14. La partita

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Jamie

L'allenamento era terminato alle nove, ragion per cui ero decisamente esausto. Avevo appena accompagnato a casa Jason, e in quel momento ero finalmente diretto nella mia, così da poter fare una doccia e godere del mio bel letto per un meritato riposo. Parcheggiai l'auto nel garage e sospirai, giocherellando con le chiavi. Una volta entrato in casa, avvertii un profumo davvero irresistibile, segno che mia madre si era messa ai fornelli.

«Sono tornato!» urlai dal salotto, raggiungendola subito dopo.

«Oh, sia lodato il cielo! Ero tentata di chiamare l'FBI. Manchi da ieri notte, Jamie. Potevi almeno avvisarmi che avresti fatto tardi.» replicò stizzita, girando il cucchiaio di legno nella pentola.

Ridacchiai, lasciandomi cadere sulla sedia. «Domani abbiamo la partita, quindi l'allenamento si è prolungato per un bel po'. Come mai non è ancora pronto? Di solito non cucini mai qualcosa di molto impegnativo.» chiesi curioso, stiracchiandomi.

Sorrise, assaggiando qualcosa dal piatto. «Sto preparando le Tallarines, l'Asado, e gli Alfajores.» spiegò dolcemente.

La guardai confuso, facendo una smorfia. «L'ultima volta che hai cucinato cibo argentino, mi avete detto che aspettavi Becky. Non c'è un altro bimbo in quella pancia, vero?» replicai stizzito.

Scoppiò a ridere, scuotendo la testa. «Ma no, Jam! Papà è andato a prendere nonna in aeroporto, e visto che non cucino spesso questo genere di cose, ti ho preparato una scorta di dulce de leche. So che ti piace tanto!» esclamò.

Sorrisi enormemente, passandomi la lingua tra le labbra. «Domani per la partita preparami i panini con il dulce de leche.» dissi entusiasta, per poi spalancare la bocca. «Aspetta, la nonna sta per atterrare qui?» chiesi sorpreso.

«Sì, esatto. Vuole passare un mesetto a Red Hills, questo mi aiuterà parecchio con Becky.» sorrise dolcemente.

Balzai in piedi, annuendo freneticamente. «Vado a sistemare camera mia!» urlai, correndo di sopra.

Nonna Luz era la persona più tenera del mondo, ma quando trovava qualcosa fuori posto, cominciava a sbraitare in argentino peggio della mamma, e fermarla sarebbe stato solo tempo perso. Era l'unica nonna che mi era rimasta in vita, mamma aveva cercato di convincerla più volte di lasciare definitivamente Córdoba, ma era troppo attaccata alle sue radici, non avrebbe lasciato l'Argentina per nessun motivo al mondo. Per me, quando veniva a trovarci, era sempre festa. Ero immune ai rimproveri dei miei genitori per tutta la durata del soggiorno, perché era sempre pronta a difendermi anche se molto spesso, la colpa era solo mia. Inoltre, mi riempiva sempre di regali e di cibi tipici della regione, portandomi un fusto davvero grande di dulce de leche. Ovviamente non era come quello fatto in casa dalla mamma, anzi ancora meglio. È risaputo che le mani fatate della nonna, sono incomparabili. Parlava molto bene la nostra lingua, era stata così carina da impararla per papà, sapendo che non era argentino come lei. La cosa che adoravo di più di mia nonna, era che aveva sempre il sorriso sulle labbra e cantava e ballava tutto il giorno. Mi diceva spesso che in Argentina lo facevano anche per le strade, il che mi faceva capire che i sudamericani hanno un cuore enorme e pieno di gioia. E posso assicurare che è davvero così, dopotutto mia madre e mia nonna erano le persone più buone del mondo.

Cercai di mettere in ordine come meglio potevo, storcendo il labbro una volta finito. Beh, non era precisamente in ordine, ma non era disastrata come prima. Sentii il campanello così sorrisi enormemente, correndo di sotto.

«Abuelita!» urlai, saltandole addosso e stringendola forte. Mi scrutò curiosa, attraverso le sue lenti spesse, per poi sorridere.

«Beh, mi aspettavo di trovarti grande, ma non così tanto!» disse con la sua solita voce dolce.

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