18.Tainted love

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Don't touch me, please:
I cannot stand the way you tease.

Morbidezza. Era la prima parola che mi veniva in mente quando guardavo Taehyung.

Era quello che percepivo sotto i polpastrelli quando gli accarezzavo i capelli, era quello che sentivo sulle mie labbra quando le posavo contro le sue, era quello che mi avvolgeva quando le sue braccia mi stringevano.

Pura e tenera morbidezza.

E la sentivo proprio in quel momento, mentre mi dava uno di quei baci, appunto, morbidissimi.

E poi il suo cellulare squillò.

Ci separammo, a malincuore, e sbuffammo.

«Jimin, ti prego, dimmi che è importante e improrogabile, perché hai interrotto me e il ragazzino.» mi allungò il cellulare con un sorriso «Dai, saluta.»

Con le gote arrossate per l'imbarazzo, azzardai un timido «C-ciao, Jimin» e, non appena arrivò la sua risposta, mi affrettai a gettarmi all'indietro sul divano per poi coprirmi il viso con un cuscino. Sentii Taehyung ridacchiare, poi tornò al discorso con il suo amico.

«Allora, di che volevi parlarmi?»

Dopo qualche minuto sentii qualcosa di pesante contro il mio corpo e il cuscino che mi copriva sparì, rivelando il viso sorridente del mio ragazzo.

«Ciao ragazzino, ancora imbarazzato?» feci per scuotere la testa, ma lui non mi diede nemmeno un secondo, che «Bene. Dove eravamo rimasti?» e si avvicinò a me con in volto il ghigno di chi sa che ti tiene in pugno.

Altri baci, altri occhi negli occhi, altre mani che si sfioravano.

«Allora, che voleva Jimin-hyung?» esordii dopo un po'.
Il biondo si grattò la nuca e distolse lo sguardo, prima di rispondermi.

«Mi...ha chiesto se andassimo alla sua festa, questo fine settimana, perché, sai, deve dare la conferma per la sala...»

Amai quel plurale, quel "noi". Non eravamo "io e Taehyung", eravamo noi.

«...Non era sicuro che andassimo per...nonna» la sua voce si abbassò drasticamente pronunciando quell'ultima parola.

«Gli hai detto di no?»
«È il mio migliore amico, Kookie, ovvio che gli ho detto di sì.»
«S-sei sicuro? Te la senti di andare?»

Lui si avvicinò ancora un po' a me, sfiorò il mio naso con il suo.
«Tu verresti con me?» sussurrò.
«Certo.»
«Allora me la sento.» e mi stampò l'ennesimo bacio sulle labbra, per poi alzarsi e dirigersi in cucina.

Mi sorrise da dietro il bancone. «Cioccolata calda?»

///

Avevo mentito.

Avevo mentito a Jimin e avevo mentito a Jungkook.

Non ci volevo andare a quella festa: troppo casino, troppe luci, musica troppo alta. Troppe cose tutte insieme. E siccome nelle ultime due settimane mi avevano già investito troppe cose tutte insieme, io, a quella festa, non ci volevo andare.

Però ci andai, ci andai perché volevo un bene dell'anima a Jimin e perché - mi convinsi - avevo bisogno di svagarmi. In fondo, l'avevo promesso alla nonna.

Pioveva. Pioveva tanto, pioveva forte. Faceva anche freddo, ma io ci andai.

Avrei voluto piangere, urlare e disperarmi, per poi finire tra le braccia calde e forti di Jungkook, però ci andai.

L'hai promesso alla nonna. Me lo ripetei per un migliaio di volte durante il tragitto da casa di Jungkook al luogo della festa.

Ci ritrovammo davanti a una tenuta moderna: al centro dell'enorme giardino - decorato con statue di marmo e fili di luci dorate - stava una grande piscina interrata, rettangolare, anch'essa di marmo. Sulla destra, un gazebo bianco - immagino - avrebbe dovuto ospitare tavoli e sedie, ma, a causa della pioggia, erano stati rimossi. A sinistra, invece, spiccava un edificio dello stesso color panna di tutto il resto dell'arredamento: era lì che eravamo diretti.

𝐁𝐨𝐥𝐥𝐞 𝐝𝐢 𝐒𝐚𝐩𝐨𝐧𝐞 •𝑇𝑎𝑒𝑘𝑜𝑜𝑘•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora