And so I cry sometimes,
when I'm lying in bed,
just to get it all out,
what's in my head
and I, I'm feeling
a little peculiar.
And so I wake in the morning
and I step outside
and I take a deep breath
and I get real high
and I scream to the top of my lungs
"what's going on?"
I 4 Non Blondes suonavano indisturbati nelle mie orecchie. Loro sembravano non udire il brusio sconnesso dei pensieri che affollavano la mia mente.
Guardai l'ora. Le tre e venti. Cazzo. Domani c'è scuola. Pensai. Il mio primo giorno di liceo. E io sembrerò uno zombie. Ma non ce la facevo proprio a dormire. L'agitazione mi attanagliava le viscere da ore. L'ansia mi aveva portato alla tachicardia talmente tante volte che ormai confondevo i battiti del mio cuore con il ritmo della musica. Ma non era lo studio, a preoccuparmi- quello non era mai stato un problema, per me-: a tenermi sveglio era il dover ricominciare, dovermi interfacciare con persone nuove, il disagio nel parlare con qualcuno che non conoscevo.Sapevo di essere un disastro, la timidezza è sempre stata un ostacolo insormontabile per me: parlo solo se è inevitabile e quando lo faccio balbetto, mi blocco e poi scappo via, oppresso dal peso dell'imbarazzo, non riuscendo e sostenere lo sguardo del mio interlocutore. E quindi semplicemente sto zitto, e prendo la via più semplice: mi metto un paio di cuffiette e chiudo il mondo fuori. È sbagliato, maledettamente sbagliato. Ho sedici anni: dovrei uscire, divertirmi, avere mille amici, trovarmi una ragazza.
Ma la paura di dire qualcosa di sbagliato, di non risultare interessante, di non piacere, mi paralizza e a quel punto sono solo un ragazzino in preda ai balbettii. E in quel momento vorrei solo piangere, rimettere le cuffiette e scappare via.
E così a volte piango
quando sono steso sul letto,
solo per buttare fuori
tutto quello che c'è nella mia testa
E io, io mi sento un po' strano.
E così mi sveglio la mattina
ed esco fuori
e prendo un respiro profondo
e vado su di giri
e urlo a squarciagola
"cosa sta succedendo?"///
Mi guardai allo specchio un'ultima volta prima di uscire: come al solito, indossavo dei jeans scuri, converse e una felpa che, stando a quanto dice mio padre, "è troppo grande", ma a me piaceva così.
Salutai mio padre distrattamente, uscii di casa e misi le cuffiette: finalmente ero a mio agio. Ero solo, sulla strada, mentre mi incamminavo verso quella che sarebbe stata la mia scuola per tre anni. Tre anni tremendi. Tre anni di interrogazioni in cui avrei dovuto parlare di fronte a un pubblico di venti ragazzi che- anche se magari solo tra sé e sé- mi avrebbero giudicato. Tre anni in cui avrei camminato per i corridoi da solo.
La solitudine ha sempre avuto uno strano effetto su di me: da un lato, odio stare da solo perché è solo l'ennesimo pretesto che do agli altri per darmi dell'emarginato, del disadattato, dello strano; dall'altro, però, quando sono da solo non ho niente da dimostrare, nessuno può giudicarmi, nessuno può farmi del male. Solo io posso. Mi sono costruito questa corazza impenetrabile che impedisce a chiunque di ferirmi. È vero, sono sempre solo, ma va bene così: preferisco l'apatia al dolore.
Senza rendermene conto, mi ritrovai davanti al cancello dell'istituto e alla vista di tutti quei ragazzi mi impietrii. Puoi farcela, Jungkook. Basta solo camminare a testa bassa ed entrare direttamente nell'edificio: non succederà niente. Mi autoconvinsi e, cappuccio sulla testa e sguardo basso, iniziai a muovere i primi passi, insicuro come sempre.
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𝐁𝐨𝐥𝐥𝐞 𝐝𝐢 𝐒𝐚𝐩𝐨𝐧𝐞 •𝑇𝑎𝑒𝑘𝑜𝑜𝑘•
FanfictionTimido, introverso e affetto da disturbi d'ansia, Jungkook odia sé stesso ed è convinto che, per questo, nessuno possa amarlo. L'incontro con Taehyung, un ragazzo solare, vivace e spigliato, farà perdere a Jungkook il suo equilibrio un po' sbilenco...