio, neanche una luce accesa. Tutto spento, tranne i sorrisi dei due ragazzi, i quali la sera prima, si erano dati appuntamento a quell’ora del mattino per poter guardare l’alba insieme.
Harry prese la mano di Louis e la strinse alla sua. Si incamminarono velocemente lungo il corridoio, fin quando non si trovarono in una stanza, incognita a Louis.
Possibile, che dopo quei mesi di lavoro e alloggio al palazzo, il liscio non avesse mai visto quel posto?
Il riccio aprì una piccola porticina, facendo poco rumore. Dopo di che, si catapultò su per le scale, con la mano di Louis -il quale lo seguiva- sempre più stretta alla sua. Dopo aver affrontato la salita di vari gradini, Louis ed Harry erano all’aperto. Si trovavano sui merli del palazzo e il liscio, guardando verso il basso, tremò di paura. Era scandalizzato da tutta quell’altezza. Aveva paura di cadere e schiantarsi contro il suolo, il quale si trovava più o meno a centocinquanta metri sotto i suoi piedi. Ma poi si ricordò di avere Harry accanto, ed ogni sua paura, come al solito, svanì. Alzò lo sguardo e la vide: L’alba, in tutta la sua emozionante bellezza. Si voltò poi verso Harry e osservò il suo viso, sotto i riflessi del primo sole che, piano piano, stava salendo verso il cielo.

“E’ bellissima” sussurrò Louis, volgendo di nuovo il suo sguardo all’alba, sentendo poi un braccio avvolgersi alla sua vita. Sorrise istintivamente ed Harry lo attirò maggiormente a se, stringendolo. Gli uccellini stavano cantando quel momento, rendendolo ancora più bello. I due amici erano ancora stretti l’uno all’altro, osservando quella meraviglia difronte agli occhi.

“Rimarrei qui fino al tramonto.” Mormorò Harry, vedendo il sole piazzarsi definitivamente in alto nel cielo.
Louis annuì. Anche lui sarebbe voluto rimanere, ma doveva lavorare sodo. Il suo tirocinio era finito e doveva fare tutto da solo. Con Eleanor passava raramente il tempo. Aveva solo un attimo per salutarla, poi avrebbe dovuto riprendere a lavorare per conto suo. La ragazza e il suo sorriso sempre stampato in faccia gli mancavano tanto. Dopotutto, lei c’era sempre stata sin dal principio, e non voleva abbandonarla. Le voleva davvero bene.

“Harry, sono le sette. Meglio se ci avviamo.” Disse Louis, con un cenno di tristezza nel suo tono di voce.
Non voleva tornare dentro il palazzo a svolgere quei lavori. Voleva stare stretto a lui. Voleva guardarlo e venerarlo interiormente. Voleva stare con Harry un altro po’, o, magari per sempre.

Il riccio non voleva smuoversi. Stava fin troppo bene, ma Louis aveva il suo lavoro ed era giusto che lo svolgesse adeguatamente. Così, prima di voltarsi e tornare dentro il palazzo, sussurrò “Ci vediamo alle nove in sala lettura.” al ragazzo più grande, il quale non poté dire di no.
Louis ed Harry erano ancora felici.


Louis stava spazzando per terra. Aveva qualche goccia di sudore a bagnargli la fronte e, velocemente, le asciugò. Aveva percorso ogni camera con quella scopa e interiormente si chiedeva perché quella ricchissima famiglia non avesse più servi in quel abnorme palazzo. Erano solo lui ed Eleanor, poi nessun altro.
Louis, d’altronde, era anche un uomo, per cui, svolgere certi lavori, gli veniva più che difficile.
Si fermò e alzò lo sguardo verso l’orologio. Erano le otto e cinquantacinque. Più che perfetto.
In cinque minuti sarebbe arrivato da Harry e avrebbe passato del tempo con lui a fare delle orecchiette sulle pagine con le frasi più belle dei libri. L’idea non lo allettava, ma di più. Così, ripose la scopa dietro la porta e, velocemente, si diresse dal suo adorato amico.
Entrò nella sala lettura e vide Harry, accovacciato sul divano con un fazzoletto in mano che gli ricopriva gran parte del viso. Era raffreddato, pensò Louis, e, infatti, dopo che il riccio scostò il fazzoletto, vide il suo naso, rosso come un peperoncino.
Louis sorrise intenerito. Harry, non si era neanche accorto della sua presenza, ma quando il liscio sussurrò un “ciao”, alzò lo sguardo verso di lui.
Louis si avvicinò e si sedette alla sua destra, sorridendogli timidamente.

