34. Famiglia

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Jamie

Avevo un rapporto bellissimo con mia madre; in lei trovavo la mia forza, il mio sostegno e l'esatta parte mancante del mio cuore. Esistevano però dei momenti in cui la detestavo tanto, al punto che non riuscivo proprio a reggerla. Per esempio, quando dovevamo fare qualcosa che lei riteneva importante. Cominciava ad organizzarsi dalla mattina, senza fermarsi un attimo, per poi arrivare tre ore prima dell'appuntamento con un nervosismo ingiustificato. Ed ecco che – come sempre – partivano quelle frasi che accompagnavano i nostri momenti pre-incontro: "Jamie, sistemati quei capelli che sono inguardabili", "Jamie, metti in ordine la tua stanza prima di uscire", "Ti ho stirato la camicia, vedi di non sporcarla", "Non far vomitare tua sorella che ci ho messo anni per sistemarla bene."

Dopo le soliti frasi da cliché, tipiche delle mamme dei libri super apprensive con i loro figli, si assicurava di sistemare il borsone della bambina, verificava che avesse tutto il necessario per cenare. Come se non bastasse, perlustrava ogni perimetro della casa, per essere sicura che non ci fosse nemmeno un granello di polvere, prima di decidersi e uscire definitivamente dall'abitazione.

Quella sera di fine ottobre, le cose non erano di certo cambiate. I genitori di Maya ci avevano invitati a cena, mamma per fare buona impressione aveva impiegato tutto il suo pomeriggio per preparare dei dolci argentini. Papà – invece – si era occupato di Becky e aveva fatto in modo che tutto fosse perfetto, partendo già dalla cura degli abiti per la piccola di casa.

Le avevano messo un vestitino con gonna ampia, rosa. La sua testa era adornata con una fascia bianca con un bellissimo fiore al centro, mentre i suoi piedi avevano delle scarpine lo stesso colore della fascia.

In quanto a me, invece, avevo dovuto sopportare mia madre e il suo odio profondo verso il mio ciuffo ribelle, commenti per niente carini sulla mia capigliatura che - purtroppo – lasciava molto a desiderare già da sé.

Arrivammo da Maya alle otto in punto. La puntualità era sempre stato il cavallo di battaglia di papà, che non sopportava arrivare in ritardo agli appuntamenti. Era un tipo molto preciso, a dire il vero. E pretendeva egual precisione da parte nostra, anche se io e la mamma ne eravamo un tantino carenti. Il giardino di casa Ross era già addobbato per Halloween, con delle decorazioni davvero spaventose.

Le zucche con le lucine all'interno tracciavano il sentiero che portava alla porta, una strega raggrinzita pendeva dal tetto a cavallo della sua scopa, con un ghigno inquietante. La dondola era occupata – con mia somma sorpresa – da un'imitazione quasi perfetta di Pennywise, che sembrava muoversi a causa del vento. Dall'altra parte del giardino, invece, c'era Jack di "The Nightmare Before Christmas" che salutava in modo inquietante verso chiunque si avvicinasse alla casa. Mi guardai intorno, avanzando verso la porta e sorridendo leggermente.

«Sì, questa è opera della mia ragazza...» sussurrai, suonando il campanello. Ci accolse la signora Ross, con un sorriso raggiante. Stranamente, la casa dall'interno non era addobbata, anzi era in ordine e perfetta.

«Jamie, tesoro!» esclamò, facendomi spazio per entrare. Sorrise ai miei genitori e si presentò con un sorriso cordiale, mentre il signor Ross si era già avvicinato per rendersi partecipe della conversazione.

«Belli gli addobbi fuori!» esclamò mia madre, entusiasta.

«Grazie mille, li hanno fatti i ragazzi prima che Jace andasse al lavoro. Domani continuano con l'interno. Io li trovo leggermente raccapriccianti.» ammise il signor Ross, ridacchiando.

La signora Ross mi guardò, mentre già teneva in braccio Becky che aveva tutta l'aria di essere felice. «Maya è di sopra, tesoro. Vai a chiamarla.» mi sorrise.

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