Jamie
Terrore, ansia, tristezza.
Erano queste le emozioni che ci accompagnavano in quel tremendo giorno. L'attesa snervante per delle notizie da lontano ci corrodeva l'anima, ci martellava la testa di continue incertezze che ci rendevano vulnerabili. Mia madre girava in tondo per la cucina, con il telefono in mano che faceva numerose chiamate verso vari numeri argentini. Annuiva con disperazione e rimetteva giù ogni volta che – un medico o un parente – le diceva che mia nonna era ancora in coma, in grave condizioni. Nulla che non sapevamo già da ore, purtroppo. Aspettare senza avere più notizie mi rendeva ancora più nervoso, impotente e fragile. La mamma aveva già preparato la valigia per l'Argentina, in fretta e furia. Sarebbe partita tra qualche ora, lasciandoci insieme a mio padre che si era preso dei giorni dal lavoro. Nel caso le cose sarebbero andate male, l'avremmo raggiunta lì. Io speravo di no, naturalmente, anche perché il fatto di non poterla più salutare per l'ultima volta, mi stava letteralmente distruggendo.
Maya aveva avvisato i suoi genitori, spiegando loro la situazione e dicendo che sarebbe rimasta qui in casa a dare una mano. Era sconvolta, quasi quanto noi. Osservava il viso di mia madre – rigato da spesse lacrime – e tirava su con il naso. Anche lei sembrava molto nervosa. Muoveva la gamba freneticamente e si alzava spesso per camminare avanti e indietro, mangiucchiandosi le unghie.
Mi portai il viso tra le mani, chiusi gli occhi e lasciai scivolare diverse lacrime che mi bagnarono immediatamente il volto pallido. Se non ce l'avesse fatta, il mio cuore non avrebbe retto quel dolorante peso. Non sarei riuscito ad andare avanti, senza la sua presenza nella mia vita.
Guardai verso mia madre, che teneva ancora il telefono nell'orecchio e annuiva freneticamente. Sembrava disperata, dispersa. Riattaccò e lo posò sul tavolo, mettendosi il volto tra le mani e facendo un profondo respiro. Mi alzai e la raggiunsi molto lentamente, abbracciandola e rimanendo in silenzio.
Condividevamo lo stesso dolore, pativamo le stesse pene. E la cosa che mi distruggeva era che non c'era niente che potessi fare per lei. Niente che potesse prendere il suo dolore e farlo mio. Sì, avrei sicuramente preferito soffrire il doppio, pur di vederla stare bene. Alzò lo sguardo intriso di lacrime, arrossato, spento.
«Tesoro, perché non andate a riposare? Sono le due del mattino...» sussurrò mia madre, accarezzandomi una spalla con dolcezza.
Riposare.
Era una parola dalla quale avevo perso il significato, da quella notizia data nel pomeriggio. A casa mia regnava un caos, come dentro ognuno di noi. Dormire non era la soluzione migliore, perché quando saremmo tornati alla realtà, tutto quanto ci sarebbe sembrato vuoto e perso. E avrebbe fatto ancora più male.
«Stiamo bene, mamma. Tu tra quattro ore parti, dovresti essere tu quella che dovrebbe riposarsi almeno un po'.» sussurrai, prendendo l'ennesima tazza di caffè.
Mia madre annuii, accarezzandomi la guancia. «Credo proprio che lo farò, il viaggio sarà molto lungo.» ammise, andando verso camera sua.
E così, eravamo rimasti solo io e Maya. Nessuno di noi due parlava, la nostra testa lo faceva già per noi. I nostri pensieri erano talmente accavallati tra di loro che sentivo il cervello andare in fiamme. Mi sedetti sul divano e chiusi gli occhi, sospirando profondamente. Maya si mise al mio fianco, appoggiando la testa sulla mia spalla e lasciandosi andare ad un pianto che aveva trattenuto troppo a lungo.
«Jamie, mi dispiace così tanto...» sussurrò, tra i singhiozzi. La strinsi a me, scuotendo la testa e baciandole la fronte. Averla vicina, in quel momento così fragile, allietava leggermente il mio spirito tormentato.
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The ticket of destiny
RomanceCOMPLETA Può un biglietto cambiarti la vita? Maya Ross ha sedici anni. Vive la sua vita tra lo studio, la sorella rompiscatole e una famiglia troppo protettiva. Nel liceo che frequenta, è sempre stata invisibile, oscurata da chi ha la tanto ambita...