Gennaio 2017
I giorni passarono e Jimin cercò di riprendersi dalla breve visita a Busan, Jungkook gli era sempre rimasto accanto ma con le prove e altri impegni, non spesso riusciva a parlare con Jimin per sapere come stesse.
Per la prima volta dopo anni, Jimin era entrato nella sala prove con l'intenzione di ballare, di alleviare la tensione, ma questo aveva solo peggiorato la situazione. Nello stesso momento in cui partì il CD con la base di una delle prime canzoni scritte da lui e Jungkook, i suoi piedi presero a muoversi secondo i consueti passi. Alla fine però decise che la musica non lo aiutava, non in un momento del genere. Staccò la canzone e decise di non mettere altro, si limitò a muovere i piedi sul parquet, come faceva da ragazzo. Erano lui e la sua passione, nient'altro.
Vedeva come si muoveva, davanti lo specchio della sala, era sciolto nei movimenti, pallido in volto ma almeno ballava bene, senza essere teso. Ma nonostante tutto era come se quella costante pressione al petto, invisibile alle persone, si fosse palesata attraverso la sua figura riflessa, mentre alzava un braccio verso il cielo, incrociava i piedi, inclinava il capo, faceva un passo, ondeggiava i fianchi, piangeva.
In realtà inizialmente non ci fece neanche caso o semplicemente preferì evitarlo. Si vedeva che stava male, lui lo sapeva, ma non poteva permettere che il suo stato d'animo influenzasse il suo lavoro già imperfetto, solo quel pomeriggio si concesse di essere sé stesso. Era sempre scoordinato, rigido e quando provava la nota alta che Jungkook stesso gli aveva proposto di fare, falliva miseramente stonando come un qualsiasi principiante. Perché era questo quello che era, lo aveva capito. Si era ritrovato intrappolato nella fama troppo in fretta, era ancora un ragazzino, come diceva Shinyun, era ingenuo, ridicolo in mezzo a celebrità che meritavano di stare là, insieme a Jungkook che avrebbe potuto fare molta più carriera senza Jimin dappresso.
Jimin era fragile, emotivo, ansioso, timoroso e soprattutto solo. I suoi sentimenti riusciva a mostrarli mentre ballava, anche quando sbagliava un passo, anche quando falliva (o questo era quello che pensava), anche quando l'ennesimo rimprovero di Shinyun gli tornava alla mente.
Le sue emozioni vennero fuori come i mali del vaso di Pandora una volta aperto nel momento in cui da un passo falso Jimin si ritrovò a terra, sulle ginocchia. Lo specchio era a due passi di distanza, ma lui non osò guardarsi, sapeva le sue condizioni del momento. Viso pallido ma occhi gonfi per il pianto che aveva buttato fuori durante il ballo. Sentiva ancora quella sensazione al petto, anche peggiore a dir la verità. Iniziò a singhiozzare, sebbene nella sua testa continuava a ripetersi di non farlo, perché piangere era da deboli e lui non voleva esserlo. Ma lo era.
Questo gli avrebbe voluto dire Shinyun con tutte le parole che gli riservava. Aveva ragione in tutto. Jimin era solo ingenuo, ancora un ragazzino, non era pronto a diventare Idol. Ma ormai lo era.
Forse sarebbe dovuto sparire, come aveva detto Shinyun.
Jimin aveva paura. In quel momento come altri, aveva paura del domani. E se avesse continuato a sbagliare? Nessuna delle sue decisioni prese fino a quel momento sembrava essere giusta, se avesse continuato a fare le scelte errate? Se fosse solo peggiorato? La sua "ingenuità" lo aveva portato quasi ad odiare la sua passione, non voleva succedesse completamente. Doveva trovare soluzione ma non ne vedeva. Era difficile, tremendamente difficile. Se sua nonna fosse stata ancora viva, lui la avrebbe chiamata e lei avrebbe saputo calmarlo, gli avrebbe detto di seguire il suo cuore e prendere le sue scelte, anche se difficili e dolorose. I sensi colpa lo assalirono per l'ennesima volta, nonostante fosse passato quasi un mese: non gli era stato vicino. La rabbia nei confronti di Shinyun aumentarono, era anche colpa sua se non aveva affiancato sua nonna nell'ultimo periodo. Non appena Jimin aveva scoperto della sua morte grazie a una chiamata dalla donna della pensione, con la quale era rimasto in contatto per parlare con la nonna, si era subito informato riguardo al funerale per essere presente, aveva promesso di essere presente; ma Shinyun non glielo permise. Jimin rimase chiuso nel suo dormitorio per tutta la giornata, con Jungkook che gli supplicava di farlo entrare in camera pur di non lasciarlo solo in quel momento.
Solo al pensiero della donna, a Jimin si accese la lampadina in testa. Si ricordò di una conversazione avuta con lei, durante una delle sue solite crisi. Le parole le teneva stampate in mente: "Non è mai troppo tardi per cominciare una nuova vita e per fare quello che si vuole. Devi solo volerlo davvero."
Ed era così, Jimin non voleva fare altro che scappare.
Sì, andava presa una decisione. Doveva risolvere, non voleva vivere la sua vita così, non con la paura costante, non con il sentirsi inadeguato. Lui non era fatto per essere famoso.
Al pensiero di ciò, alzò il capo e, per la prima volta da quando era entrato in quella sala, si fissò negli occhi. La frangia rosa gli ricopriva la fronte imperlata di sudore, il viso era come si aspettava, le labbra forse un po' più gonfie a causa dei morsi che inconsciamente si era dato. Le mani strette in due pugni poggiavano a terra.
Due volte le sue ciglia bagnate dalle lacrime avevano sfiorato i suoi zigomi, prima che decidesse di riprendere in mano la sua vita. Perché non voleva vivere così, non ci riusciva, forse la sua poteva considerarsi una rinuncia. Ma meglio rinunciare per ricominciare piuttosto che vivere nella rassegnazione.
Ci aveva provato ad essere come gli altri lo volevano, come Jungkook lo voleva, come Shinyun lo voleva, come i fan lo volevano. Ma lui non era così, lui era emotivo, debole, ed anche insicuro. Caratteristiche che, purtroppo, una persona famosa non può permettersi con tutte le responsabilità che ha.
Così uscì dalla stanza, deciso finalmente a fare quello che avrebbe dovuto fare anni prima; rifiutare.
-
Jimin continuava a fare avanti e indietro per la sua stanza già da un bel po'. Non sapeva cosa fare, gli era stato detto solo di aspettare.
Gli avvenimenti successivi alla sua decisione erano stati troppo veloci, Jimin si sentiva spaesato e ancora non aveva realizzato la situazione.
Quando aveva parlato con Shinyun dicendogli chiaro e tondo che si era stancato di quella situazione, l'uomo gli aveva riso in faccia. Jimin aveva stretto i pugni, dopo anni si era finalmente preso di coraggio, ma non capì che quella di Shinyun fosse una risata causata dalla felicità. L'uomo si era alzato dalla propria poltrona in pelle e lo aveva raggiunto accanto la scrivania, gli aveva poggiato una mano in spalla.
«Non aspettavo altro che questa richiesta.» i suoi occhi sembravano starsi illuminando.
Jimin ne rimase piuttosto sorpreso, ma non si scompose più di tanto. Da quel momento in poi tutto cambiò.
Shinyun gli aveva spiegato che non poteva interrompere il contratto con la casa discografica, Jungkook non sapeva niente di tutta quella situazione e l'uomo ne trasse vantaggio. Elaborò un piano.
Jimin sarebbe stato libero e felice, ma fuori dalla Corea. Shinyun si sarebbe occupato della finta morte di Saem, Jimin sarebbe stato mandato a New York quella notte stessa ma non avrebbe dovuto parlarne con nessuno, se fossero stati scoperti, Dio solo sa quel che sarebbe successo. In questo modo Jungkook poteva continuare a fare l'idol senza Saem, avrebbe sofferto per un po' per la sua morte, ma così tutti avrebbero avuto quel che volevano. Jimin una vita normale, Jungkook la sua carriera e Shinyun più soldi.
Jimin all'inizio sperava fosse tutto uno scherzo, era una proposta assurda. Ma Shinyun sembrava essere troppo contento. Il rosa propose di trovare un'altra soluzione, ma l'uomo era testardo e quell'idea perfetta. Jimin sapeva che nel profondo, tutta quella messinscena lo divertiva.
Fu molto difficile per Jimin accettare, ma sapeva che non ne poteva più e Shinyun gli aveva dato i minuti contati per scegliere quindi non ci ragionò nemmeno tanto. Annuì e Shinyun gli fece un applauso, emozionato.
Wow, quell'uomo aveva davvero gioito.
Jimin tornò nel suo dormitorio. Lungo la strada incrociò Jungkook, appena tornato dall'allenamento in palestra. Il rosa non perse tempo a buttarsi fra le sue braccia, nonostante fosse sudato dalla testa ai piedi.
Il minore fu preso alla sprovvista,
ma ricambiò, credendo che quel triste abbraccio fosse dovuto alla sofferenza per la morte della nonna. Se solo avesse saputo che non si sarebbero più visti, avrebbe mantenuto quella stretta più a lungo.Tre ore dopo Jimin era su un aereo privato, la notizia del suicidio di Saem era già stata data e un foglio di carta dentro al cassetto del comodino di Jimin veniva letto.
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𝐈𝐃𝐎𝐋 // ʏᴏᴏɴᴍɪɴ
Fanfic[ℂ𝕆𝕄ℙ𝕃𝔼𝕋𝔸] Park Jimin, conosciuto come Lee Saem, era un famoso Idol coreano che dopo tre anni passati tra concerti ed eventi, aveva capito che quella del cantante non era la vita che faceva per lui. Dopo due anni dalla morte di Saem, Jimin si...