“Ho trovato un’altra frase, Lou.” Esclamò allegro il riccio con un sorriso largo da un orecchio all’altro.

“Fammi vedere.” Louis prese tra le mani il libro e guardò l’orecchietta all’angolo della pagina. “Quale tra queste, Harry?”

Harry avvicinò l’indice verso il libro, fino a puntare una frase, sulla quale gli occhi di Louis ricaddero.
Il liscio socchiuse la bocca nel leggere quella frase. Era una delle sue preferite del libro di Anna Karenina.
Quel libro non erano solo parole scritte su carta; Erano sentimenti trasmessi al cuore.

“Non c'era bisogno di chiedergli perché fosse lì. Era certa, come fosse lui stesso a dirglielo, che era lì per essere dov'era lei.” Mormorò Harry, facendo da sottofondo con la sua voce allo stupore di Louis.
Era meravigliato dal fatto che quel ragazzo fosse così simile a se stesso.
Sorrise ampiamente, e, puntando lo sguardo in quello del suo amico, mormorò: “Come mai ti piace questa frase?”

Harry accennò un sorriso. Non lo sapeva neanche lui. Semplicemente lo aveva colpito molto, o forse gli faceva pensare a qualcosa o, meglio, a qualcuno. Louis era lì per essere dov’era lui.
Louis non era arrivato al palazzo per fare le pulizie, servire le tavole, indossare una grigia uniforme e seguire degli ordini; Louis era arrivato al palazzo per Harry e, quest’ultimo, se lo sentiva.
Sentiva che doveva essere destino, sentiva che era una decisione dell’Eterno Padre.
Harry sapeva che Louis era un angelo dentro il corpo di un comune mortale, lo sapeva.
Così, dopo aver avuto la certezza che lo sguardo di Louis era incastrato –come sempre- al suo, prese la sua mano e iniziò a carezzargli il dorso con il pollice.

“Perché non c’è bisogno di chiederti perché tu sia qui, Lou. Sono certo che sei qui per essere dove sono io.”

Louis, a quelle parole, sentì gli occhi farsi lucidi. Non si sarebbe mai aspettato una cosa del genere.
Harry aveva sussurrato quelle due proposizioni così dolcemente, da far diventare il cuore di Louis una pasta di zucchero. Senza che se ne accorse, una lacrima rigò il suo viso, ed Harry, gliela asciugò con un veloce movimento del pollice, il quale fece scendere poi sulla sua guancia, carezzandola delicatamente.

“Sei bellissimo anche quando piangi, sai? Ma sono geloso. Terribilmente geloso di quella lacrima. E sai perché? Perché è uscita da quegli occhi meravigliosi senza che lo meritasse. Non devi piangere, Lou.”

Louis non potè non sorridere. Harry, da come suo perfetto specchio, ricambiò il dolce gesto.
Il ragazzo più grande si avvicinò al più piccolo e gli lasciò un dolce bacio sulla guancia, facendolo arrossire.
Sembrava quasi un bambino. Lì, con le sue guance rosse, con i suoi capelli ricci e scompigliati a farlo somigliare ad un cucciolo di leone, con le sue fossette a decorare il suo viso e il suo sorriso, che se il sole fosse scoppiato, avrebbe fatto da sostituente, Harry, era meraviglioso, come sempre.

Louis avvicinò le labbra all’orecchio del più piccolo e sussurrò: “Tu dovresti sapere un’altra cosa, invece.”
Harry, con un’ espressione tenera e gli occhi pieni di curiosità, portò il viso difronte a quello di Louis, per poterlo guardare negli occhi e “Che cosa?” sussurrò, non appena il proprio naso sfiorò il suo.

“Hai ragione, Harry. Sono qui per essere dove sei tu.”



Slave - Larry Stylinson Fanfiction.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora